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Padre Lucas era nato il 3 settembre 1949 a Chinnanvilai (India) ed era sacerdote claretiano quando lo ha conosciuto don Piero Lippoli nella fase iniziale della nostra Opera in India. Era poi diventato diocesano. Ultimamente apparteneva alla Diocesi di Madurai, ed era venuto in Italia nel mese di dicembre 2019 per le necessarie cure annuali. È morto il 20 aprile alle ore 18.00. L’urna con le sue ceneri è stata consegnata al superiore generale dei claretiani, don Mathew Vattamattam, il 26 maggio 2020, in attesa di essere portata in India a Mons. Anthony Pappusamy, Arcivescovo di Madurai alla cui diocesi don Lucas apparteneva. Il padre provinciale della Divine Providence Province, don Ronald, con una lettera circolare, ha ringraziato tutti coloro che si sono presi cura di lui e si sono prodigati in questi ultimi momenti tristi e di sofferenza della sua vita. Oltre a don Piero Lippoli, amico di sempre, è stato don Samson Rajasegaran, che con l’aiuto dei chierici del Seminario Teologico di Roma, ha prestato cure e premure a padre Lucas durante il suo girovagare per ospedali in questi ultimi mesi prima della morte.
Nel breve rito funebre, alla presenza dell’urna con le sue ceneri, nella cappella della Curia Generalizia dei Servi della Carità, in occasione della consegna dell’urna ai padri claretiani, don Piero Lippoli ha salutato padre Lucas con un breve discorso accorato. “Siamo tutti sicuri che tu sei tra noi in questo momento e non solo in queste poche ceneri, ma con il tuo spirito mentre contempla Dio nella gioia eterna, guarda anche a noi tuoi amici. Non ti sentiamo lontano, scomparso, finito… Nulla finirà mai per quelli che confidano in Gesù. Lo ha detto lui stesso. E tu continui la tua presenza tra noi, in modo diverso, ma certamente più completo. Per questo ti salutiamo con il saluto degli amici, “ciao”, che sanno di essere sempre vicini. E tu sei stato amico nostro, mio personale e di tutta la nostra Congregazione da quando ti ho conosciuto come membro della Congregazione amica dei padri Clarettiani, nel lontano 1987 a Karumathur”.
All’epoca padre Lucas era un giovane sacerdote, di solo sette anni di messa ed entrò subito in simpatia con don Piero e si offrì di collaborare fraternamente con la nostra Congregazione che muoveva i primi passi in terra indiana. Da quel momento ci accompagnò, passo passo, nelle vie che il Signore ci tracciava, con la sua esperienza, la sua preparazione, il suo dinamismo. Ci procurò anche il primo nostro confratello indiano, don John Bosco Arockiasamy già professo clarettiano che dopo le sue parole per un nuovo progetto alla sua vita per il Signore, lo accompagnò nel passaggio nella nostra Congregazione.
Il prezioso accompagnamento era fatto di tante indicazioni e di diversi suggerimenti nell’acquisto dei terreni. Fu lui a creare per noi la prima nostra società indiana, la Guanellian Society, di cui fu pure il primo presidente. In pochi anni di sacerdozio aveva già lavorato molto per la sua Congregazione, da lui molto amata: viceparroco in una parrocchia della diocesi di Kottar, prefetto degli studenti nella Casa di formazione, superiore e costruttore del seminario minore clarettiano, promotore vocazionale e parroco a Karumathur. Ha sempre unito la competenza nel lavoro con la modestia e semplicità di vita. “Per i suoi spostamenti usava una moto, -ricorda don Piero- dedicandosi in quegli anni, dal 1987 in poi, forse più a noi che non alla sua Congregazione: aveva ritenuto suo dovere aiutare una nuova Congregazione in una implantatio non facile, per chi conosceva poco della cultura indiana e poche parole d’inglese”.
Alla fine del 2019 era venuto in Italia per controlli clinici, ma i medici hanno riscontrato che la sua situazione generale era molto preoccupante: epatite virale C in stato avanzato, diabete, reni rovinati, cuore sofferente… Don Piero gli ha dato immediatamente una mano per un ricovero urgente: allo Spallanzani per l’epatite e al Gemelli per tutto il resto. Lui e i confratelli indiani a Roma gli sono stati vicini. Dopo diversi mesi era uscito, rimesso in sesto e continuava a parlare di miracolo di don Guanella. Sicuramente non sono mancate le preghiere in quel contesto, ma non solo da parte nostra e dei suoi confratelli, ma anche da parte di tante persone che sono diventate tuoi amici e gli hanno voluto bene, anche perché tra una malattia e un’altra aveva trovato il tempo di guarire, con i suoi massaggi, tante persone sofferenti.
Era scrupoloso nei suoi controlli e tutto sembrava andare bene, ma la caduta è stata fatale: femore rotto. La corsa all’ospedale è avvenuta, in tempo in tempo, prima dell’esplosione del corona-virus, altrimenti sarebbe stato difficile anche trovare un posto per il ricovero ospedaliero. È passato per quattro ospedali, tra cui due volte al Gemelli, dove si sentiva un po’ a casa per tanti medici e infermieri che conosceva. Ma non c’è stato niente da fare. Cuore allo stremo, dialisi ormai quotidiana, femore ingessato, fegato a pezzi. “Il Signore ti voleva con sé -conclude don Piero- e così è stato: ti ha chiamato a sé il 20 aprile e tu, sempre disposto all’ubbidienza, hai risposto: Eccomi! Ora dal cielo, ne siamo sicuri, stai continuando la tua generosa opera di soccorso e aiuto sia alla tua Congregazione che a noi Guanelliani. Grazie”.