" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)
Nato a Senna Comasco (CO) il 23 agosto 1925
Noviziato a Barza d’Ispra dal 12 settembre 1946
Prima Professione a Barza d’Ispra il 12 settembre 1948
Professione Perpetua a Barza d’Ispra il 12 settembre 1952
Sacerdote a Milano il 3 aprile 1954
Morto a Como il 21 marzo 2019
Sepolto nel cimitero di Lipomo
Don Mario Castelnuovo nasce il 23 agosto 1925 a Senna Comasco, provincia di Como ma Diocesi di Milano, all’interno di un nucleo familiare che comprende oltre ai genitori, Giuseppe e Maria Monti, una sorellina, di nome Vittorina, di 3 anni più grande di lui. Riceve il battesimo qualche giorno dopo, il 30 agosto 1925, nella chiesa parrocchiale dei santi Gervaso e Protaso di Cucciago, la stessa nella quale riceverà la Cresima il 22 novembre 1931 dalle mani del cardinal Schuster. Vive gli anni della sua infanzia ed adolescenza a Senna, per poi trasferirsi con la famiglia a Lipomo. Compie il suo percorso scolastico, conseguendo la maturità classica, in momenti difficili, coincidenti con il periodo bellico, ed è ormai un giovanotto quando ottiene un posto di lavoro al Comune di Como presso l’ufficio anagrafe. Ed è proprio in questa fase ormai giovanile della sua vita che matura il desiderio di abbracciare la vita consacrata. Viene a contatto con la Congregazione guanelliana e decide di intraprendere il cammino formativo che lo porterà ad essere prete guanelliano: inizia quindi il noviziato il 12 settembre 1946 nella casa di Barza d’Ispra, in provincia di Varese, ed emette i voti religiosi, sempre a Barza, esattamente due anni dopo, il 12 settembre 1948. Intraprende quindi gli studi teologici, che affronta a partire dalle solide basi acquisite negli studi classici, ancora a Barza, e nel contempo compie i passi definitivi della vita religiosa e sacerdotale: la professione perpetua, a Barza, il 12 settembre 1951; l’ordinazione diaconale a Milano, il 19 dicembre 1953 e l’ordinazione sacerdotale sempre a Milano, il 3 aprile 1954, per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria dello stesso cardinal Schuster che gli diede la cresima 22 anni prima. Inizia a questo punto la sua attività nelle case guanelliane. Dal 1954 al 1958 è educatore ed assistente presso il nostro seminario minore ad Anzano del Parco, in provincia di Como, poi l’obbedienza lo porta a Como per un anno con la stessa mansione a contatto con i ragazzi del collegio. Successivamente lo troviamo in Svizzera, dove svolgerà larga parte del suo ministero educativo e di insegnamento: è infatti a Riva San Vitale, in Canton Ticino, dal 1959 al 1960, e per 26 anni, dal 1960 al 1986 a Roveredo, nel Canton Grigioni. Ha sempre dimostrato grande amore per l’insegnamento, cercando di unire alla tradizione l’innovazione: ha per quasi tre decenni avviato generazioni di ragazzi svizzeri e italiani alla conoscenza degli elementi di base della matematica e della lingua italiana; immediato e paziente nelle spiegazioni a scuola, preciso nelle verifiche e nella correzione dei compiti. Dall’insegnamento traspirava tutto il suo voler bene ai giovani affinché potessero diventare cittadini responsabili e desiderosi di vivere la loro vita con onestà. Felice di poter celebrare l’Eucaristia ogni giorno, è sempre stato fedele alla vita comunitaria e alle pratiche di pietà vissute con fede e impegno. Collaboratore prezioso nella cura pastorale della parrocchia di Roveredo Grigioni con una presenza assidua, concreta e discreta nella celebrazione dell’eucaristia domenicale e nel ministero della confessione e della direzione spirituale. Rientra quindi in Italia, dapprima nella casa di Nuova Olonio, in provincia di Sondrio, in aiuto alle molteplici attività educative, assistenziali e pastorali di quella casa. Vi starà dal 1986 al 1988, anno in cui si sposterà a Gatteo, in Romagna, dove avrà in mano la gestione della Pia Opera e curerà la corrispondenza con i benefattori dell’Istituto. Rimane a Gatteo fino al 1990, e proprio in quell’anno i superiori gli chiedono la disponibilità a tornare in Svizzera, a Roveredo, stavolta come superiore della Casa. Don Mario acconsente, consapevole di dover far fronte a situazioni impegnative per via di alcuni problemi che all’epoca toccavano quell’istituto. Fu in questi anni che si impegnò per le migliorie strutturali dell’immobile del Collegio Sant’Anna e l’aggiornamento degli strumenti scolastici ed educativi (aula di informatica, accrescimento dell’aula di scienze e delle attività visive) cercando con competenza e fantasia l’aiuto economico di associazioni e fondazioni elvetiche. Torna poi in Italia, precisamente nella casa di Anzano del Parco, nel 1993, all’epoca ancora seminario minore, con il compito di aiuto nel ministero nelle parrocchie limitrofe. Si rende disponibile successivamente al cambiamento di casa, portandosi nel 1995 a Barza d’Ispra, sempre in supporto al servizio ministeriale dei parroci che venivano in quella casa a chiedere un aiuto nel ministero. Vi rimane fino al 2000: in quell’anno l’obbedienza lo porta a Como, dove riceve il mandato di dirigere la Pia Opera, compito che svolgerà curando i rapporti con i benefattori della Casa e sensibilizzandoli intorno ai molteplici bisogni materiali della stessa. Andando avanti con gli anni aumentano anche gli acciacchi di salute. Ci saranno due episodi importanti che segneranno l’ultima parte del cammino della sua vita: un primo ictus, nel 2006, dal quale riuscirà a riprendersi, ed un secondo, nel 2008, stavolta più devastante, che farà addirittura pensare ad un decesso imminente. Così non sarà, ma da quel momento in avanti don Mario sarà costretto a dimorare presso la nostra RSA a Como per dieci anni, circondato dall’affetto dei parenti, dei confratelli e degli operatori, prima di spegnersi a seguito di alcune complicazioni, la mattina dello scorso 21 marzo. Questi anni hanno rappresentato per don Mario un’esperienza lunga, faticosa e fortemente limitata anche dall’impossibilità di comunicare verbalmente. Ciononostante, non ha smesso di comunicare, trovando altri modi per manifestare all’esterno la ricchezza della sua interiorità. Pur in questa situazione di forte limite, non sono venute meno in don Mario alcune caratteristiche della sua persona che lo hanno sempre determinato e caratterizzato nel suo modo di essere e di agire, che è bello ricordare e lasciare come esempio che rimane e edifica.
Innanzitutto, la sua bontà d’animo. Chi lo ha incontrato, anche in questi ultimi anni di malattia, si è trovato di fronte a un uomo buono, capace di comunicare e di diffondere bene, di trasmettere positività, di provare ed esprimere sentimenti buoni nei confronti degli altri. La sua bontà si è manifestata anche nell’accettare le situazioni della vita e in particolare la sua malattia con serenità, senza intristirsi, conservando sempre e comunque un sorriso per chiunque lo incontrasse. In secondo luogo, la sua giovialità e allegria. Don Mario ha comunicato giovialità ed allegria e, negli anni in cui è stato privato della possibilità di usare la parola, lo ha fatto comunicando efficacemente con gli occhi e col sorriso. Ha saputo trasmettere allegria, buon umore, senza mai far pesare la sua condizione e senza indulgere ad atteggiamenti di ripiegamento nella propria sofferenza. Nei 10 anni trascorsi nella RSA di Como, tutti gli operatori lo hanno conosciuto così, come un diffusore di buon umore, di serenità e di allegria. Può far sorridere questo particolare, ma anche l’abitudine subentrata negli ultimi mesi (quella di cantare continuamente) ha espresso, probabilmente in modo solo inconscio, la sua indole di persona gioviale ed allegra. Un altro particolare che ci rivela l’interiorità di don Mario e ci fa affacciare alle sue profonde convinzioni e motivazioni, merita di essere raccontato. Don Mario nella sua lunga strada di malattia non ha mai voluto godere della possibilità, che pure c’era, di avere una camera singola, ma ha scelto di condividere la stanza con altri ospiti. Che sia stata la decisione di non godere di un privilegio oppure il desiderio comunque di stare con gli altri, in ogni modo anche con questo gesto, semplice ma impegnativo, ha espresso valori importanti e significativi per ciascuno di noi in ordine ad una vita semplice, povera, priva di pretese. Nel Regolamento del 1910, a proposito dei Sacerdoti, don Guanella scrive: «devono i Sacerdoti precedere con ogni sorta di belle virtù, specialmente di umiltà e di dolcezza...devono essere ansiosi di spargere i frutti spirituali e corporali del loro ministero santo». In questo senso, don Mario è stato un buon Religioso e Sacerdote guanelliano, che ha saputo spargere semi di buon esempio e di bontà nel servizio di Dio e dei fratelli nel corso della sua lunga vita e che per questo ora è in festa, forse anche cantando, in paradiso.
Don DAVIDE PATUELLI