L'eredità spirituale di don Bruno Belfi

Un prete devoto. Ha dato rilievo di tempo e di attenzione alla preghiera e alla coltivazione delle sue devozioni:

  • “alla Santissima Trinità: al Padre dei cieli per la sua infinita misericordia, al Figlio che volle svelare, nell’Incarnazione, la misericordia del Padre, allo Spirito Santo che è dono meraviglioso del Padre e del Figlio per ogni creatura che si presenta sulla sponda terrestre;
  • alla Vergine Immacolata: per la sua materna protezione;
  • all’Angelo custode: solerte suggeritore di bene sulle strade dell’esilio;
  • ai cari defunti: che non cessano mai di incoraggiare per le vie del bene” (Inno di grazie di don Bruno nel suo 80° compleanno)

Un prete fedele ed appassionato al suo ministero. Il mediatore che si da tutto per raggiungere tutti. Due i suoi impegni quotidiani:

  • la confessione: Registrava ogni programma di Radio Maria su cassette divise per temi: catechesi, spiritualità, sacramentaria, devozioni, problemi attuali, conferenze tematiche ecc. Durante gli incontri in confessionale dove non arrivava a rispondere agli interrogativi dei penitenti, saliva in camera prendeva la cassetta corrispondente al problema affrontato, la consegnava al penitente per l’ascoltasse e riflettesse personalmente e poi, eventualmente, se voleva ancora dialogare ancora con lui. Quanti giovani ha formato con questo metodo.
  • La visita agli ammalati. Ogni mese visitava circa 100 ammalati ai quali portava il dono della riconciliazione, quello della Eucaristia e a diversi anche la sua Omelia della domenica precedente che puntualmente registrava mettendo un piccolo registratore sull’ambone dove predicava.

 

Il cammino di santità di don Bruno Belfi

Don Bruno Belfi = un gigante buono

Gigante: perchéalto di statura, silenzioso, misterioso, burbero di carattere, dallo sguardo severo e poco confidenziale.

Buono:perché prete fedele, appassionato, creativo nell’offrire i frutti del suo sacerdozio ai fedele, soprattutto dal confessionale e dalla visita nelle case degli ammalati.

Nel suo Testamento spirituale don Bruno afferma che quello che è stato e ha fatto nella sua vita non deve apparire: “Non ci siano discorsi, che non aggiungerebbero nulla al lavoro svolto in tanti anni di silenzio. Di quanto resta di ciò che fu del cosiddetto mio, un bel falò, omaggio al roveto ardente che ha illuminato il mio cammino”. 

Il Vicario generale dell’Opera nell’Omelia funebre si è rivolto ai presenti che gremivano la Basilica di San Giuseppe al Trionfale: “Chiedo a voi giovani, famiglie, fratelli e sorelle qui presenti in questa Basilica, ma lo vorrei chiedere anche ai più di 100 malati che ogni mese don Bruno visitava per la confessione e la comunione mensile: chi avete incontrato quando vi siete accostati all’ultimo confessionale di questa Chiesa, in questi giorni pieno di fiori freschi e profumati? Cosa vi ha saputo trasmettere quel grande uomo che passava ore e ore seduto dentro quel confessionale? Chi aspettavate cari ammalati ogni mese nelle vostre case? Un uomo di grande dialettica, di evidenti capacità critiche, un uomo di ampia e poliedrica cultura? Sentite come lui stesso si descrive nel suo testamento spirituale. Sentite ciò che si augurava di sapervi trasmettere incontrandovi: “Povere parole, scolpite nel mio cuore solidamente come solide sono le mie montagne; contestate forse da molti, contestazioni che però non scalfiscono minimamente questo operaio di Cristo”… E si firma: “Di mio pugno: Bruno, nonché Wolfango (senza contestare l’anagrafe) Belfi, sacerdote di Cristo, di pochissimi talenti, ma tutti sfruttati con la grazia di Dio”.  Lo aveva composto il 13 giugno del 1995 nel 75° anniversario della sua nascita”.

Don Bruno appariva all’esterno come un uomo, un sacerdote, apparentemente povero, solitario, severo, chi aveva invece la grazia di conoscerlo, di entrare in sintonia con lui, lo scopriva ricco dentro perché uomo affidato a Dio; abbandonato a Dio da tutta la vita perché Lui ne facesse un canale di grazia e di misericordia che arrivasse là dove solo Lui conosceva il bisogno, l’attesa. Un uomo costruito dentro in maniera solida da una Parola, quella del Signore, che fa vivere e resistere anche contro le più forti e accalappianti tentazioni. Un uomo che ci teneva al come Dio lo vedeva e giudicava, perché era consapevole che ciò che conta nella vita di un cristiano e di un consacrato è quello che Dio pensa di te…gli altri possono farsi anche una idea sbagliata sul tuo conto, non però Dio!  Don Bruno: un uomo che ha lasciato fare a Dio nella sua vita e della sua vita.

Nel suo testamento spirituale don Bruno descrive così la sua sofferenza di tanti anni: “L’esperienza sofferta di tanti anni può avere insegnato che non è il giudizio definitivo quello degli uomini, che vivono sulla stessa strada e assaggiano gli stessi frutti, ma il fidarsi di Cristo, della sua misericordia, della sua grazia, accettando umilmente la sofferenza in tutti i suoi aspetti e forme, avvalorando con la preghiera l’offerta del silenzio. Infatti non sempre la parola ha la sua efficacia di chiarificazione: qualche volta confonde, altra disperde, altra ancora distrugge, pur ammettendo la diversità dei fini nei soggetti, già così complessi, sul piano esistenziale. La preghiera umile ricompone, a lunga gittata, le varie parti, i differenti orizzonti, concedendo la letizia del cuore, pur restando in adorazione ai piedi della croce, accanto al Crocifisso Signore, perché c’è sicurezza dell’alba di Pasqua” (Aggiunta al testo delle ultime volontà del 13.06.1995. Roma 13.06.1996).

 

Sempre dal suo Testamento spirituale cogliamo il canto del suo “magnificat” a Dio e agli uomini per il bene ricevuto lungo l’arco della sua esistenza:

“GRAZIE alla misericordia divina per tale e grande chiamata, delle infinite elargizioni in tutti i giorni di tale missione.

GRAZIE alla materna protezione della Vergine Madre, per aver custodito il cuore da tanti pericoli.

GRAZIE all’Angelo Custode, solerte e indefesso protettore dei miei passi, per la sua continua, preziosa e amorevole custodia.

GRAZIE per l’intercessione amorosa e vigilante dei miei cari defunti, sempre sui miei passi, presenti specialmente nell’ora del dolore .

GRAZIE alle mie guide spirituali che, nel silenzio, mi hanno sostenuto, guidato per le vie del Signore, perché fossi operaio solerte e generoso, anche se dotato di pochissimi talenti, dentro e fuori l’amata Congregazione.

GRAZIE alle anime prescelte da Cristo per la sua sequela, che hanno saputo ascoltare, umilmente e docilmente i suggerimenti di un povero viandante.

GRAZIE per la preghiera di tanti buoni fratelli e sorelle che nel nascondimento, senza nessuna prosopopea, hanno ricaricato lo spirito di sempre nuove energie, anche quando le malelingue cercavano di offuscare l’orizzonte, sempre sincero, addebitando errori e valutazioni arbitrarie.

GRAZIE a tutti, conosciuti e non conosciuti (che conoscerò alla venuta del Regno della salvezza), che hanno voluto addebitarsi ombre e tempeste, vere o presunte, per togliere gli ostacoli nel duro pellegrinaggio terrestre; perché il traguardo ultimo fosse sempre presente alla mente e al cuore.

GRAZIE dal profondo di me stesso a coloro che, con disponibilità evangelica, hanno speso tempo e denaro per trovare due metri di terra per il mio temporaneo riposo in attesa della tromba angelica della risurrezione.

GRAZIE anche a coloro che saranno sinceri, almeno davanti alla morte e non pronunzieranno elogi, che sanno di convenienza umana, ma sono “bugiardi”. Li ricorderò uno per uno al misericordioso Signore”.

Il suo Testamento spirituale si chiude con una preghiera ed una acclamazione:

“Una lacrima per i defunti evapora;

un fiore sulla tomba appassisce;

una preghiera, invece, arriva fino al cuore dell’Altissimo” (Sant’Agostino).

E’ RISORTO, ALLELUIA! (Aggiunta al testamento spirituale, 13.06.1996).