Una delle cure maggiori di Don Guanella fu sempre la ricerca di vocazioni, di religiosi disposti a proseguire e ampliare la sua impresa sobbarcandosi del problema delle quattro " effe ", come lui diceva. Infatti, nelle prime Case della Provvidenza regnavano sovrani quattro ospiti non molto graditi il cui nome cominciava per "effe": Fame, Freddo, Fumo e Fastidi. Anche se non furono sempre ospiti fissi, furono comunque nemici con i quali si dovette combattere quotidianamente.
La Lombardia e altre terre furono sempre generose di vocazioni per l'Opera di Don Guanella, il quale aveva un modo assai semplice ed efficace per invitare chi si sentisse portato a seguirlo... Spesso usciva con sei, otto dei suoi ricoverati che chiamava " buoni figli ": erano quelli che accoglieva con particolare amore, dato che non avevano intelligenza sufficiente per vivere con gli altri. Avevano in genere nomignoli significativi, come se fosse stata una squadra sui generis di bravi: Pelapatàt, Leccapiàtt, Pallanin, Pestalàc...
Era una scena divenuta familiare in quel di Como e altrove vedere Don Guanella che portava a spasso i suoi " bravi "; ormai vedendoli, si diceva:
- Ecco Don Guanella che porta a spasso i suoi poveri figlioli!
Così, ad esempio, andavano fino a Lurate Caccivio e al gruppetto si univano spesso le persone che incontravano per strada, in modo tale che intorno a Don Guanella e ai suoi figli si formava una piccola processione.
Arrivati presso la chiesa, salutavano il parroco e poi andavano tutti a dire una preghiera, dopo la quale Don Guanella faceva un breve discorsetto:
- Miei buoni amici di Lurate Caccivio, ho portato qui tra voi i miei buoni figli che possiedono una ricchezza che molti intelligenti non hanno, perché hanno l'innocenza, la Grazia di Dio. Siamo venuti da voi per prendere un po' d'aria, perché questi buoni figli hanno bisogno di svagarsi, di vedere questo mondo. Ma hanno soprattutto bisogno di sentirsi amati e se lo meritano; se lo meritano, credete a me, non tanto perché sono simpatici, e lo sono davvero, ma perché sono buoni e innocenti, anche se sventurati perché non sanno provvedere a se stessi. E quando si sentono amati, diventano anche più buoni e pregano alla loro maniera il buon Dio.
Non ci sarà dunque in mezzo a voi qualche anima che si sente d'abbracciare la vita religiosa per poter assistere e amare queste creature del Signore?
Poi ricomponeva il suo gruppo di " innocenti ", accompagnati da una piccola e curiosa folla di ragazzi del paese e si incamminava tra il verde dei prati per ridiscendere verso la riva del lago di Como soddisfatto d’aver lasciato il seme dell'inquietudine col pensiero che non si può essere felici da soli.