La testimonianza di un giovane guanelliano che ha partecipato alla GMG. Condividere gioie, parole, sguardi e anche stanchezza.
di Michele Colaianni
«Todos, todos, todos». Tutti, tutti, tutti. Nel caldo pomeriggio dello scorso 3 agosto queste parole hanno riempito i viali del Parque Eduardo VII di Lisbona, gridate dai tanti giovani accorsi per accogliere papa Francesco nel primo giorno della XXXVIII Giornata Mondiale della Gioventù. Un attimo prima era stato proprio il Santo Padre a pronunciarle, dopo aver ricordato e sottolineato con forza che «nella Chiesa c’è spazio per tutti, per tutti!».
A più di un mese dalla fine delle GMG, queste parole continuano a tornarmi alla mente. Lì, in quel parco, nelle strade di Lisbona, nella grande spianata del Parque Tejo, eravamo tanti, tantissimi. Ma c’eravamo davvero tutti, anche coloro che si sono allontanati o si sentono esclusi dalla Chiesa? E chi c’era, si sentiva parte di un tutto o piuttosto uno tra tanti? Due nuove domande che si sono aggiunte ad altre, a quelle vecchie che mi hanno spinto a partire e a quelle nuove, maturate durante i giorni trascorsi tra Spagna e Portogallo insieme ai giovani del Movimento Giovanile Guanelliano. Tante domande a cui non sempre è facile rispondere e che, a volte, non danno tregua perché si impongono nella mente e nel cuore, stimolando e arrestando allo stesso tempo la vita di fede.
Le riflessioni sul senso della vita e le provocazioni che padre Fabio Pallotta ci ha proposto nei giorni trascorsi in Spagna, prima della GMG, hanno riattivato in me idee e pensieri sopiti, forse anche abbandonati per paura che, riemergendo, avrebbero potuto rendere tutto ancora più difficile. Le parole del Papa durante i diversi incontri sono state come una luce che ha rinfrancato il cuore ma che, allo stesso tempo, ha illuminato la realtà quotidiana, mostrandone le contraddizioni, le difficoltà, gli ostacoli che noi stessi e gli altri facciamo ancora fatica a superare. Riesco a rialzarmi? Aiuto coloro che cadono a risollevarsi? Credo di far parte della “comunità dei migliori” o sono capace di accogliere tutti così come sono, in quanto, anche loro, chiamati per nome da Cristo?
«Non stancatevi mai di fare domande! Fare domande è giusto, anzi spesso è meglio che dare risposte, perché chi domanda resta “inquieto” e l’inquietudine è il miglior rimedio all’abitudine, a quella normalità piatta che anestetizza l’anima. Ciascuno di noi ha dentro di sé le proprie inquietudini. Portiamo con noi queste inquietudini e portiamole nel dialogo tra di noi, portiamole con noi quando preghiamo davanti a Dio. Queste domande che con la vita diventano risposte, dobbiamo soltanto aspettarle».
Forte di queste parole pronunciate dal Santo Padre, sono tornato a casa “inquieto”, ma arricchito di punti di domanda e di riflessioni che, sono certo, arricchiranno il mio percorso di fede e mi aiuteranno a vivere meglio e con sguardo diverso la mia vita all’interno della grande e varia comunità della Chiesa.
È stato bello condividere gioie, parole, sguardi e anche la stanchezza con oltre un milione di giovani di tutto il mondo. La GMG si è rivelata ancora una volta un’occasione di ricarica, una sosta dopo la quale non si può riprendere a camminare nello stesso modo. Noi giovani eravamo tanti, tutti diversi, con provenienze, sogni, personalità, vissuti, sentimenti, idee politiche e sociali differenti. Eravamo lì, in tanti, ma forse non ancora tutti. Il Papa ci ha invitato a tornare a casa con tre verbi: brillare, ascoltare e non temere. La mia speranza è che questi tre verbi possano aiutarmi non solo a vivere meglio il mio percorso di fede e la mia vita, ma anche a testimoniare la gioia del Vangelo agli altri, a chi non c’era alla GMG, e a presentare loro una Chiesa capace di ascoltare e di non temere i cambiamenti di cui i giovani, oggi, sono portatori.
«A voi, giovani, di cui la Chiesa e il mondo hanno bisogno come la terra della pioggia; a voi, giovani, che siete il presente e il futuro; sì, proprio a voi, giovani, Gesù oggi dice: Non temete!, Non abbiate paura!. Ci vedremo a Seul!».