di don Gabriele Cantaluppi
Nella vita e nelle sue Opere don Guanella camminò
sulla strada tracciata da Dio Padre. È diventato maestro
di una spiritualità centrata sulla fiducia filiale nella Provvidenza.
A Treviri, nella Renania-Palatinato (Germania), nel 1912 si celebrò il settimo congresso internazionale mariano, al quale don Guanella partecipò e tenne, a nome della delegazione italiana, una relazione su Maria “Madre della divina Provvidenza”. In quell’occasione asseriva decisamente che tutta la sua Opera era debitrice alla protezione di Dio e della beata Vergine.
Dopo aver ricordato la grande chiesa di san Giuseppe al Trionfale, appena inaugurata, proponeva la costruzione di una succursale, da edificarsi sulle pendici del Monte Mario. Non se ne fece nulla, nonostante la votazione favorevole dei congressisti. Solo due anni dopo la sua morte, nella “Valle d’Inferno” ai piedi del Monte Mario, dove c’erano numerose fornaci per la cottura dei mattoni, sorse una chiesetta dedicata alla Madonna della Provvidenza, ancora oggi officiata e per molti anni sede parrocchiale della zona.
Quante volte nelle Case guanelliane è risuonata l’invocazione: «Santissima Provvi-
denza di Dio, provvedeteci voi», ripetuta sgranando corona del rosario mariano! Di essere strumento della Provvidenza don Guanella era assolutamente convinto: «Se mi accorgessi che una sola di queste Opere è nata e cresciuta senza la volontà della Provvidenza, prenderei io per primo il piccone e la butterei giù fino all’ultimo mattone».
In bocca a Maria, don Guanella, mentre era in contemplazione del quadro di Scipione Polzone da Gaeta, esposto nella chiesa di San Carlo a’ Catinari a Roma, metteva queste parole: «Io abbraccio la divina Provvidenza, quella divina Provvidenza, la quale si serve di me, umile ancella, perché fornisca cibo e assistenza a questo celeste Infante, che è la divina Provvidenza incarnata». In quel bambino sul quale si posano gli occhi della madre, don Luigi vedeva tutta la sua grande famiglia di poveri, come ricorda la bella iscrizione latina che sovrasta la medesima immagine della Madonna, posta sull’altare della Casa Madre delle suore guanelliane a Lora (Como): «Guarda tutti noi in questo tuo Figlio (Nos in tuo Filio aspice omnes)».
Ma Provvidenza è sinonimo anche di accoglienza e amore. «Quando dai l’elemosina, guardi negli occhi quello o quella a cui la dai?», ci chiede papa Francesco. È il medesimo invito che ci rivolge anche Maria mediante lo sguardo rivolto al Figlio, accolto tra le braccia. Inoltre nell’idea di Provvidenza rientra anche la grazia, la bontà, la gentilezza del tocco femminile e materno. La stessa delicatezza di tratto e di rispetto don Guanella la voleva nei suoi sacerdoti, oltre che nelle sue suore. Perfino i superiori devono essere “Provvidenza” per i loro sottoposti: «I superiori in mezzo ai fratelli si considerino strumenti della Provvidenza sull’esempio di Gesù, venuto non per essere servito, ma per servire e dare la vita» (Regolamento dei Servi della Carità, 1905).
Infine la Madonna trasmetteva a don Guanella l’intuizione che i doni di Dio richiedono corrispondenza e collaborazione. La nuova immagine della Madonna del Lavoro, che egli aveva ideato e poi esposto alla venerazione dei fedeli nella chiesa di Nuova Olonio, intendeva non soltanto onorare Maria come protettrice dei lavoratori, ma anche condurre a riconoscerla come colei che nella fatica quotidiana aveva fatto crescere in “età, sapienza, grazia” il Figlio di Dio incarnato. Scriveva con una certa audacia: «Nelle Opere della Provvidenza bisogna confidare come se tutto facesse Dio e noi nulla, e al tempo stesso faticare come se tutto dipendesse da noi e nulla da Dio» (Regolamento della Figlie di santa Maria della Provvidenza, 1911). L’affidarsi al Signore e ai doni che egli elargisce non elimina l’impegno a mettere in campo intelligenza, volontà ed energie fisiche per costruire la città dell’uomo, a partire dal prossimo più prossimo, cioè dalla propria famiglia.
Annotava don Guanella in uno dei suoi primi scritti per i suoi religiosi: «La Provvidenza conviene meritarsela: con credere in lei fermamente; con aspettare i tempi e i modi di essa; con evitare le ansietà; con faticare di buona lena». (Massime di spirito..., 1888-1889). Queste parole le commenta opportunamente don Umberto Brugnoni, superiore generale dei Servi della Carità: «Don Guanella, con la sua vita, il suo pensiero e le sue Opere, ci suggerisce il coraggio di affidarci alla Provvidenza, il che non è un atteggiamento di disimpegno o disinteresse, cioè un lasciare che le cose vadano come vanno, ma è fede, fiducia e abbandono nella Provvidenza di Dio. È un fare in sordina, quasi dietro le quinte, ma in maniera attiva e coinvolgente. Non si appare, ma si lavora, si pensa, si prega, si tenta, si coinvolge e alla fine si ottiene».
Può destare sorpresa, ma è sulla base di queste stesse considerazioni se il 31 maggio 1986 mons. Santo Marcianò, allora ordinario militare per l’Italia, dichiarava la beata Vergine Maria della divina Provvidenza patrona del Corpo di Commissariato dell’Esercito Italiano, associandola all’altro patrono san Lorenzo martire. Il compito di questo organismo militare è assicurare le migliori condizioni di vita dei soldati, in territorio nazionale e nei molteplici scenari esteri. In parole più semplici, il Commissariato svolge quasi la funzione di “Provvidenza” verso i soldati. Con tale scelta l’ordinario militare ha voluto evidenziare soprattutto gli aspetti spirituali, che il patrocinio di Maria, Madre della divina Provvidenza indica al soldato Commissario. Il successivo 19 luglio 1989 si aveva la conferma di questa scelta da parte della romana Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.