Inaugurata la nuova sede della Comunità Arco di Riva San Vitale, centro socioterapeutico residenziale, unico nella Svizzera italiana
Il prossimo anno, nel 2026, l’Istituto Canisio di Riva San Vitale, dal 2024 sotto le ali della Fondazione don Guanella, compirà il secolo di fondazione. Una storia dunque quasi centenaria che ha avuto un suo primo motivo di festa: l’inaugurazione, martedì 28 gennaio, della nuova sede della Comunità ‘Arco’, il centro socioterapeutico residenziale, unico di questo tipo nella Svizzera italiana e dedicato ad adolescenti (fra i 15 e i 18 anni) che affrontano fragilità psicologiche.
«Un evento – come ha rimarcato il direttore, Simone Maritan, durante il taglio del nastro – non solo formale, ma simbolo di impegno e dedizione di tanti educatori ed educatrici verso la cura e il benessere dei nostri giovani. La nuova sede è così la testimonianza tangibile dell’impegno comune delle istituzioni per offrire un ambiente sicuro, accogliente e terapeutico per i minori che ci sono affidati. Il crescente numero di richieste che ci giungono ci fa pensare che oggi più che mai questa comunità sia una risposta concreta ai bisogni del territorio ticinese».
Fra disagi e isolamento
La struttura potrà accogliere 9 ragazze e ragazzi in internato e uno in esternato diurno. Oltre a ciò, 4 posti in progressione di cui 2 nella casetta di Arco e 2 negli appartamenti Freccia. Completa l’offerta della comunità il Progetto Ph2020 che prevede “la presa in carico di 5 ragazzi in ritiro sociale direttamente con un intervento al domicilio, i cosiddetti ‘hikikomori’, quei giovani cioè che abbandonano scuola o lavoro e si sottraggono via via alle relazioni sociali, alle sfide evolutive e alle proprie responsabilità trascorrendo la quotidianità all’interno della propria camera, in totale o parziale isolamento”.
«Dal 2013 – ha evidenziato il direttore non dimenticando di citare Stefano Artaria a cui va la paternità del progetto – sono 69 le ragazze e i ragazzi accolti dalla comunità e molti di più sono se consideriamo anche quelli per cui abbiamo offerto una consulenza per valutarne il possibile collocamento».
Cura e benedizione
Un momento, quindi, di amicizia e di festa, come sottolineato dal presidente, don Alessandro Allegra, «che ben evidenzia la bellezza del luogo, avvolto infatti in un piacevole parco, ma soprattutto dispensatore di cura, supporto, familiarità, inclusione e condivisione». Un’immagine ripresa dal consigliere di Stato Raffaele De Rosa che ha citato il particolare momento di celebrazione «di un punto di riferimento e di servizio determinante. Era, infatti, importante offrire di più ai giovani che vivono un periodo complesso e delicato. In questa casa troviamo un’offerta interdisciplinare e una dimensione che contempla non solo la salute, ma anche l’ambito sociale, educativo, spirituale e intimo di ogni giovane ospite».
Lo stesso amministratore apostolico, monsignor Alain de Raemy, ha accennato a due parole fondamentali in un contesto come questo: la cura e la benedizione, «il dire bene di chi si impegna e si dedica al prossimo attraverso opere di carità cristiana».