A. IL PERCHÈ DI QUESTO INCONTRO

Siamo ormai all’ultimo incontro qui a Roma con voi Provinciali e Vicari delle realtà geografiche della nostra Congregazione. Il prossimo gennaio 2024 saremo già impegnati o per i Capitoli Provinciali e di Delegazioni o addirittura già in cammino verso il XXI Capitolo generale. Questa esperienza di incontro annuale con voi ha sempre, nella storia recente della nostra Congregazione, caratterizzato l’animazione e il governo della nostra Opera. Sono sempre stati posti al vaglio di questa lettura sinodale temi urgenti e delicati che la nostra famiglia religiosa viveva e vive nel momento presente. Basterebbe dare uno sguardo agli ultimi anni per capire quanto sono stati importanti  questi appuntamenti: tema sugli abusi, tema sulla gestione delle opere, tema sulla riqualificazione dei laici, tema vocazionale e di animazione giovanile, tema sui nostri Regolamenti di Congregazione e altri ancora.

Anche l’incontro di quest’anno ha la sua importanza al di là di essere l’ultimo del nostro mandato di Consiglio generale. Sono sul tappeto argomenti di spessore e urgenza.

- Tratteremo un tema che ci sta davvero a cuore, ma che fa fatica ad entrare in programmi, in visioni ottimistiche future, in organizzazioni concrete, almeno in qualche parte della Congregazione. Il tema della realtà dei nostri giovani confratelli. Pochi in Europa, sufficienti o molti nelle altre parti del mondo guanelliano. I molti, troppi abbandoni di questi ultimi decenni, spesso con motivazioni labili, da giovani che si arrampicano sui vetri, in modo particolare quando lasciano la Congregazione per andare in diocesi, per la vita pastorale diocesana, ci devono sempre interrogare e preoccupare. Perdiamo figli e questo fa male alla nostra paternità e al nostro essere famiglia. Non parliamo poi di quando lasciano il sacerdozio. Abbiamo fatto sempre tutto il possibile per loro? Abbiamo offerto loro comunque comunità e relazioni coinvolgenti, che motivano e sostengono anche la rinuncia richiesta dalla vita consacrata? È sempre e tutta colpa loro? 

- Dedicheremo spazio ai temi della revisione del nostro PEG. Aveva bisogno di un adeguamento alla pedagogia e realtà del mondo di oggi e una commissione ci sta lavorando con impegno e serietà. Ci diranno quanto già raggiunto e quanto ancora da vagliare per attualizzarlo.

- Toccheremo il tema delicato dei nostri Regolamenti facendo un poco di chiarezza tra quanto già presentato nel XX CG e quanto non ancora presentato per essere votato; quanto aggiunto perché richiesto in questi anni da interventi autorevoli del Papa e della Santa Sede e quanto dalla commissione viene proposto come nuova esposizione di argomenti già analizzati.

- Vi ascolteremo con interesse nella descrizione che avete preparato come lettura della realtà geografica affidata alla vostra animazione e al vostro governo di Provincia o di Delegazione. Sarà il toccare con mano, entrare nel cuore di quanto si sente, si pensa e si vive nelle vostre comunità locali e all’interno dei vostri Consigli. È il patrimonio più importante, più “sacro” che deve caratterizzare il compito di ascolto, di premure, di accompagnamento da parte del Consiglio generale, provinciale, di delegazione.

- Vorremmo sottolineare con particolare serietà, passione, ma contemporaneamente con determinazione, il tema della pastorale vocazionale. Tema vitale per la nostra Congregazione, ma forse non sempre o non da tutti ben capito e condiviso. Mi sembra che guardando l’occidente, come nelle famiglie si vive la denatalità per scelte volute di non più “fare” figli, così anche per la vita religiosa guanelliana, in alcune parti geografiche, mi sembra sia stato detto basta ad una animazione che possa avere lo scopo di provocare e contagiare i giovani a seguire quello che stiamo vivendo noi oggi. Non so se è una mia sensazione ma stiamo andando indietro in questo campo forse mortificati dai pochi risultati. In altre parti del mondo siamo contenti di come si vive la pastorale vocazionale o è forse giunto il tempo di un impulso anche diverso, più al passo con la cultura e la mentalità dei giovani d’oggi? Non facciamoci prendere dal numero, sempre meglio la qualità alla quale puntare nell’accompagnamento e nella formazione.

- Daremo spazio alla riflessione sulla nostra economia entrando dentro questa realtà, spesso ostica, difficile, messa all’ultimo punto nella scala dei valori, ma oggi più che in altri tempi urgente, necessaria, da tenere sotto controllo e amministrare con oculatezza e precisione. Il criterio della sostenibilità economica di una casa, di un Centro, non può più non essere tenuto presente fin dall’inizio del nostro discernimento di superiori, anche se per essa, dobbiamo dire per il momento dei no risoluti e senza mezzi termini a nuove aperture, a ristrutturazioni radicali o ad altro. 

- Ancora insieme daremo uno sguardo programmatico al prossimo XXI Capitolo generale. È l’appuntamento più qualificato del nostro cammino di Congregazione per cui va preparato il meglio possibile. Con voi incominciamo a dire: dove farlo, quando farlo, in quanto tempo celebrarlo, con quale tema viverlo. Poi il Consiglio generale farà le sue dovute scelte definitive.

- Un altro tema che affronteremo nel nostro raduno è lo sguardo alle nostre relazioni sia sul tema dell’animazione sia su quello del governo. Non possiamo dire che siano sempre state perfette, ma la perfezione è solo degli angeli e del paradiso. Abbiamo certamente bisogno di correzioni senza dubbio e questo incontro serve anche per questo.  Il bene che ci deve animare non sono i risultati a favore delle nostre persone, ma della Congregazione che ci è stata affidata dalla Provvidenza e dai confratelli per accompagnarla sui percorsi di Dio.

B. TEMA SUI GIOVANI CONFRATELLI

 

“Lo sguardo attento di chi è stato chiamato ad essere padre, pastore e guida dei giovani consiste nell’individuare la piccola fiamma che continua ad ardere, la canna che sembra spezzarsi ma non si è ancora rotta (cfr Is 42,3). È la capacità di individuare percorsi dove altri vedono solo muri, è il saper riconoscere possibilità dove altri vedono solo pericoli. Così è lo sguardo di Dio Padre, capace di valorizzare e alimentare i germi di bene seminati nel cuore dei giovani. Il cuore di ogni giovane deve pertanto essere considerato “terra sacra”, portatore di semi di vita divina e davanti al quale dobbiamo “toglierci i sandali” per poterci avvicinare e approfondire il Mistero” (n. 67 della Christus vivit). 

Il Padre generale ha messo in evidenza quanto raccolto nelle sue visite alle comunità e negli incontri personali con i confratelli, in riferimento al tema dei giovani confratelli. 

Cosa pensano i confratelli di media e alta età nei confronti dei giovani inseriti nelle loro comunità? 

Certamente l’esposizione è stata generica; non è per tutti così, spesso è la posizione di uno, due confratelli o di una comunità. Il Superiore ha assicurato però che le ha riportate abbastanza fedelmente come le aveva ascoltate e registrate, senza la pretesa, che comunque sarebbe errata, di definire con queste espressioni i nostri confratelli guanelliani giovani. Certamente il mettere in evidenza cosa nel pensiero dei confratelli delle nostre comunità alberga come rilievo, sottolineatura nei confronti dei giovani confratelli, è già una prima lettura, seppur parziale, della situazione di fatto che vige nelle nostre comunità religiose di Congregazione. È toccato poi all’Assemblea, insieme, cogliere quello che, anche secondo il punto di vista e la esperienza diretta dei Provinciali e Delegati, poteva divenire una lettura più aderente alla realtà delle nostre comunità e quella invece che poteva essere l’esperienza o la situazione personale di qualche confratello. 

È seguita l’analisi fatta dal Superiore generale. Non la pubblichiamo perché avrebbe bisogno di una presentazione attenta e di un accompagnamento alla lettura particolare. Il superiore troverà il modo in questo anno di offrire degli spunti di riflessione a partire proprio dai rilievi raccolti.

 

C. PISTE CHE HANNO AIUTATO LA RIFLESSIONE SUL TEMA DEI GIOVANI

 

1) Come riconosce la Conferenza dei religiosi del Messico, gli uomini e le donne di oggi - senza distinzione di età, nazionalità, lingua, educazione, professione, appartenenza religiosa, affiliazione politica - cercano in ogni luogo e con ogni mezzo a disposizione una religione fatta “su misura” dove tutto vada d’accordo con gusti diversi. La VC non può non tenere presente questa struttura nei confronti dei suoi religiosi giovani!

2) Il peso delle strutture e opere. Una delle realtà che produce maggiore disagio nei giovani religiosi è il sentire che è loro buttato addosso il peso di opere complesse da portare avanti, con scarsa attenzione alla evangelizzazione, con poco spazio per la risposta ai nuovi bisogni pastorali, con insufficiente impegno per rispondere alle sfide attuali. Come aiutarli in questa situazione?

3) La piramide dell’età della congregazione, quasi sempre invertita. Essa fa sentire ai giovani che sono pochi e che dovrebbero caricare su di loro le difficoltà dell’invecchiamento. Senza un nuovo modo di gestire le opere, senza il ridisegno delle presenze, senza il ridimensionamento dei fronti d’impegno non c’è prospettiva di futuro, non c’è spazio per il nuovo, non c’è possibilità di assumere responsabilmente la missione; non c’è speranza per i giovani religiosi. A loro non pesa la transazione quanto la stagnazione che non sa individuare una strategia per superare questi problemi, provocando pessimismo. 

4)  La loro fragilità. I giovani devono fare i conti anche con la loro fragilità che si fa presente nelle uscite, non di rado inaspettate e clamorose o nella necessità sempre crescente di ricorrere a terapie psicologiche. Uscite che spesso si decidono all’insaputa dei formatori o dei responsabili, si collocano al di fuori di ogni accompagnamento e discernimento e per questo creano un malessere nell’ambiente. Uscite e terapie psicologiche che sembrano risvegliare tutte le incertezze della società nei confronti della VC: che senso ha questa vita? Quale è il suo futuro? Dove trovare la gioia per viverla?

5) Bisogno di vicinanza e chiarezza. I nostri giovani provati dal senso della loro debolezza e fragilità di essere giovani religiosi di una congregazione invecchiata, sentono il bisogno di vicinanza, comprensione, affetto, ma anche di chiarezza, di accompagnamento, di proposte esplicite e di precisi traguardi da raggiungere nel cammino personale, indicati dai formatori e dai superiori. Li stiamo sostenendo in tal senso?                                                                                  

6) Mediocrità della vita spirituale. “Accanto allo slancio vitale, capace di testimonianza e di donazione fino al martirio, la VC conosce anche l’insidia della mediocrità nella vita spirituale, dell’imborghesimento progressivo e della mentalità consumistica. La complessa conduzione delle opere, pur richiesta dalle nuove esigenze sociali e dalle normative degli Stati, insieme alla tentazione dell’efficientismo e dell’attivismo, rischia di offuscare l’originalità evangelica e di indebolire le motivazioni spirituali. Il prevalere di progetti personali su quelli comunitari può intaccare profondamente la comunione fraterna” (Ripartire da Cristo n.12). Da qui spesso il rifiuto di tutto quanto possa far riferimento alla rinuncia e alla mortificazione. Si cerca una pastorale gratificante. Lo studio è visto non in funzione della qualificazione per la missione della congregazione, ma come mezzo di riuscita personale, per stare al passo degli altri.

7) Il tesoro del proprio cuore. Il legame affettivo ed effettivo con il Signore Gesù nella congregazione si trova oggi in difficoltà tra i giovani religiosi: esso non matura sino a diventare il centro del cuore. Si ha l’impressione che il legame con i confratelli della congregazione o con i compagni di formazione sia più forte di quello con il Signore Gesù e con la congregazione stessa. Tre possibili ragioni: infantilismo, fragilità affettiva, senso del gruppo degli amici. Non è raro che si formino gruppi di amici dove si maturano e prendono decisioni insieme, per cui il legame con gli amici o compagni diventa più forte del legame con la congregazione. Siamo, invece, chiamati a seguire Gesù come Pietro, senza badare alla sorte del Discepolo Amato (Gv.21, 20-22). La vocazione è innanzitutto un atto personale, non trasferibile, non condizionato da quello che gli altri possano o vogliono fare. La comunione che si genera fra noi, aldilà delle affinità, è frutto del rapporto con il Signore.

 

P. Umberto