L’Insegnamento della Religione Cattolica nelle scuole italiane: un’occasione di crescita a 360 gradi. Dietro ai numeri delle statistiche, l’esperienza personale dell’autore di questo articolo
di don Salvatore Alletto
Tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo avuto sulla bocca un’esclamazione molto comune: «Non c’è più religione!», magari di fronte a qualche vistoso cambiamento sociale oppure a qualche episodio di dubbia moralità. Non è questo però (per fortuna!) il caso dell’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC) nelle scuole italiane. La religione continua a esserci, a essere insegnata e a essere scelta. Dal 1984, ovvero da quarant’anni, questo insegnamento non è più obbligatorio, così va liberamente scelto dai genitori e dagli studenti all’atto delle iscrizioni.
È del mese di gennaio 2024 la pubblicazione dei dati di tutti gli studenti che si avvalgono dell’IRC. I dati relativi all’anno scolastico 2021/22 ci riportano una certa stabilità, con una lieve crescita complessiva degli studenti che scelgono di frequentare l’IRC (i cosiddetti “avvalentisi”) e la loro media nazionale è pari all’84,44%; nel dettaglio l’88,24% è presente nella scuola dell’infanzia, l’88,21% nella scuola primaria, l’85,58% nella scuola secondaria di I grado (scuole medie) e il 78,30% nella scuola secondaria di II grado (scuole superiori). Di conseguenza, i “non avvalentesi” sono stati in media il 15,56%: circa 1 su 10 nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, 1 su 7 nella scuola secondaria di I grado e 1 su 5 nella scuola secondaria di II grado.
Ma è interessante anche notare come il dato degli “avvalentisi” varia da regione a regione. Passiamo dal 96% delle regioni del sud, all’84% delle regioni del centro per arrivare al 76% del nord. Stando alle percentuali, in un liceo del nord Italia 1 studente su 3 non si avvale dell’IRC. In un istituto superiore del Sud è facile avere invece classi intere che si avvalgono dell’IRC (solo il 4% sceglie di non avvalersi).
È evidente come il dato degli adolescenti che scelgono di avvalersi dell’Insegnamento della Religione Cattolica è inferiore a quello degli studenti degli altri ordini di scuola, ma resta sempre un fatto significativo questa scelta, proprio perché la maggior parte di questi ragazzi è lontana dai percorsi della parrocchia, dell’oratorio e dei gruppi o movimenti ecclesiali. Vale a dire che l’insegnamento della religione nelle scuole risulta essere una possibilità di educare alla “vita buona del Vangelo” al di fuori dei classici contesti pastorali. I ragazzi scelgono l’IRC in autonomia o aiutati dai genitori, perché credono nella proposta educativa di quell’ora settimanale in cui ascoltare qualcosa che non troverebbero in altre lezioni o in altri contesti.
L’IRC, lungi da essere un percorso catechistico, è una disciplina scolastica aperta, aggiornata dal punto di vista pedagogico e didattico, adeguata all’oggi, attenta ai bisogni educativi delle persone e condotta nel rispetto più assoluto della libertà di coscienza di ognuno. Lo hanno ripetuto i vescovi italiani, inviando a tutti i genitori e ai ragazzi una lettera per caldeggiare di avvalersi dell’IRC. Essi sottolineano nelle loro parole che l’Insegnamento della Religione Cattolica è frutto di un’alleanza educativa fra Stato, Chiesa cattolica, insegnanti, genitori, famiglie, nonché esperienze della società civile ed ecclesiale. È un laboratorio di umanità, di cittadinanza, di crescita integrale, di formazione della propria coscienza, sempre nel rispetto della libertà di ciascuno. L’IRC risulta essere un valido momento di studio e di dialogo, ma soprattutto una occasione per instaurare una relazione tra studenti e insegnanti, facendo sì che si possano intercettare tematiche culturali ed esistenziali altrimenti non trattate dalla scuola.
L’IRC risulta essere oggi un baluardo per contrastare l’ignoranza e l’indifferenza religiosa. Durante l’ora di religione non si fa proselitismo, ma si offrono contenuti, esperienze, temi, interrogativi che fanno parte della tradizione e della storia della nostra civiltà. Capire la società in cui viviamo, conoscere il mondo e le sue radici diventa davvero difficile, se non impossibile, senza una formazione religiosa e spirituale. È questo l’obiettivo di ogni insegnante di religione cattolica, che da buon educatore tira fuori il meglio dai suoi alunni per condurli a fare delle scelte libere e consapevoli.
Anche il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, in occasione della recente firma dell’intesa che ha dato il via libera al concorso per i docenti di religione cattolica nella scuola statale, ha avuto parole di stima e ringraziamento per tutti gli insegnanti di religione, sottolineando il fatto che «accanto a questi ragazzi la Chiesa cattolica, in una alleanza educativa con la scuola, mette in campo docenti di cui si riconoscono la preparazione e la disponibilità e ai quali si vuole esprimere gratitudine e sostegno. Sono educatori preparati e appassionati che arricchiscono l’esperienza scolastica con un’occasione unica di dialogo, approfondimento culturale e confronto interdisciplinare».
Quanto detto dimostra che «c’è ancora religione», ovvero che l’Insegnamento della Religione Cattolica in Italia è vivo e risulta essere un’occasione unica per farsi “Chiesa in uscita” e raggiungere bambini, ragazzi, famiglie e giovani lontani dai circuiti ecclesiali, comunicando loro i valori del Vangelo validi per ogni uomo e per ogni tempo.