Sono rifiutati dalla famiglia. Esclusi dalla società. Nella Repubblica Democratica del Congo, i ragazzi disabili mentali vivono una condizione di marginalità. Per loro non esiste una rete di strutture pubbliche. Così diventano gli ultimi degli ultimi. Da alcuni anni però al loro fianco sono scesi i padri Guanelliani, una piccola congregazione religiosa fondata tra l’800 e il ‘900 da don Luigi Guanella, un sacerdote italiano.
“Il sostegno ai disabili - spiega a Fides fratel Franco Lain - è una parte importante del nostro carisma, ma l’impegno a favore dei ragazzi disabili mentali in Congo è nato quasi per caso agli inizi degli anni Duemila. Da tempo, ci occupavamo dei ragazzi di strada a Kinshasa, la capitale del Paese. Li raccoglievamo e offrivamo loro cure, assistenza e cercavamo di reinserirli in famiglia o di renderli autonomi attraverso il lavoro. Alcuni di questi ragazzi soffrivano di disturbi mentali legati a traumi (incidenti, percosse, ecc.), epilessia, disagio. Le famiglie li rifiutavano ed era difficile reinserirli in società. Abbiamo così deciso di intervenire”.
I Guanelliani hanno un tenuta al Plateau de Bateke, un ambiente agricolo, con molti piccoli villaggi a 100 km da Kinshasa. È un luogo sereno, lontano dalla vita frenetica della capitale. Trasferiscono un primo gruppo di ragazzi disabili e iniziano con loro un percorso di riabilitazione (attualmente sono 25 gli ospiti della struttura). “Le condizioni di vita di queste persone sono drammatiche”, continua fratel Lain. “Credenze locali e la predicazione delle sette (purtroppo anche quelle che si definiscono cristiane) li accusano di essere legati agli spiriti malvagi e di essere portatori di disgrazie. Per questo vengono allontanati dalle loro comunità. Sono picchiati. A volte, bruciati vivi”.
Nella Repubblica Democratica del Congo, ci sono solo sei ospedali psichiatrici con 500 posti lett. Mancano anche i medici e gli infermieri: ci sono solo 34 neuropsichiatri e 33 psichiatri. Quasi tutti questi professionisti della salute mentale lavorano nella capitale, pochi a nessuno nelle aree rurali.
I padri Guanelliani accolgono i ragazzi che sono spaventati e fragili: “È necessario assicurare loro - sottolinea fratel Lain - un ambiente che trasmetta serenità e fiducia. La località in cui li accogliamo ci favorisce perché non ha muri né reti, intorno c’è solo campagna. Le persone che li accudiscono li trattano con dolcezza. In questo modo gli ospiti si sentono a casa”.
Poi vengono avviati al lavoro. “Cerchiamo di capire le attitudini di ciascuno - specifica il Guanelliano - e di avviarli alle attività che loro preferiscono: agricoltura, allevamento, artigianato. Sono piccoli lavori, ma li aiutano a recuperare fiducia in sé stessi, cercando di reinserirli nella società”.
I Guanelliani si stanno interrogando sul futuro della struttura e su come proseguire la loro opera con ragazzi che stanno diventando uomini. “Stiamo progettando di coltivare a manioca i campi intorno alla comunità e di costruire un mulino per produrre farina”, spiega fratel Lain. Il progetto però è ancora solo sulla carta. La situazione politica e sociale della nazione non offre le garanzie necessarie per creare qualcosa di nuovo. “Speriamo che il prossimo futuro ci regali una maggiore stabilità che ci permetta di portare avanti le nostre idee”, conclude. (EC) (16/6/2018)

Fonte - (Agenzia Fides) - http://www.fides.org