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" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)

 

Nato a Montagna (SO) il 22 luglio 1928
Entrato ad Anzano del Parco il 25 gennaio 1954
Noviziato a Barza d’Ispra il 1o settembre 1955
Prima Professione a Barza d’Ispra il 12 settembre 1957
Professione Perpetua a Chiavenna il 12 settembre 1960
Sacerdote a Como il 23 giugno 1963
Morto a Nuova Olonio il 13 luglio 2018
Sepolto nel cimitero di Montagna in Valtellina

 

Ogni volta che penso a don Anselmo Gandossini e al tempo vissuto con lui nella comunità di San Ferdinando (RC), sette anni dal 1997 al 2004, mi piace ricordarlo come un «un servo inutile che ha fato quello che doveva fare» (cfr. Lc 17,10).
Il Signore, che lo ha chiamato a sé lo scorso 13 luglio, si è servito di lui per manifestargli tutto il suo grande amore e la sua infinita carità. Caratteristiche di don Anselmo furono la semplicità interiore e la schiettezza dei modi grazie alle quali riusciva ad avvicinare chiunque ma, soprattutto, due dimensioni tipiche del guanelliano, l’allegrezza di spirito e l’operosità che attuava nella quotidianità il “corri corri guanelliano”: era instancabile, soprattutto nello svolgimento dei lavori meno appariscenti, i più umili e silenziosi. Nei ricordi di vita di quanti l’hanno conosciuto, la figura di don Anselmo spicca come quella di un uomo, anzitutto religioso e poi sacerdote, che traeva tutto il suo modo di vivere e operare dalla piena felicità di essere ciò che era. Porto nella memoria affettiva dei sette anni vissuti con don Anselmo a San Ferdinando tre aspetti della sua personalità di uomo, religioso e sacerdote: esperienze evangeliche che Papa Francesco oggi continuamente propone con forza e insistenza ai sacerdoti:
– don Anselmo è stato un sacerdote che ha pregato sempre senza stancarsi: aveva capito che se non rimaneva strettamente legato a Lui, la sua missione non poteva avere successo. Per questo ha sempre pregato e raccomandava agli altri di pregare;
– don Anselmo è stato un sacerdote che ha camminato sempre, perché un prete non è mai “arrivato”, è pellegrino sulle strade del Vangelo e della vita, mai dovrà spegnere la salutare inquietudine che gli fa tendere le mani al Signore per lasciarsi formare e riempire da Lui;
– don Anselmo è stato un sacerdote che ha saputo condividere con il cuore: essere preti è, infatti, giocarsi la vita per il Signore e per i fratelli, portando nella propria carne le gioie e le angosce del Popolo, spendendo tempo e ascolto per sanare le ferite degli altri, e offrendo a tutti la tenerezza del Padre.
A volte la sera, quando facevamo lunghe passeggiate sul lungomare di San Ferdinando, ci scambiavamo vicendevolmente confidenze. Don Anselmo nasce a Montagna, provincia di Sondrio, il 22-7-1928 da Angelo e Genoveffa Gandossini. Ultimo di quattro figli, nato dopo tre sorelle, diventa il beniamino della famiglia, il maschio tanto atteso, in grado di dare continuità al nome paterno.
Non sarà così, il Signore ha ben altri progetti su di lui: don Anselmo entra in seminario, in postulato, ad Anzano del Parco il 25-1-1954 all’età di 27 anni, fa parte della classe dei “fuochisti”, denominazione che indica le vocazioni adulte. Il primo settembre del 1955 entra in noviziato a Barza d’Ispra e dopo due anni, il 12-9-1957, emette la sua prima professione religiosa. Il 15-9-1958 inizia l’anno di tirocinio a Fara Novarese, Istituto san Gerolamo, come educatore dei ragazzi e il 12-9-1960, nella Comunità don Guanella di Chiavenna, emette la professione perpetua. Viene ordinato sacerdote nel Duomo di Como il 23-6-1963 dal Vescovo di Como, Mons. Felice Bonomini.
Subito dopo l’ordinazione sacerdotale, riceve l’obbedienza per andare prima a Milano, dal 1o-9-1963 al 1o-9-1964, e poi a Gatteo dal 1o-9-1964 al 1o-9-1965, come Assistente spirituale dei ragazzi. Successivamente riceve l’obbedienza per andare a Ferentino, dove rimane fino al 1o-9-1978 ricoprendo negli anni vari incarichi: vicario parrocchiale, parroco e, per finire, economo locale. Dal 1o settembre 1978 al 1o settembre 1985 deve guidare la comunità di Ceglie Messapica come superiore locale. Il 1o settembre 1975 per don Anselmo arriva la possibilità di dare testimonianza della sua inutilità evangelica in terra di Calabria: don Domenico Saginario, superiore provinciale in quegli anni, gli propone di recarsi a Laureana di Borrello (RC) come animatore vocazionale, la comunità religiosa di appartenenza è quella di Messina, con i cui membri condivide momenti di formazione e di incontri fraterni. A Laureana don Anselmo viene accolto dalle Figlie di Santa Maria della Provvidenza che gestiscono la scuola materna voluta da don Guanella nel 1912 ed intitolata a Domenico Lacquaniti Argirò, un dodicenne morto nel terremoto di Messina nel 1908.
Il Vescovo, Mons. Benigno Papa, affida a don Anselmo la Chiesa di San Francesco nei pressi della frazione di San Martino, sulla strada che porta a Rocca Cilento. Gli abitanti del posto si affezionano subito al sacerdote valtellinese che vive uno stile sobrio ed entra nelle loro case come uno di famiglia, ne riconoscono l’umiltà, lo sentono vicino e intravedono in lui un vero discepolo di don Guanella. Don Anselmo, aiutato da don Umberto Brugnoni, che da Messina si sposta spesso a Laureana, riesce a formare un gruppo di Cooperatori guanelliani che ancora oggi continua a prendersi cura degli anziani, dei ragazzi difficili e delle famiglie in difficoltà; è conosciuto anche nei paesi limitrofi, Galatro, Stelletanone, Ferroleto, San Ferdinando, Serrata, Rosarno, dove va spesso a sostituire il clero diocesano per le SS. Messe. Don Anselmo rimane a Laureana fino al 1o settembre del 1992 per poi recarsi ad Alberobello (BA) come economo locale nella casa Sant’Antonio dove rimane fino al 1o settembre del 1994. Solo due anni e poi, con la stessa mansione di economo, viene trasferito a Ceglie Messapica fino al 1997. Subito dopo riceve l’obbedienza per ritornare nuovamente in Calabria, con sua grande gioia, per rimanervi fino al 1o settembre del 2004: il paese è San Ferdinando, stessa diocesi di Laureana di Borrello, dove sostituisce don Pietro Scano. Qui viene accolto da don Luigi Bianchessi, parroco, e dal chierico Santino Maisano che verrà poi ordinato il 7 dicembre del 1997 a Messina. Il 2004 è l’anno del trasferimento di don Anselmo a Como, ormai sente il bisogno di avvicinarsi a suoi, alla sua terra, alle sue origini. Certamente non vuole andare in pensione, anzi dal 2006 al 2013 viene nominato cappellano delle suore guanelliane di Pianello Lario, Casa Sacro Cuore. Da qui si reca anche a Menaggio, paese vicino a Pianello, per dare assistenza spirituale ad un’altra comunità delle suore guanelliane.
Dal 1o settembre 2013 la salute di don Anselmo incomincia a peggiorare e i suoi superiori pensano di mandarlo a riposo nella Casa della Madonna del Lavoro di Nuova Olonio, dove rimane fino al 13 luglio 2018, giorno del suo ritorno alla Casa del Padre. Molti a san Ferdinando ricordano don Anselmo, spesso “in trasferta” a Laureana in sostituzione di don Francesco Fusca, assente nel periodo estivo per brevi vacanze. Anche qui si fa voler bene dalla gente del paese che lo cerca spesso per confessarsi, chiedere consigli, scambiare qualche parola con lui. Nonostante la sua età e qualche problema di salute, don Anselmo non si ferma mai, è sempre disponibile. Da “buon montanaro”, come don Guanella, lavora per diffondere il regno di Dio con uno stile semplice e con quella bontà di cuore che disarma chiunque lo incontra. Di don Anselmo non possiamo dimenticare il prodigarsi, insieme agli altri confratelli, in favore degli amici immigrati bulgari e rumeni negli anni dei forti flussi migratori provenienti dall’Est-Europa verso il Sud-Italia: la comunità religiosa, affidandosi unicamente alla Provvidenza, apre la Casa per offrire a chi ne ha bisogno un piatto caldo durante la stagione della raccolta di agrumi. L’iniziativa, negli anni, si trasforma in vero e proprio servizio mensa: una catena di montaggio che vede impegnati sacerdoti, cooperatori, giovani. Come dimenticare don Anselmo ai fornelli cucinare pentoloni e pentoloni di pasta! Un episodio, tra tanti: una fredda sera di fine novembre, distribuiti circa 150 pasti e terminate tutte le provviste (compresa la cena dei sacerdoti, offerta in extremis ad una famiglia bulgara derubata dei passaporti e infreddolita), arrivarono oltre trenta persone. Che fare? L’unica cosa rimasta in frigo era un poco di Philadelphia. Con animo fiducioso, don Anselmo ci ricordò che don Guanella avrebbe invocato la Provvidenza e così facemmo anche noi: dopo pochissimo tempo si presentarono due fornai della vicina Rosarno con due ceste piene di pane e uova! Un’altra caratteristica di don Anselmo era la sua capacità di entrare in relazione con tutti: riusciva a comunicare anche con i più giovani nonostante la sua età! Spesso andavamo insieme per momenti di animazione nelle comunità delle suore per incontri con i cooperatori e con i ragazzi: essi intuivano che per lui non erano un peso, non barava, era autentico e coerente, spesso ironizzava anche sui suoi stessi difetti, guardava i più piccoli con sincerità e ciò che diceva o faceva era dettato dall’amore. La sua peculiarità era la disponibilità ad amministrare il sacramento della Confessione anche nei ritiri per le suore stesse: per dispensare il perdono di Dio non si tirava mai indietro ed era capace di rimanere per ore in confessionale dove, qualche volta, faceva anche un breve pisolino! Quando penso a don Anselmo Gandossini lo identifico come quel servo umile e inutile: non si è mai dato importanza da solo e ha saputo fare della sua inutilità una ricchezza, manifestando una serena e generosa obbedienza al Signore, soprattutto quando veniva interpellato dai superiori per andare a svolgere il suo ministero nelle comunità delle nostre due Provincie. Ritornando alla citazione dell’Evangelista Luca 17,10 (Siamo servi inutili...) credo che, attraverso l’esperienza di vita di don Anselmo, il Signore ci voglia dire che ciascuno di noi è importante, necessario, indispensabile ai suoi occhi. È Lui, però, che conferisce l’importanza, noi dobbiamo rimanere sempre nella nostra inutilità e, quando abbiamo fatto ogni obbedienza, dichiararci servi inutili.
Al contrario, se non obbediamo, non siamo inutili, ma oziosi, infingardi, fannulloni. È questa la vera relazione dell’umiltà inutile da riscoprire, vivere, osservare che caratterizza la vita dei veri servi del Signore: don Anselmo è stato per noi testimone, come servo inutile e fedele ha fatto quello che doveva fare! Nel ricordo bellissimo che ho di don Anselmo gli dedico questa mia preghiera con tanto affetto:

Eccomi pronto, o Padre, per fare la tua volontà,
per diffondere il tuo progetto di salvezza.
per far conoscere ai fratelli la tua paternità.
Eccomi pronto, o Gesù, per predicare il tuo Vangelo,
per far conoscere alle genti il tuo nome benedetto,
per partecipare agli altri la gioia di essere fratelli.
Eccomi pronto, o Spirito santo,
ad andare nel mondo intero
per proclamare le meraviglie del tuo amore,
per gettare nel mondo semi di Vangelo,
per chiamare gli uomini e le donne
a formare con noi la Chiesa di Cristo.
Aiutami, o Dio, a cogliere
la preziosità della mia missione
e a corrispondere con generosità
al messaggio di vita
che sboccia infallibile dal tuo cuore,
o Signore, amante della vita. Amen.

Don SANTINO MAISANO