Papa Benedetto XVI ha canonizzato don Luigi Guanella, fondatore dell’Opera che porta il suo nome, santo tra gli ultimi, campione della fede e della carità, sacerdote al servizio di poveri, disabili, orfani. Un uomo che ha scelto di stare con i più deboli da sempre, cresciuto in una famiglia che contava altri undici tra fratelli e sorelle, ammirato da sempre da quel padre, Lorenzo, severo e autoritario, che per ben ventiquattro anni impegnò la sua vita per gli altri, per la sua comunità, come sindaco del paese (Fraciscio di Campodolino - Sondrio). L'incontro con don Bosco, e un momentaneo avvicinamento ai Salesiani tra il 1875 e il 1878, lo proietteranno concretamente verso quella missione sacerdotale della carità, prima con un piccolo gruppo di giovani donne, con le quali inizierà ad assistere orfani e bambini, poi, con gruppi più organizzati, spalancando il cuore a bisognosi di ogni genere, invadendo la Svizzera, gli Stati Uniti, approdando anche a Roma, ove decisiva sarà l'amicizia di papa Pio X.
In quei tempi, ma anche oggi, davanti a stature così alte, così impegnate per gli altri, senza se e senza ma, veniva da dire “o è santo o è un matto”; alla prova dei tempi correnti, dopo una storia di tanta concretezza e di opere vere, di risposte maturate dall’amore, è più facile dire che è stato un Santo, uomo di Dio, personalità carismatica di quelle, come don Bosco, don Orione, che hanno fatto dell’amore per gli ultimi il senso dell’essere cristiano, dell’essere sacerdote di Cristo. Un carisma intervenuto nella storia, quindi, “dono dello Spirito Santo – per dirla con don Luigi Giussani - che stabilisce e determina per ciascuno di noi nella Chiesa una dimora concreta, una compagnia umana che rende più attraente il cammino verso Dio”.
Don Guanella è stato proprio questo, una delle tante modalità con cui lo Spirito Santo è intervenuto nella storia, con le sue opere sociali, ma anche con le sue opere spirituali, fondatore delle Figlie di Santa Maria della Provvidenza e del corrispondente ramo maschile, i Servi della Carità (opera don Guanella – più conosciuti come “guanelliani”). Il santo degli emarginati, dei giovani, degli ammalati, degli anziani, dei ritardati mentali, dei diversi, dei sofferenti in genere. A tutti, e in modo particolare ai malati mentali, a quelli che non hanno voce in capitolo, a quelli che non si sanno difendere, che, apparentemente, non pensano e dicono, ha dedicato tutta la sua attenzione di padre e di sacerdote, di missionario e di pastore. “Il nostro ministero – scriveva – ha per scopo la salvezza, il bene, la santificazione delle anime; ha per fine anche, buon mezzo al primo scopo, il sollievo dei bisogni corporali, il ricovero degli abbandonati e bisognosi per cui il mondo non ha una gioia e un sorriso”.
Un insegnamento, quello proposto da don Guanella, che vale ancora oggi, una nuova pedagogia per il sociale del tutto innovativa, un modello di presa in carico che non considera solo il bisogno corporale, l’esigenza strettamente fisiologica di assistenza, quanto la propensione, naturale, dell’uomo a trascendersi, a proiettarsi verso quel benessere spirituale, molto spesso dimenticato da una moderna società del consumismo, spietatamente individualista. La straordinarietà di uomini così è proprio nella loro capacità di proporre soluzioni innovative, rispondenti ai tempi, con proposte educative ed assistenziali attente alla persona, più che all’individuo.
Don Guanella aveva condannato aspramente i manicomi, denunciato ogni forma di reclusione protettiva, escludente; per i disabili mentali chiedeva integrazione sociale, rispetto, dignità, impegno di tutti. Al di là della malattia, c'è la famiglia, c'è un figlio che vuole stare con gli altri, c’è la sua anima, ma soprattutto la sua filiazione a Dio. E don Guanella aveva più volte ribadito la necessità di proteggere le famiglie, di condividere con loro la presa in carico di questi figli, la necessità del sostenerle in quest'opera delicata, perché i disabili mentali hanno “il diritto di crescere, vivere e morire dentro le pareti del domestico focolare”. In ciò la forza del suo carisma, dei suoi insegnamenti, concepire l’uomo come protagonista di un disegno più grande, d’amore e di salvezza.
Oggi i seguaci di don Guanella proseguono l’opera del fondatore in 192 case di assistenza e di accoglienza gestite complessivamente dal ramo maschile o femminile e distribuite in Italia e all’estero. Così Mon. Gianfranco Ravasi, in un suo commento apparso sul Sole 24 Ore (26.10.2011): “vorrei evocare (anche per una mia esperienza diretta) la straordinaria attenzione rivolta dai Guanelliani ai malati mentali: a Roma in una loro grande struttura ho potuto scoprire la finezza e l'originalità del loro impegno nel seguire questo orizzonte così drammatico della sofferenza umana”. E dal primo congresso nazionale organizzato dai Guanelliani di Roma, dal titolo “Le nuove frontiere della disabilità intellettiva: tra scienza e amore”, svoltosi agli inizi di ottobre 2011, in Campidoglio a Roma (Sala della Protomoteca), a proposito della disabilità mentale, è emerso un messaggio chiaro e diretto: “non assistenza, ma qualità di vita”. “I disabili mentali – ha detto il prof. Bertelli (Presidente della sezione Psichiatria della Disabilità Intellettiva della Società Mondiale di Psichiatria e consulente dell’OMS, nonché fondatore della Associazione Italiana per lo studio della Qualità di vita) - non vogliono essere considerati pazienti, ma cittadini con gli stessi diritti e doveri di tutti, con la possibilità piena di avere influenza non solo sulla propria vita, ma anche sullo sviluppo della comunità in cui vivono”. Un commento che deve diventare per le istituzioni un impegno, un proclama che è un’invocazione a tutta la comunità, perché i disabili, come i poveri, gli emarginati, costituiscono per tutti un’opportunità per sentirsi utili, realizzati, pienamente edificati; perché chi soffre ha già vinto, era solito ripetere don Luigi Guanella.
( a cura di Emiliano Fiore - FOAI - 2011)