I primi 60 anni della Parrocchia Santo Stefano d'Ungheria a Padova seguendo il carisma di don Guanella
di don Gabriele Cantaluppi
Monsignor Gerolamo Bortignon conosceva bene l’Opera Don Guanella, perché per cinque anni, dal 1944 al 1949, era stato vescovo di Belluno e Feltre, dove i guanelliani gestivano una colonia agricola che poi sarebbe diventata l’Istituto Beato Bernardino Tomitano. Nominato nel 1949 vescovo di Padova, resse quella diocesi per quasi trentaquattro anni, promuovendo numerose opere di carità.
Nell’ottobre 1956 decise di fondare una parrocchia intitolata a santo Stefano re d’Ungheria; intendeva in tal modo ricordare i dolorosi eventi che colpirono la nazione magiara in quell’anno con la “primavera di Budapest”, quando la sollevazione degli ungheresi venne brutalmente repressa dai carri armati sovietici. Con l’aiuto delle suore guanelliane, già presenti nella diocesi di Padova, nel settembre 1958 prese contatto con don Carlo De Ambroggi, superiore generale dei Servi della Carità. Tre anni dopo, nel 1961, il guanelliano don Mario Merlin iniziò l’attività pastorale a Padova nel quartiere Brusegana, allestendo una cappella nel garage di una villetta adibita a casa parrocchiale. Il 21 novembre 1962 un decreto vescovile proclamò ufficialmente la fondazione della parrocchia, con territorio smembrato dalle parrocchie di Brusegana e Tencarola, e il 22 settembre dell’anno successivo venne posata la prima pietra della nuova chiesa. I lavori furono eseguiti su progetto dell’ingegnere Pietro Paglia e dell’architetto Pellegrino Promontorio, ambedue collaboratori delle opere guanelliane. Infine l’8 maggio 1965 monsignor Bortignon poté benedire la costruzione ormai terminata, ma solo molto più tardi, il 25 maggio 1990, l’allora primate d’Ungheria, il cardinale Lázló Paskai, compì il rito della dedicazione della chiesa.
La parrocchia si colloca ai confini del comune di Padova, in una zona sviluppatasi a partire dagli anni Cinquanta con edifici di edilizia residenziale pubblica, cui si sono affiancati programmi di investimento privato. Monsignor Bortignon, appartenente all’ordine francescano cappuccino, scelse di affidare a congregazioni religiose alcune nuove parrocchie che andava erigendo, soprattutto nelle periferie della città di Padova. Così fece con quella di San Pio X nel quartiere Stanga, assegnata ai Giuseppini del Murialdo, e con quella di Don Bosco, affiata ai salesiani, mentre per la parte verso i Colli Euganei la scelta cadde sull’Opera Don Guanella, particolarmente attiva nelle opere di misericordia. Da allora attorno alla chiesa parrocchiale, all’attiguo patronato (termine locale per indicare l’oratorio) e alla scuola materna servita dalle Figlie di Santa Maria della Provvidenza, è cresciuto un quartiere che oggi è tra i più popolari e multietnici di Padova. In questi sessant’anni si sono succeduti numerosi parroci: don Emilio Canosi (1963-1986), don Attilio Mazzola (1986-1997), don Danilo Priante (1997-2007), don Francesco Sposato (2007-2013), don Daniele Tussi (2013-2022), don Oscar Kasongo (2022-).
Grazie all’interessamento di don Attilio Mazzola la parrocchia ha effettuato un gemellaggio con la parrocchia di sant’Anna in Esztergom in Ungheria, avviando intensi scambi di aiuto economico e culturale.
Quest’anno nel mese di settembre la parrocchia ha voluto ricordare il sessantesimo anniversario della posa della prima pietra con una nutrita serie di iniziative, alle quali hanno partecipato anche il vescovo diocesano monsignor Claudio Cipolla, il sindaco della città Sergio Giordani e monsignor László Kis Rigó, vescovo di Szeged-Csnád in Ungheria, che negli anni del gemellaggio parrocchiale era parroco della parrocchia di sant’Anna in Esztergom.
A dare un tono tipicamente guanelliano alla parrocchia è stata la presenza di ospiti e assistenti di Casa Breda, una residenza pubblica che ospita persone affette da gravi patologie neuromuscolari e centro regionale di riferimento per le cure sanitarie dei malati di sclerosi multipla, dove i sacerdoti guanelliani con il loro ministero e i volontari della parrocchia con la loro opera testimoniano l’amore di Gesù per i sofferenti.