I libri antichi del Centro Studi Guanelliani, appena
restaurati, hanno messo a disposizione un patrimonio
che la Famiglia guanelliana possedeva senza conoscerlo.

di Riccardo Bernabei


«Le testimonianze librarie sono per la Chiesa un mezzo insostituibile per porre le nuove generazioni a contatto con ciò che l’evento cristiano ha prodotto nella storia e nella riflessione umana, allo scopo di non privarle dell’esperienza delle generazioni precedenti». Con queste parole la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, nel 1994,  scrivendo ai vescovi definiva il ruolo delle biblioteche ecclesiastiche nella missione della Chiesa. 

Anche il Centro Studi Guanelliani, modestamente ma efficacemente, partecipa a questa missione con la propria collezione di libri moderni e antichi.

La biblioteca ha attualmente nel proprio catalogo oltre 15.700 schede. La parte più importante è costituita dalla sezione specializzata che raccoglie tutte le pubblicazioni riguardanti l’ambito guanelliano; si va dalle opere scritte dal fondatore san Luigi Guanella, in tutte le loro molteplici edizioni, fino alle pubblicazioni più recenti, che insieme formano una raccolta di 1.700 titoli in continuo aggiornamento.

Ma il Centro Studi Guanelliani custodisce anche un altro patrimonio prezioso. Si tratta degli oltre 1.300 volumi, stampati dagli inizi dell’invenzione della stampa (secolo XV) per giungere al 1830, che formano il suo fondo antico. La biblioteca non solo li conserva, ma li mette a disposizione degli studiosi, che possono trovarli tramite SBN (Servizio Bibliotecario Nazionale), il sistema che unisce le biblioteche italiane in un unico grande catalogo on-line.

In questo fondo antico si trovano soprattutto opere di argomento religioso. Ad esempio vi è una delle prime edizioni del catechismo promulgato dal Concilio di Trento (1566), oppure un’edizione della Bibbia curata da Antonio Martini, una delle prime traduzioni in italiano che risale alla fine del Settecento; o infine opere di Sant’Alfonso e Sant’Agostino.

L’edizione “decana” della biblioteca è il commento alle epistole paoline ad opera di san Tommaso d’Aquino. Riporta come data di stampa il 22 dicembre 1498, appena cinquant’anni dopo gli esperimenti di Gutenberg e merita dunque in nome di “incunabolo”. Invece al 1501 risale una raccolta degli scritti del poeta latino Marziale; è una cosiddetta “aldina”, cioè un libro stampato nella tipografia veneziana di Aldo Manuzio, colui che viene considerato il primo grande editore in senso moderno.

Un volume, già di per sé prezioso perché del 1582, dedicato ai martiri venerati a Bergamo, nasconde una storia che lo rende ancora più particolare. Dalla dedica si ricava che è stato donato dall’allora arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini a Giovanni XXIII; non tutte le biblioteche possono vantare il possesso di un libro passato dalle mani di un pontefice santo ad un altro. Pur essendo in grado di resistere ai secoli, anche i libri sentono lo scorrere del tempo. Umidità, microrganismi,  muffe possono danneggiare la carta, rendendo impossibile la consultazione e mettendone in pericolo la conservazione. In questi casi può rendersi necessario un restauro. 

Già fra il 1996 e il 2007, grazie ai finanziamenti della regione Lazio, la biblioteca del Centro Studi guanelliani ha potuto fare interventi su 154 volumi. Nel 2023, grazie a un contributo della Conferenza Episcopale Italiana, è ripresa la campagna di restauro. Sono stati effettuati interventi su undici grandi volumi, stampati in Francia e in Belgio fra il 1622 e il 1641. Sono parte del commentario biblico di Cornelio A Lapide (1567-1637, latinizzazione di Cornelis Cornelissen van den Steen). 

L’autore di questa monumentale opera era un gesuita belga, docente nella prestigiosa università di Lovanio e, successivamente, nel Collegio Romano. Con l’esclusione dei Salmi e del libro di Giobbe, riuscì a completare il commento a tutti i libri della Sacra Scrittura. Il commentario si proponeva non solo come un testo specialistico per gli esegeti, ma anche come un sussidio per i sacerdoti che vi avrebbero trovato spunti per la predicazione. Si tratta quindi di un testo che per secoli non è stato solo un punto di riferimento per gli esperti, ma che è entrato nella vita dei fedeli per il tramite dei tanti predicatori, che ne hanno tratto spunti e ispirazioni per spiegare al popolo la Parola di Dio.

L’intervento di restauro è una delicata operazione svolta da professionisti accreditati e sulla quale vigila lo Stato tramite le Soprintendenze archivistiche e bibliografiche. Dopo un’attenta analisi il restauratore individua il tipo e l’origine dei danni e decide come procedere anche in base alle caratteristiche proprie dell’opera. Come un bravo medico, deve variare la terapia a seconda del paziente che si trova davanti. Il libro viene prima smontato per poter operare su ogni singola pagina. In alcuni casi le lacune vengono colmate con delle integrazioni, che devono essere ben distinguibili dall’originale. È un lungo lavoro che richiede competenza, pazienza e precisione. Alla fine viene nuovamente rilegato.

Nei prossimi anni il Centro Studi Guanelliani programmerà nuovi interventi, che aiuteranno a conservare un patrimonio la cui salvaguardia non interessa solo alla Famiglia guanelliana, ma anche a una collettività più allargata, formata da studiosi interessati a conoscere questo patrimonio librario. Questo lavoro, pur così impegnativo, è necessario perché la biblioteca del Centro Studi Guanelliani possa continuare ad essere quel «tesoro» da cui trarre «cose nuove e cose antiche» (Mt 13, 52).