di padre Umberto Brugnoni, Superiore generale

Nei primi giorni dello scorso settembre si è tenuto in Italia un corso di aggiornamento dei formatori dell’Opera Don Guanella sul tema: Per le vie del cuore. La formazione dei Servi della Carità. Grazie a Dio e alla buona volontà dei confratelli il corso è stato molto positivo.

Questo appuntamento mi offre l’opportunità di affrontare con voi, cari Lettori di Servire, alla vigilia della festa del santo Fondatore e nel centocinquantesimo dalla nascita di mons. Bacciarini, questo tema: Don Guanella e don Bacciarini educatori guanelliani della prima ora.

I primi tempi della nostra Opera a Como (siamo nel 1886), sono stati davvero difficili e don Guanella in quella grande casa, che era soprannominata Arca di Noè per le molte e svariate categorie di persone presenti e assistite, era il perno di tutto: tutto girava attorno a lui. Ma un solo uomo non poteva arrivare a tutto. L’ambito, forse, un po’ trascurato era quello formativo nei confronti delle vocazioni che si presentavano all’Opera. I vescovi erano poco disponibili a conferire l’Ordine sacro ai suoi sacerdoti, quelli che si erano preparati per la Casa, e la critica che gli facevano era che i suoi seminaristi non erano ben formati; erano sì bravi nella carità, esemplari nel lavoro, ma limitati nella dimensione culturale. 

D’altro canto per don Guanella erano più importanti la disponibilità, la generosità, la pazienza verso coloro che erano i destinatari delle sue case, i poveri. Il suo programma era: «A tutti date pane e Signore». Prima il “pane” come accoglienza, promozione della persona, condivisione di quello che si ha. Poi il “Signore”, una spiritualità fatta di preghiera, adorazione, vita sacramentale. 

Don Guanella era un uomo concreto anche nell’ambito formativo; per i suoi seminaristi e preti aveva idee chiare, precise, esigenti, ma poi non sempre aveva il tempo di trasmetterle. Era orientato alla dimensione sociale, operativa, caritativa e non unicamente contemplativa, spirituale, dottrinale e sacramentale. Queste erano le sue linee di pensiero e di comportamento. Trascrivo a riprova alcune espressioni presenti nei suoi scritti: «Se volete salvare la società, preti, andate in piazza!» (1901); «Siate di chiesa, ma non vi state tutto il giorno» (1896). 

Una maggior attenzione all’ambito formativo nella Casa di Como fu possibile con l’entrata di don Aurelio Bacciarini nel 1906. Conosciuta l’Opera Don Guanella come la più povera del tempo, Bacciarini chiese al Fondatore, con il permesso del suo vescovo, di entrarvi. Un brano della sua prima lettera a don Guanella esprime la gioia di diventare guanelliano: «Molto reverendo e venerato Padre nel Signore, mi permetta che la chiami per la prima volta con questo nome caro all’anima mia, perché mi sento di giorno in giorno avvicinare alla Congregazione, alla quale il Signore misericordiosamente mi chiama, Nel darle questo annuncio mi sento il cuore in gaudio e benedico la misericordia del Signore. Mi sembra di potermi già felicemente considerare di lei figlio nel Signore» (Bacciarini a don Guanella,  7 marzo 1906). 

Il primo compito che il Fondatore gli affidò fu proprio quello della formazione dei guanelliani, sia seminaristi che sacerdoti. E i risultati si videro da subito. Ecco alcuni passi dei suoi interventi formativi: «La vocazione è una misteriosa chiamata di Dio. Ma per dove? Il Signore ci ha condotti qui nella terra dei suoi poveri, dove vive il suo popolo prediletto, che è il popolo formato dagli infelici, dagli sventurati, dagli orfani, perché il Signore ha voluto che noi avessimo il privilegio di servire a lui nella persona dei poveri! Oh se sapessimo apprezzare questa grazia». E ancora: «Con la vocazione il Signore domanda lo spirito religioso. Se siamo persuasi di essere religiosi, cercheremo di metterci all’altezza della perfezione religiosa; se non siamo persuasi di questo, siamo gli uomini più miserabili». E poi concludeva con una frase provocatoria: «Non dobbiamo mai crederci necessari in questa casa. Non è la casa che ha bisogno di noi: siamo noi che abbiamo bisogno di lei». 

Parole e metodi di altri tempi, certamente, ma pur sempre formazione solida. Aggiungo un altro suo pensiero, diretto ai primi seminaristi della casa di Como: «Aspirare alla vita di comunità, come la nostra, senza una umiltà generosa, sarebbe un passo troppo temerario; un chierico che non si sentisse di mettere in pratica il programma dell’umiltà, oh quanto è meglio che cerchi un’altra via; lo dovrebbe fare per non mettere a troppo forte repentaglio l’anima sua, e per non essere il tormento dei superiori e il martirio dei confratelli. Per amor di Dio, non stiamo qui a cercare le nostre comodità. Partiamo piuttosto!». 

Cari lettori di Servire, vi ho fornito un saggio dell’importanza dell’azione formativa, all’inizio della nostra Opera, nelle due figure fondamentali: don Guanella e don Bacciarini. «La formazione è arte di cuore», ci hanno sempre detto. Auguro a tutti la capacità di crescere lasciando spazio ogni giorno a messaggi che, entrando nel nostro cuore, ci fanno crescere, migliorare, maturare. La formazione è propria di tutte le tappe della nostra vita, fino all’ultima che è quella della morte. Una formazione buona ed efficace è la premessa di quell’esaltante giudizio che gli altri possono dare su di noi: «Abbiamo camminato insieme a uomini e donne santi». Ed è quello che celebreremo nei prossimi giorni, con la festa di san Luigi Guanella e con la memoria del 150° anniversario della nascita di Aurelio Bacciarini. Siamo parte di una grande famiglia di santi! Auguri!