Sono passati 125 anni da quando don Luigi, su invito pressante e ripetuto, della nuova Congregazione dei Religiosi, nata come Congregazione a Roma nel 1902, si convince ad acquistare questa filanda di Lora al prezzo di 45 mila lire per trasferirvi le sue suore finora nella casa Divina Provvidenza in Como con i suoi preti.
Sappiamo come la sua volontà e progetto in quel momento fosse un altro: una unica famiglia insieme, non legata dai voti, ma dal solo vincolo di carità. La sua obbedienza alla chiesa si manifesta, anche questa volta, nella scelta di dividere i suoi eredi spirituali in due Congregazioni distinte: maschile a Como, femminile a Lora. Quel progetto originalissimo, allora, all’inizio del novecento, ha bisogno di tempo, di percorsi di discernimento, di valutazione da parte della Chiesa. In quegli anni è un progetto profetico per la storia della chiesa, un prevedere quello che sarà poi stile normale di scelte in futuro. E infatti oggi si sta realizzando in molte parti del mondo ecclesiale con tanti frutti ed esperienze di integrazione e promozione vicendevole davvero invidiabili.
La fatica, poi, per le difficoltà economiche nell’affrontare la spesa dell’acquisto della Binda, e la serenità con la quale decide questo tema non ci meravigliano più, dopo l’esperienza dell’acquisto della Casa Divina Provvidenza in Como, con pochi spiccioli. Don Guanella è un uomo di fede, ha fiducia in Dio che non lo abbandona mai, anche se molto spesso, gli fa percorrere il sentiero della prova, della fatica, delle male figure davanti agli uomini del mondo. E’ la così detta prova degli innamorati, come afferma la Sacra Scrittura, che stempera nel crogiuolo del fuoco chi ama. Per don Guanella tutto questo diventa normale. La cosa più importante è: non perdere la faccia davanti a Dio. Tutto si può mettere in discussione nella sua vita, non la fede nella Divina Provvidenza di Dio!
Brevissimamente questa è la storia della nascita di questa Opera di Lora, il perché ci troviamo qui questa sera, in questa Casa, tra noi Figlie, Figli e suoi prediletti. Vogliamo infatti dire grazie al Signore prima di tutto per averci fatto incrociare sui sentieri della nostra vita don Luigi Guanella, questo campione nella fede che ci ha così attratti e conquistati da farci consacrare a Dio, per le sue opere e i suoi poveri, tutto di noi stessi e per sempre. Dire grazie a Dio per le consorelle che sono passate in questi 125 anni in questa casa per il servizio della carità. Sono molte e tutte, nessuna esclusa, significative, importanti, portatrice di un messaggio di bene e di promozione.
Se ora interroghiamo la Parola di Dio di questa 26 Domenica del T.O. essa offre alla nostra considerazione due termini che vorrei analizzare brevemente con voi: Fede e Servizio.
Nella prima lettura il profeta Abacuc ci presenta la situazione di ogni risposta di Dio: è frutto di una invocazione dell’uomo povero, infelice, bisognoso: “Il povero invoca e Dio lo ascolta”. Direi che è anche la situazione della nascita di ogni carisma nella chiesa e nel mondo. Il povero grida a Dio la sua miseria e Dio risponde inviando come risposta un uomo, una donna, una Congregazione che sia la soluzione concreta e amorevole a questa supplica. Questa risposta di Dio è sicura, ci sarà sempre. Abacuc ce lo ha confermato: “…è una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mentisce; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà”.
E’ la stessa esperienza di questa Casa di Lora, la vostra Casa Madre care Sorelle, di cui oggi ricordiamo il 125 della apertura. La supplica, di una società della Lombardia bisognosa di tutto, sale incessantemente a Dio. Dio ascolta e come per Mosè, anche per don Guanella, c’è un invito a farsi risposta di soccorso a questi bisogni. Ecco mando te nel mio nome perché tu esprima la carità del mio cuore di Padre desideroso di alleviare le umane miserie di ciascuno di loro. “Ed egli rispose, dicono le Costituzioni dei SdC al n. 1, con l’offerta di tutta la sua vita: guidato da voci interiori e da segni di grazia, percorse le vie della provvidenza e divenne padre di molti discepoli”.
Don Guanella che ebbe dinnanzi a se e sperimentò nel primo periodo di ministero pastorale, un tipo di bisogni, di forme di povertà, malattie diffuse nella società contadina e nelle comunità montane ad economia pastorizia, dove però il valore della solidarietà familiare riusciva a coprire le esigenze dei più poveri, ora a Como, si trova di fronte ad una molteplicità e varietà di problemi e di povertà che esigono risposte da lui, senza il soccorso degli altri, della società. Forme di povertà nuove che provengono dalle mancanze di ogni sicurezza per la vita del domani, dalla incertezza delle risorse, dall’accentuarsi di forme di emarginazione sociale, problemi igienici e sanitari, di lavoro, di istruzione, di formazione professionale dei giovani, dell’avviamento al lavoro delle ragazze e delle orfane, di assistenza spirituale delle giovani domestiche e tante altre.
Rispondendo alla chiamata di Dio, don Guanella, sente di dover intervenire operando con una rete di iniziative e di istituzioni che coprono, lo possiamo dire con orgoglio di figlie/i, ogni forma di necessità, di emarginazione, di bisogno che egli, illuminato da Dio, scorge nella società del suo tempo. E’ davvero un grande il nostro Fondatore!
Scrive sulla Divina Provvidenza del febbraio del 1897: “…Voi sapete cari lettori quante volte ci siamo lamentati di non poter soddisfare alle molte, continue, incessanti domande di ricovero. Sanno pure che queste domande ci sono rivolte da tutte le parti e da ogni ceto di persone. Ora è un parroco che ci scrive, perché quattro o cinque figliuoletti sono rimasti senza padre e senza madre; ora il sindaco di un paese che ci raccomanda la tenera prole di genitori che sono in prigione; alle volte è la questura che ci conduce ragazzi di ignoti, raccolti per le vie; e non mancano figli che ci affidano i loro vecchi infermi, cui non possono prestare soccorso; bene spesso sono giovani, adulti,
sposati d’ogni condizione che vengono da noi per essere salvati da uno stato che li ha ridotti alla disperazione...”
E più avanti è lui stesso che descrive queste suppliche e i suoi sentimenti di ansia, di dolore nel non poter accettare tutte le richieste che gli venivano presentate.
“…Bisogna vedere come si dipinge su quei volti rifiniti, la sorpresa, l’incredulità e la desolazione! Sono momenti che si vorrebbe non essere ne’ nostri panni, momenti che ci strappano gemiti di commiserazione, veri schianti di cuore! Ci furono giovani, che, al nostro rifiuto, dovettero appoggiarsi per non cadere; vedove che, stringendosi al seno i loro figlioletti, ci guardarono a lungo, con occhi inebetiti; uomini fatti che se n’andarono con con passo così legato, così barcollante, che davano a conoscere come stessero di dentro: «Che farò io – esclamò con voce straziante un povero padre – di questa scema? Sono a bottega tutto il giorno, il vicinato si lamenta, a scuola non me la prendono: ma dica, dica lei, lo dica per carità, se precipita dalla finestra, se la mi cade nel pozzo, se alcuno ne abusasse... ne avrò colpa io? Non mi dica di no, via, me la prenda: una bocca di più, una bocca di meno per lei è un niente, per me...».
Di fronte a casi così lacrimevoli, non si poteva restare più a lungo indifferenti; come non si poteva alzare gli occhi alla Binda che ci guarda in casa, senza sentirsi spinti a comperarla, sapendo ch’era in vendita. E ci lusinghiamo che nessuno vorrà biasimare il nostro Direttore, se, privo di mezzi, non seppe resistere allo strazio di tanti derelitti bisognosi di ricovero, e all’invito di tanti locali vuoti: gli parve quella doppia circostanza una via del Signore e la volle seguire : espose nella chiesa del sacro Cuore un quadro al grande taumaturgo Sant’Antonio di Padova: fece pregare, pregare, pregare: poi, col cuore in Dio, si mise dentro nel nuovo acquisto, ripetendo a chi sollevava difficoltà e metteva in campo dubbi, il sacro detto: Picchiate e vi sarà aperto. Chiedete e vi sarà dato”
Don Guanella aveva un cuore grande, quanto l’Arca di Noè, eppure a tanti doveva dire con grande sofferenza: non c’è più posto!
Nella seconda lettura Paolo ci ricorda di ravvivare il dono ricevuto da Dio. Certo egli parlava del ministero ordinato di Timoteo, ma noi possiamo, oggi, pastoralmente, leggerlo in dimensione di carisma: dono di Dio all’uomo per gli uomini! Noi siamo depositari di un dono pensato, voluto, costruito dalla mente creatrice di Dio e a noi offerto nel carisma guanelliano per un servizio di promozione dei fratelli, non per noi, ma per gli altri, i poveri, gli ultimi, quelli che non hanno nessuno, quelli che in modo più evidente portano impressa l’immagine del Figlio di Dio, che da ricco si è fatto povero e sofferente per amore nostro. Per loro noi viviamo, per loro noi siamo nel mondo, abbiamo uno scopo nella vita.
Questa casa ci permette, come le altre dell’Opera, di vivere l’essere dono di Dio alle sorelle, ai fratelli che qui e altrove sono accolti, amati, serviti.
Vorrei, quasi parafrasando la seconda lettura, care sorelle e fratelli che anche noi come Timoteo con Paolo, ci mettessimo oggi in ascolto anche noi di don Guanella, nostro padre Fondatore che, attraverso la Lettura di Paolo ripete a ciascuno di noi,: “…prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci, mediante lo Spirito Santo, che abita in voi, il dono prezioso che ti è stato affidato”.
Carissimi, quante nonne sono passate in questa casa in questi 125 anni! Quante ne passeranno ancora nel tempo e nella storia! Fate in modo che il programma, scoperto in un vostro Capitolo generale del passato, risplenda ogni giorno in ogni vostra relazione: “I poveri non siano solo al centro delle nostre case delle nostre attenzioni e delle nostre premure, ma vivano al centro del nostro cuore come dono ricevuto da Dio da amare e servire”.
Dal Vangelo colgo solo l’augurio della parte finale: “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”.
Sono 125 anni che si lavora, si prega, di serve, si ama, si soffre e si muore in questa casa. Abbiamo già fatto tutto quello che dovevamo fare? Il vangelo ci dice di no!
Il cardinal Martini commentando questo brano evangelico affermava: preferisco al termine servi inutili, quello di servi senza utile. Niente infatti davanti a Dio è inutile, perché tutto è da Lui riconosciuto come impegno, sforzo, fatica, sacrificio di bene, anche le nostre infedeltà e il nostro peccato sono frutto di debolezza, di disattenzione non certo di mancanza di amore nei suoi confronti. Quello che è stato celebrato in questi 125 anni in questa casa ha tutto un senso, un perché, un valore. Niente è stato inutile!
Ed è vero anche per noi guanelliani questo principio: la carità che siamo chiamati a vivere nei confronti degli ultimi non può essere considerato inutile agli occhi di Dio, ce li ha affidati Lui, è suo progetto, siamo da Lui inviati proprio per fare questo: essere servi dell’amore di Dio per i più poveri. Ma lo facciamo senza utile, senza interesse, senza pretendere ricompense, salari, soddisfazioni anche umane per cui ci sentiamo maggiormente incoraggiati a continuare, ma solo pensando che lo sto facendo per Lui, per il tutto della mia vita. La ricompensa me la darà Lui solo e alla fine, in Paradiso. Per questo lavoriamo, fatichiamo, soffriamo, speriamo: per il Paradiso come ricompensa!
E allora capiamo quella invocazione continua e ricca di sentimento del Fondatore sul letto di morte: Paradiso! Paradiso! Voglio andare in Paradiso!
Aveva vissuto una vita intera di stenti, di fatica, di prove dolorose, di amore, di speranza in attesa di quel momento, di quell’incontro. Ora era giunto, niente lo poteva più distogliere da quell’appuntamento.
Il mio augurio Sorelle e Fratelli è semplice: Serve/i, sempre, del Vangelo della carità, come don Guanella, come suor Chiara, come quelli che ci hanno preceduto annunciandoci la bellezza del donarci agli ultimi per amore di Dio.
Auguri e buon cammino verso il 150 della vostra Casa madre!