DON DOMENICO FRANTELLIZZI nasce a Boville Ernica (Frosinone) il 20-9-1937, figlio di Giuseppe e Paolina Frantellizzi, persone essenziali, semplici nei ritmi della vita quotidiana: lavoro, famiglia, chiesa. Il padre muore presto lasciando alla moglie Paolina il compito arduo della formazione dei tre figli. C’era nella stretta parentela uno zio sacerdote di grande esempio, che lascerà orma lunga di bene nel paese.
Fu portato al Fonte battesimale della sua chiesa parrocchiale, dedicata a San Michele Arcangelo, un mese dopo: il 24 ottobre. Boville si sviluppa sul crinale di una collina che domina il piccolo ma suggestivo Santuario della Madonna delle Grazie, tanto caro agli abitanti di tutta la Valle. La famiglia gestisce un piccolo Bar che è punto di riferimento, d’incontro, di comunicazioni di ogni genere per tutti gli abitanti di Boville.Domenico crebbe a norma di bambino lineare: buono, semplice, giocherellone, chierichetto. Normale a scuola. I suoi compagni ancora oggi lo ricordano per la dolcezza di carattere.
Accolse il dono della santa Cresima a 11 anni, conferitogli dal Vescovo diocesano di Veroli, Mons. Emilio Baroncelli il 31 luglio del 1948. Sacramento che veniva ad irrobustire le inclinazioni buone del suo spirito, che ai piedi dell’altare giorno per giorno andavano assumendo una certa piega di gusto: gli cominciò a balenare l’idea di diventare sacerdote. Ne parlò con mamma Paolina. Ne fece confidenza con lo zio. A 12 anni faceva domanda di entrare in seminario. Probabilmente fu suo zio prete ad indirizzarlo verso l’Opera Don Guanella, poichè la conosceva da tempo e nutriva grande stima verso di essa. Indirizzò la sua domanda al seminario guanelliano di Roma, Via Aurelia Antica. Qualche tempo dopo, esattamente il 15 ottobre del ’49, lasciò Boville e scese a Roma, accompagnato dalla mamma e dallo zio. Da quella sera la vita iniziò un altro versante. Fu alloggiato negli angusti locali di “casa vecchia”, mentre già si annunciava la costruzione del nuovo seminario, lì davanti, a distanza di 50 metri. E poi vennero subito le grandiose funzioni dell’Anno Santo del 1950. Durante tutto quell’anno i nostri seminaristi furono scelti per fare i chierichetti nella Basilica di S. Pietro: l’impegno occupava a pieno la mattinata. La scuola si svolgeva nel pomeriggio. Lo studio, per quanto importante, doveva contentarsi dei ritagli di tempo e a sera. Quando cominciarono effettivamente i lavori della costruzione, i ragazzi andarono a dormire al “terzo piano” nel padiglione intitolato a Pio XII, negli ambienti dei “buoni figli”. Il sacrificio però riceveva in compenso la fortuna di una rara esperienza di Chiesa, di preghiera, di carità. Iniziava così, per Domenico, con questo tocco di liturgia e di incontri ecclesiali, il lungo cammino della formazione religiosa e sacerdotale.
Trascorre un triennio nel seminario minore di Anzano del Parco (CO), come di solito avveniva in quel periodo per i nostri seminaristi del Centro-Sud d’Italia. E così si esprimeva su di lui il suo primo direttore, don Luciano Botta: “Domenico Frantellizzi, anni 17, orfano di padre; indole buona; semplice e servizievole; discreto nello studio e di salute buona. Pietà esemplare. Promette bene!”. Passò a Barza per iniziarvi il noviziato il 12 settembre 1954. Venne avanti deciso. Aveva messo solidi punti fermi, che gradualmente con logica connessione gli aprivano la via. Possedeva, inoltre, l’inestimabile dono dell’umorismo, per cui anche i momenti difficili perdevano di durezza, si sdrammatizzavano, ed egli sapeva trovare i varchi giusti per proseguire con forza. Emise i voti religiosi per la prima volta il 12 settembre del 1956. Poi di anno in anno rinnovò la sua consacrazione a Dio. Intanto veniva inviato nel vivo del lavoro apostolico educativo a Milano, Vellai di Feltre, Anzano del Parco, Ferentino, tra i ragazzi. In questi ambienti di fanciulli e adolescenti rivelò ottime capacità di educatore e vi si trovò a suo agio, in letizia. Lavorava di gusto, amando e facendosi amare.
Nel settembre del 1960 l’obbedienza lo voleva in seminario minore a Roma, sia per attendere agli studi teologici, che egli frequentò presso l’Università di Propaganda Fide fino alla Licenza; sia per seguire i piccoli aspiranti nei loro primi passi di formazione seminaristica. Al termine del primo anno di teologia fu ammesso a pronunciare i suoi voti “in perpetuo”, ciò che fece durante una sobria celebrazione eucaristica il 24 settembre 1961. Finalmente, concluso il quadriennio teologico di base, nella chiesa di questa Casa di via Aurelia fu consacrato sacerdote, per le mani del Card. Larraona il 14 marzo del 1964.
Era allora in pieno corso il Concilio Vaticano II°: si respirava clima di fervore, in analogia a quanto aveva sperimentato di persona nell’Anno Santo del ’50, agli inizi del suo cammino vocazionale. In più già si delineava l’idea della beatificazione del nostro Fondatore. Gli sguardi puntavano verso le grandi cose della Chiesa, come in attesa verso il futuro. Rimase indelebile questa traccia di Concilio nella sua spiritualità e nel suo lavoro.
Esteriormente, pur diventato sacerdote, sembrò “proseguire”, più che “iniziare” il suo servizio apostolico di educatore: ancora in mezzo ai ragazzi ad attendere alla loro crescita, ai loro problemi. Stesso lavoro. Lo svolge però con altra angolatura, rivelando una sempre più robusta maturità, fatta di intelligenza, di esperienza, di acquisizione anche scientifica circa i compiti che mano mano gli venivano affidati dall’obbedienza. Conclusi gli studi di teologia con il grado accademico della Licenza presso la Pontificia Università di Propaganda Fide, si iscrive alla Facoltà di pedagogia con l’esplicito intento di dare il meglio ai giovani tra i quali vedeva snodarsi il suo sacerdozio.
Infatti: nel 1964 riceveva l’incarico di “prefetto degli studenti” nel medesimo seminario minore di Roma; nel ’70 era chiamato ad assumere il ruolo di superiore ed economo a Ferentino, dove l’istituto allora era ancora pieno di ragazzi; e l’anno successivo passava superiore al Torriani, dove nel ’75 riceveva anche l’ufficio di economo.
A questo punto la sua personalità, in continuo crescendo davanti agli occhi dei confratelli, apparve meritevole di ulteriore fiducia anche in ordine a ruoli di Provincia. Nel luglio del ’77 fu scelto come membro del Consiglio della Provincia Romana, mansione che egli svolse con lodevole impegno, apportando il suo entusiasmo, il senso realistico delle cose, le sue doti di prezioso collaboratore, tanto che nell’83 venne riconfermato nell’incarico in Provincia, come pure nel 1986, quando passava a dedicarsi totalmente al lavoro della Provincia con il duplice incarico di Vicario e di Economo: incarichi che gli vengono poi successivamente rinnovati fino all’ultimo sondaggio di settembre-ottobre del 1993, quando i confratelli, nonostante che don Domenico fosse già minato nella sua salute e tutti ne fossero a conoscenza, vollero chiamarlo ugualmente a proseguire nel dono di sé ai bisogni della Provincia. Ciò che egli accettò e realmente eseguì con scrupolo fino alla fine, la mattina, alle prime luci dell’alba, del 9 marzo 1994.