"...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)

 

Nato a Montilgallo di Longiano il 13 dicembre 1928
Noviziato a Barza d’Ispra il 12 settembre 1946
Prima Professione a Barza d’Ispra il 12 settembre 1948
Professione Perpetua a Barza d’Ispra il 12 settembre 1954
Sacerdote a Milano il 26 maggio 1956
Morto a Caidate il 28 ottobre 2020
Sepolto nel cimitero di Como

 

Don Tonino Gridelli nasce il 13 dicembre 1928 a Montilgallo, una frazione del comune di Longiano, in provincia di Forlì ed in diocesi di Cesena-Sarsina, da Giovanni e Maria Zamagni. È il primogenito: successivamente i genitori daranno la vita ad un altro fratello e a due sorelle. L’indomani, 14 dicembre, viene subito portato al fonte battesimale della chiesa della frazione, dedicata a Sant’Apollinare. Riceverà la cresima nella parrocchiale di Longiano per mano del vescovo di Cesena, monsignor Alfonso Archi, il 26 luglio 1935. Viene a contatto con l’Opera Don Guanella fin dalla tenera età, entrando nel 1939 nell’Istituto Don Ghinelli di Gatteo, non lontano quindi dalla sua famiglia, all’epoca seminario minore che accoglieva i ragazzi del territorio romagnolo aspiranti al sacerdozio nella famiglia guanelliana. Si mostra fin da subito un ragazzo intelligente: nella sua carriera scolastica studia con profitto e nel suo percorso formativo riceve da tutti un giudizio lusinghiero e promuovente: «carattere vivace, sincero e promettente», si dice di lui. Dopo il periodo del postulandato vissuto a Fara Novarese, provincia di Novara, entra in noviziato a Barza d’Ispra, in provincia di Varese, il 12 settembre 1946. Il suo padre maestro, don Armando Budino, lo descrive come una persona genuina: «ha un carattere genuino e semplice, gioviale e sereno, sempre disponibile e pronto a dare una mano. Ha buona volontà e spirito di adattamento. Rivela retta intenzione nel cammino di crescita e sinceri segni di vocazione religiosa e sacerdotale». Il 12 settembre 1948 emette i primi voti tra i Servi della Carità. L’immaginetta della sua prima professione ci rivela uno spaccato del suo vissuto di fede: «Vergine Maria concedimi perseveranza e fedeltà nell’amore di Gesù e tesori di grazia a quanti hanno desiderato questo giorno». Percorre il cammino formativo intraprendendo gli studi di teologia a Chiavenna, in provincia di Sondrio. Anche lì il suo formatore, don Vito Zollini, registra i medesimi tratti della sua persona: «Aperto e servizievole. Autentico romagnolo: mordace e tenace, tanto di giudizio che di carattere. Si adatta a far tutto, anche uffici umili. Bella intelligenza, si applica con impegno, serio anche nella vita di pietà». Emette la professione perpetua, diventando guanelliano per sempre, il 12 settembre 1954. Successivamente si sposta a Milano, presso l’Istituto San Gaetano, per le tappe conclusive della prima formazione: in quella casa alternerà l’assistenza ai ragazzi ivi accolti con la studio della teologia e riceverà dapprima l’ordinazione diaconale, il 17 dicembre 1955, e poi quella sacerdotale, il 26 maggio 1956, entrambe le volte per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria del cardinal Montini, il futuro Paolo VI. I primi anni del suo ministero sacerdotale lo vedono al fianco dei ragazzi. Dapprima è educatore nella Casa San Giuseppe di Gozzano, in provincia di Novara, dal 1956 al 1958, poi assistente nel Collegio Sant’Anna a Roveredo Grigioni, in Svizzera, dal 1958 al 1963. Dopo queste due esperienze iniziali i superiori gli chiedono la disponibilità per la missione in Brasile, in anni in cui la presenza guanelliana in quella nazione si sta consolidando. Don Tonino acconsente, ed eccolo dapprima a Itaguaí, Patronato San Giuseppe, una struttura che accoglie minori, dal 1963 al 1966, poi a Santa Maria presso la casa denominata “Pane dei poveri di Sant’Antonio”, una realtà che al suo interno ha un centro educativo per ragazzi e la parrocchia, dal 1966 al 1970; successivamente si porta a Canela, dove gli viene affidata la responsabilità dell’economia della Casa San Giuseppe, dal 1970 al 1971, ed infine è nominato superiore della Casa di Porto Alegre, dove viene svolta un’attività piuttosto vasta comprendente la parrocchia, la scuola ed il seminario. In questo posto dimorerà dal 1971 al 1975.
Nel 1969, quando don Tonino si trova in Brasile, mamma Maria scrive ripetute lettere accorate al Superiore generale. Esse rivelano il desiderio di una madre che vorrebbe il figlio prete vicino a sé. Chissà quante lacrime sono state assorbite da quelle lettere in cui la mamma lo supplicava di non far partire più suo figlio per il Brasile. «Don Tonino non mi dice niente ma io sono venuta a saperlo da altri che lui sta per ripartire...». Il desiderio di mamma Maria coinciderà con quello dell’obbedienza religiosa qualche anno dopo: rientrato in Italia nel 1975, il primo anno don Tonino lo vive presso il seminario teologico di Roma, ove gli viene assegnato l’incarico di rappresentante legale della Congregazione. Successivamente, nell’estate del 1976, prende parte al Capitolo Generale ed in quella sede viene eletto membro del Consiglio Generale della Congregazione, rivestendo il ruolo di segretario generale, compito che porterà avanti con competenza e precisione, fino alla morte prematura del compianto Superiore generale, don Olimpio Giampedraglia, avvenuta il 5 dicembre 1980, ed al successivo Capitolo Generale, celebratosi nell’estate del 1981. Terminato il suo mandato, gli viene assegnata la casa di Alberobello, in provincia di Bari, di nuovo a contatto con i ragazzi, con la mansione di economo della casa. Ma non passa molto tempo prima che un nuovo un incarico di governo venga a bussare alla sua porta: un confratello del consiglio generale, don Antonio Gozzo, muore improvvisamente, e don Tonino viene chiamato a sostituirlo. Sarà consigliere generale fino alla naturale scadenza di quel governo, avvenuta nel 1987, e sarà rieletto per il sessennio successivo, fino al 1993, nuovamente apprezzato per le sue doti di laboriosità e di discrezione. Degna di menzione, in questo periodo romano, è la cura che dedica alla casa di Fiuggi, in provincia di Frosinone, ove, soprattutto durante l’estate, vengono da lui accolti gruppi di cooperatori per periodi di formazione e di riposo. Ritorna nella vita di attività nelle case, dapprima a Milano, Istituto San Gaetano, come superiore, dal 1993 al 1996, e poi a Lecco, dal 1996 al 2001, con il compito di economo. Entrambe queste case accolgono minori, ambito di lavoro che don Tonino ha già frequentato in precedenza. Successivamente si sposta a Castano Primo, in provincia di Milano, ove starà dal 2001 al 2006, e poi a Caidate di Sumirago, dal 2006 in poi. Queste ultime due case accolgono anziani, e volentieri don Tonino sceglie di percorrere un tratto di strada piuttosto lungo, quasi ventennale, con loro, condividendo con queste persone ormai coetanee le bellezze e le fatiche dell’autunno della vita. Muore la mattina di mercoledì 28 ottobre 2020, complice il contagio di Coronavirus che lo colpisce, all’interno di questa seconda ondata tutt’ora in atto. Confratello schivo e riservato, don Tonino si è distinto per l’ospitalità che metteva in atto ogni qualvolta una persona, confratello o no, veniva a contatto con lui nella casa ove si trovava. In queste circostanze era capace anche di dedicare parecchio tempo, purché la persona si sentisse ascoltata e accontentata nelle sue giuste esigenze. Era anche dotato di una profonda spiritualità, soprattutto mariana, che non passava inosservata in chi ha avuto la fortuna di condividere tratti di vita più o meno lunghi con lui. Ci lascia infine l’esempio di un religioso che amava molto la vita comunitaria: provava un particolare rispetto per i confratelli, sempre pronto al loro servizio, a scusarne i difetti e le mancanze, a tenerne allegra la convivenza. Proprio per tutte queste doti fu molto amato nelle comunità.
Quella di don Tonino è stata senz’altro una vita spesa nell’obbedienza religiosa e al servizio della Congregazione, una vita semplice e austera, austera come il suo testamento: «Roma 29 luglio 1978. Nessun testamento perché non ho niente». Firmato: don Tonino Gridelli.

Don DAVIDE PATUELLI

 

Il Vangelo di oggi ci narra un episodio che si colloca, durante il viaggio di Gesù dalla Galilea a Gerusalemme, nella casa di un fariseo, in giorno di sabato.

Gesù con i farisei ha avuto sempre discussioni. Non sappiamo se questo fariseo fosse sincero nell’invitare Gesù a pranzo, ma in genere i farisei lo scrutavano per vedere se lui osservava i precetti della legge di Mosè. Quella che più infrangeva era la legge del sabato e proprio di sabato guarisce l’idropico. Come abbia fatto un idropico ad entrare nella casa del capo dei farisei, Luca non ce lo dice. Sta di fatto che lui è proprio là e vuole essere guarito. Gesù lo cura anche se è sabato e lancia la domanda: “è lecito o no curare di sabato?” I dottori della legge e i Farisei non rispondono. Questa domanda rimane nell'aria, ma li provoca. Dinanzi al silenzio Gesù agisce. Quindi spiega il motivo che lo ha spinto a guarirlo: se non avete problemi a salvare un asino dal pozzo, non ci dovrebbero essere problemi neppure a salvare un malato. Ci sono momenti difficili nella vita, in cui dobbiamo scegliere tra il bisogno immediato da soccorre e l'ottemperanza a norme e disposizioni. Come comportarsi? Molte volte dinanzi ai tanti bisogni da soccorrere siamo tentati di dire “arrangiati, non è affare mio”, arrangiati oggi è sabato, arrangiati la legge non me lo consente ma, come cristiani e come guanelliani, dobbiamo aiutare, fare del bene. Anche don Tonino si è trovato necessità di dover soccorrere delle persone e, memore dell’agio “Fai il bene e scordalo”, si è dato da fare per soccorrere, aiutare, confortare. È la prima volta che sono chiamato a presiedere il funerale di un confratello. Sono onorato perché don Tonino mi ha preceduto nell'ufficio di segretario generale per ben tre mandati. Ho consultato quindi il suo fascicolo personale conservato in archivio ed ho fatto una lettura gustosa che spaziava dalle sue pagelle scolastiche alle relazioni dei suoi formatori, dalle sue foto agli articoli che parlano di lui. Spassoso, per esempio, è l'articolo che lo ritrae a Milano in occasione di un mercatino di raccolta fondi. Le signore che avevano allestito la bancarella, nell'entusiasmo di poter vendere più oggetti possibile, stavano per mettere in cattiva luce il ‘San Gaetano’: non sapevano infatti che non si possono vendere oggetti sacri. Grazie a Dio, don Tonino facendo un giro, si accorse e subito requisì calici d'argento e presunte reliquie degli Apostoli. La buona stima dell'opera fu salva. Nella sua carriera scolastica studia con profitto e nel suo percorso formativo riceve da tutti un giudizio lusinghiero e promuovente. “carattere vivace, sincero e promettente”. Il suo padre maestro a Barza (1946-48), Don Armando Budino lo descrive come una persona genuina: “ha un carattere genuino e semplice gioviale e sereno, sempre disponibile e pronto a dare una mano. Ha buona volontà e spirito di adattamento. Rivela retta intenzione nel cammino di crescita e sinceri segni di vocazione religiosa e sacerdotale”. Anche don Vito Zollini, a Chiavenna, registra i medesimi tratti della sua persona: “Aperto e servizievole. Autentico romagnolo: mordace e tenace, tanto di giudizio che di carattere. Si adatta a far tutto, anche uffici umili. Bella intelligenza, si applica con impegno, serio anche nella vita di pietà”. L'obbedienza lo porterà presto a varcare i confini, dopo pochi anni di sacerdozio, verso il Brasile (1963). Mamma Maria scrive ripetute lettere accorate al Superiore Generale, nel 1969. Chissà quante lacrime sono state assorbite da quelle lettere in cui mamma Maria lo supplicava di non far partire più suo figlio per il Brasile. “Don Tonino non mi dice niente ma io sono venuta a saperlo da altri che lui sta per ripartire…”. Quella di don Tonino è stata una vita spesa nell'obbedienza religiosa e al servizio della Congregazione, una vita semplice e austera, austera come il suo testamento: “Roma 29 luglio 1978. Nessun testamento perché non ho niente”. Firmato: don Tonino Gridelli. “Vergine Maria concedimi perseveranza e fedeltà nell'amore di Gesù e tesori di grazia a quanti hanno desiderato questo giorno” così è scritto sulla immaginetta della sua Prima Professione, Barza 12 settembre 1948”. Parafrasando questa preghiera, invoco Maria, Madre della Divina Provvidenza perché conceda a noi perseveranza e fedeltà nell’amore di Gesù e a don Tonino i tesori della Sua Grazia, la vita eterna. Amen!

(omelia di don Nico Rutigliano, Vicario generale, santa messa del funerale, Santuario del Sacro Cuore, Casa Madre, Como, 30 ottobre 2020)