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" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)

Nato a Oppido Lucano (PZ) il 22 ottobre 1939
Entrato a Roma Sem. Mons. Bacciarini il 1o ottobre 1952
Noviziato a Barza d’Ispra il 12 settembre 1956
Prima Professione a Barza d’Ispra il 12 settembre 1958
Professione perpetua a Chiavenna il 12 settembre 1964
Sacerdote a Oppido Lucano il 1o aprile 1967
Morto a Perugia il 9 ottobre 2018
Sepolto nel cimitero di Perugia-Montebello

 

Ciao, Ciccillo... Così ti chiamavamo confidenzialmente, dopo quel famoso teatro in cui impersonavi il commissario di polizia napoletano CICCILLO CACACE. Quel nome ti si addiceva molto bene, soprattutto per la tua grande simpatia per il popolo napoletano, pur essendo tu nativo della Basilicata, nell’ottobre del 1939, proprio l’anno in cui iniziava la seconda Guerra mondiale, come tanti compagni della nostra classe. La tua famiglia, povera, onesta e laboriosa, ti ha subito affidato al Signore, presentandoti al fonte battesimale lo stesso giorno della tua nascita. Il Signore ha accettato questo bel dono e ti ha chiamato a divenire suo ministro già dagli anni delle elementari. Il tuo parroco aveva visto in te ottime doti, immaginandole al servizio del popolo di Dio e dei poveri. Dopo la quinta, ci raccontavi, fosti accompagnato al seminarietto dei Padri Rogazionisti che avevano aperto una loro presenza a Marano di Napoli. Eri felice, dicevi, e avresti continuato in questa Congregazione religiosa, se non fosse intervenuto tuo cognato che era stato, per diversi anni, seminarista nella nostra Congregazione. Fu lui a indirizzarti a Roma, nel seminario guanelliano di Via Aurelia Antica. Gli anni degli studi ginnasiali invece li compisti in un piccolo centro della Brianza, Anzano del Parco, dove nel frattempo i nostri Superiori avevano aperto un seminario bello e grande che ospitava studenti dalla prima media alla quinta ginnasio. Ti aggiungesti a noi, con tanti tuoi compagni di Roma, in quarta ginnasio, altri erano giunti l’anno precedente. Eravamo un bel gruppo: due sezioni di quarta ginnasio, quasi 60 studenti, sotto la guida simpatica e amorevole di don Giuliano Rizziero. Era il 1954. Due anni passano presto e ti ritrovasti con noi a far domanda per entrare in Noviziato. Partimmo solo in 27 ed era il 1o settembre 1956. Ricordo che tra tanti depennamenti di amici, tu ti mostrasti quasi sorpreso di trovarti nell’elenco dei futuri novizi: tu di carattere sei sempre stato un po’ timoroso, la fiducia nelle tue buone capacità a volte veniva meno, sia negli studi che nel procedere formativo...e noi un po’ ti sfottevamo e un po’ ti incoraggiavamo, ma ti sentivamo fortemente in cammino con noi. Da parte mia avevo stretto con te una bella amicizia, nella quale non mancavano vari “sfottò” e scherzi vicendevoli e ricordo che mi eri prezioso per copiare la musica, data la tua bella scrittura ordinata e precisa. Conservo ancora le partiture da te copiate. Anche i due anni di noviziato passarono veloci e fosti ammesso alla prima professione: era il 12 settembre 1958. Il numero si era ulteriormente ridotto, ma in compenso era maturata tra noi rimasti una fratellanza che il tempo non ha mai infranto: ci sentivamo fratelli e confratelli, tutti entusiasti di seguire Gesù, nel carisma guanelliano, ovunque ci avesse chiamati alla missione di servizio di carità cui ci eravamo votati. E venne presto anche il tempo della missione. Le necessità della Congregazione infatti ci chiamò al tirocinio quando ancora dovevamo terminare il liceo classico. E fu così che a completare la terza liceo fummo inviati in diversi Istituti come educatori di ragazzi: chi a Cassago, chi a Gozzano, chi a Lecco. Io e te, con altri quattro compagni fummo inviati a Lecco. Ad ognuno fu assegnato un nutrito gruppo di ragazzi e... via al lavoro: scuola al mattino, lavoro con i ragazzi nel pomeriggio e studio durante la notte o all’alba. Fu un anno di grossa sofferenza, ma ce l’abbiamo fatta. Ma la sorpresa era dietro la porta: al termine dell’anno scolastico i Superiori ci comunicano che il Tirocinio che da 1 anno era passato a 2 anni, per noi era stato programmato per 4 anni. Le reazioni furono diverse e varie: tu, mi ricordo, ti avvilisti, e, come alle volte ti capitava, qualche improperio volò: non ricordo però in quale direzione! Il cacio sui maccheroni però venne dopo, quando assegnarono 3 di noi su cinque alla lontana casa di Naro in provincia di Agrigento: la motivazione del direttore locale, tra il serio e il faceto, fu: siete “terroni” e vi troverete bene tra la vostra gente. A dir la verità, ti ricordi, Ciccillo, lo prendemmo come un onore e dopo pochi giorni eravamo sul treno per la Sicilia. Non ti voglio ricordare quello che combinammo in quel viaggio... non si addice per un necrologio; del resto tu più volte l’hai raccontato questo viaggio aggiungendovi particolari esilaranti a noi sfuggiti o inventati da te sul momento. L’accoglienza a Naro non fu delle migliori. Il buon don Leo Brazzoli era su tutte le furie: ci aspettava per le 19,00 e ci presentammo alle 23,30. E dovevamo rinnovare i voti proprio entro la mezzanotte di quel giorno. Così facemmo. Era il 12 settembre 1960. Le cose poi a Naro presero il verso giusto. Don Leo e poi don Luigi Galli che ci accompagnarono come superiori espressero più volte stima e simpatia e noi, e a dire il vero, riteniamo quei 3 anni i più begli anni di vita religiosa prima del sacerdozio. Ricordo il tuo impegno con i picciriddi di San Calò: è stato encomiabile, non ti sei risparmiato un minuto e, dato il tuo carattere espansivo hai legato molto con tante persone che venivano in piazza, dove i nostri ragazzi giocavano. Bellissimo il legame con alcuni anziani che ti facevano dono della loro cultura popolare con canti, poesie e citazioni bibliche. Il rientro in casa di formazione a Chiavenna, dopo 4 anni, ai primi di settembre del 1963, fu un po’ traumatico per te e anche per me. Ricordo bene che giunti alla salitella del “Pozzoli” (così la chiamavamo) ci fermasti tutti e 4 e dicesti queste testuali parole: “Amici contiamo i passi di libertà che ci rimangono”. Una bella risata e via contando passo dopo passo...Gli studi teologici, pur non frequentando nessuna università, furono molto seri, con esami trimestrali, semestrali e finali. Tu ce la mettevi tutta, ma non per fare bella figura, quanto invece perché ti sentivi sempre non ben preparato. E non era vero. Tu studiavi e studiavi sodo. Quante volte ti ho incrociato con il libro di morale o di dogmatica sotto il braccio a salire verso il Belvedere basso o verso quello alto, per poi imboscarti dove non sono mai riuscito a scovarti. Anche gli anni di teologia, tra impegno scolastico, relax invernale sui campi di neve, relax estivo tra le montagne di Gualdera e un po’ di missione pastorale nei paesi limitrofi, sono passati velocemente. Le grandi tappe diventavano sempre più prossime: professione perpetua, diaconato e presbiterato erano nei tuoi sogni, come in quelli di tutti noi. Un dispiacere però: il nostro gruppo si era notevolmente assottigliato: della sessantina della terza media e quarta ginnasio eravamo rimasti solo 12 chierici e un fratello laico. E la consacrazione sacerdotale che tu ricevesti al tuo paese, Oppido Lucano, il primo aprile 1967, come buona parte di noi nei nostri rispettivi paesi, fu donata solo a 12 confratelli. Terminato il quarto anno di teologia fummo inviati alla nostra missione di Servi della Carità. Tra tanti sentimenti di gioia e di entusiasmo di novelli sacerdoti pronti a dare tutta la vita per Cristo, un dispiacere: il gruppo, tanto affiatato, si separava ancora e questa volta per sempre. Tu partisti per Bari, io per Milano e da allora le nostre strade si sono incrociate solo in alcuni momenti formativi o di preghiera o di celebrazione di Congregazione. Mi ci siamo sempre tenuti in contatto e ricordo che mi scrivevi da Bari narrandomi del tuo lavoro, della tua salute, del tuo rapporto con i Superiori e soprattutto per aver raggiunto un altro tuo grande sogno: frequentare gli studi pedagogici nell’università: conseguisti la laurea con una votazione molto alta e ne andasti fiero, anche perché ti costò molta fatica: qualche frequenza e studi solo la notte...dovendo attendere ad oltre 50 minori per tutta la giornata. Da Bari passasti a Fasano, prima come educatore e poi come economo. La situazione della Casa di Fasano era molto precaria a quel tempo, ma la tua abilità anche amministrativa seppe risollevarla. Eravamo già nel 1986 quando sei ritornato a Bari, ma qui, invece di minori, trovasti anziani e anziane, bisognosi di una buona parola, di un sorriso, di una barzelletta. E in questo tu eri maestro ed hai profuso questo dono di natura ad ampie mani. Dopo una decina d’anni l’obbedienza ti invia in un’altra delle nostre Case dedite a sollevare miserie umane. Si tratta dell’Istituto per disabili mentali di Perugia. Anche qui le tue doti umane, oltre che alla tua preparazione culturale ti fanno stare vicino a questi nostri fratelli facendo loro sentire il tuo affetto, la tua fratellanza oltre che la cura economica per il quotidiano. Gli elogi che ho sentito il giorno dei tuoi funerali a Perugia sono stati una vera dimostrazione di affetto da parte di confratelli, operatori e ospiti... mi sembrava più un panegirico che un elogio funebre...è mancato solo il grido «SANTO SUBITO...» che oggi va di moda. A parte gli scherzi, caro don Antonio, la tua è stata una vita di un autentico SERVO DELLA CARITÀ. Non ti sei mai risparmiato, ovunque hai dato soccorso, con la tua vicinanza, con la tua parola, con il tuo interessamento e spesso anche con mezzi economici. Il Signore, soddisfatto di te, ha messo fine al tuo pellegrinaggio terreno e ti ha aperto le porte della Dimensione Eterna, il 9 ottobre scorso, mentre attorniato dai confratelli ti rivolgevi a Lui, per Maria, con la preghiera del santo rosario. Che bella partenza! L’Ave Maria spezzata sul tuo letto di morte è continuata in cielo, attorniato dal nostro Padre San Luigi Guanella, da tutti i confratelli che ti hanno preceduto e dai tuoi genitori e familiari che hai potuto riabbracciare.
Ora sei nella pace e nella luce di Dio: ricordati di me, dei nostri compagni, rimasti in 9 e di tutti i confratelli e consorelle dell’Opera. A presto.

Don PIERO LIPPOLI