Tra Giovanni Battista Montini e l’Opera Don Guanella vi fu una «intesa reciproca di pensiero e di affetto». Ricordiamo con gratitudine la sua figura eccelsa di pastore e di maestro. 

di don Gabriele Cantaluppi

L’elezione del cardinale Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano, a sommo pontefice il 21 giugno 1963, sessant’anni fa, a pochi suscitò meraviglia, specialmente a coloro che conoscevano il suo alto impegno di collaboratore di Pio XII.

Tra i numerosi “profeti” della sua elezione vi fu anche il suo predecessore Giovanni XXIII, quando era patriarca di Venezia. Con la consueta arguzia, parlando ai familiari, Roncalli disse: «Ora che sono cardinale, non mi resterebbe che il papato, ma il prossimo papa sarà l’arcivescovo di Milano». Precedette Montini perché all’apertura del conclave del 1958 questi non era ancora cardinale; ma a lui per primo diede la porpora il successivo 15 dicembre 1958, un mese e mezzo dopo l’elezione al soglio pontificio. 

Nato a Concesio, in terra bresciana, per la sua origine lombarda Paolo VI ha conosciuto certamente la figura di don Luigi Guanella nei suoi anni giovanili. Alla morte del Fondatore egli era diciottenne e in fase di discernimento verso la vocazione sacerdotale. Anche se proiettato verso un apostolato molto diverso da quello guanelliano, Montini viveva spirito e carisma di carità fin da quando, giovane sacerdote e assistente ecclesiastico della FUCI (Federazione Universitari Cattolici Italiani), si impegnava con i suoi studenti nelle povere borgate romane. 

Proiettato poi come pastore a Milano, la più grande diocesi del mondo per numero di preti, parrocchie e istituzioni, ma anche città fortemente secolarizzata e in piena espansione a causa della forte immigrazione, ebbe subito l’idea chiara di dover venire al dialogo col mondo proprio operando nel campo della carità. 

Questo timbro di carità, con alcuni elementi suoi propri, segnava Giovanni Battista Montini mentre era arcivescovo a Milano, poi sarebbe passato al suo pontificato. Esso può essere colto chiaramente in un appunto del 15 giugno 1963, il giorno prima di partire per il Conclave. 

La nota conteneva prima l’elenco dei cantieri aperti per le nuove chiese in tutta la diocesi ambrosiana; indi registrava un pro memoria per stendere una lettera a un prete in crisi; trasmetteva infine disposizioni per dare fondi all’Università Cattolica. In pratica erano le sue grandi attenzioni all’evangelizzazione, al sacerdozio, alla cultura. 

Le strade di papa Montini e quelle della Famiglia guanelliana si sono incrociate più volte. Da arcivescovo fu lui a istituire nel 1955 la parrocchia di san Gaetano a Milano, affidandola ai guanelliani e consacrando la chiesa cinque anni dopo, il 24 novembre 1960. Da papa beatificò don Luigi Guanella il 24 ottobre 1964 e sei mesi dopo, il 14 marzo 1965, visitò la parrocchia di S. Giuseppe al Trionfale a Roma.  Alla chiusura del Concilio Vaticano II, l’8 dicembre 1965, affidò a un ospite della nostra Casa San Giuseppe di via Aurelia Antica a Roma il messaggio conciliare “Ai poveri, agli ammalati e a tutti coloro che soffrono”. Il 27 febbraio 1967 visitò la Casa femminile guanelliana San Pio X sul Gianicolo, intrattenendosi con le ospiti ammalate. Numerosi infine furono i saluti rivolti ai membri della Famiglia guanelliana presenti durante le udienze. Né è da dimenticare che durante il pontificato scelse come bibliotecario nella sua biblioteca personale il guanelliano don Attilio Beria, figura discreta ma dotata di cultura vastissima e profondo conoscitore di don Guanella e del suo spirito. 

Nel discorso in occasione della beatificazione ricordò di aver conosciuto i luoghi di origine di don Guanella: «A Franciscio il Beato ebbe i natali: bella borgata alpestre, da Noi più volte percorsa, quando visitammo la Casa Alpina dell’Alpe Motta, e fu una volta per benedirvi la grande statua alla Madonna d’Europa, eretta alle falde delle nevi alpine, e poi di nuovo scendendo a rendere omaggio, oltre Pianazzo, alla Madonna di Gallivaggio».

Pure esplicito fu il ricordo del «complesso di istituzioni intorno alla nuova e bella chiesa di san  Gaetano, da Noi consacrata, a Milano», tanto che una lapide posta all’interno della medesima chiesa afferma che anche da papa semper in corde habuit (la tenne sempre nel suo cuore).

Al termine del discorso, il papa offriva un’immagine inedita e interessante, nella quale  paragonava l’attività di nuovo beato don Guanella al bandolo della matassa del bene, che si sarebbe dipanata nel tempo attraverso l’attività dei suoi religiosi e religiose: «A Noi ora basta raccogliere il primo filo di tutta codesta meravigliosa storia della carità operante in misericordia; e trovarlo, quel filo, annodato al suo punto di partenza, come alla sorgente dell’energia soprannaturale che tutto lo percorre».  

A sigillo di tante e singolari connessioni tra Paolo VI e l’Opera Don Guanella, era naturale che, nel 2021, in occasione della sua canonizzazione, venisse allestita una mostra nel santuario del Sacro Cuore, presso la Casa Madre dei guanelliani a Como; il titolo della mostra era sommamente esplicito e vero: «Giovanni Battista Montini Paolo VI santo: quell’intesa reciproca di pensiero e di affetto con la Famiglia guanelliana».