" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)

Nato a Roma il 20 novembre 1929
Noviziato a Barza d’Ispra dal 12 settembre 1948
Prima Professione a Barza d’Ispra il 12 settembre 1950
Professione Perpetua a Barza d’Ispra il 12 settembre 1956
Sacerdote a Barza d’Ispra il 22 giugno 1958
Morto a Roma il 22 gennaio 2018
Sepolto nel cimitero di Roma Verano

 

I genitori di don Sergio erano di Fossato di Vico, un piccolo paese della provincia di Perugia (Umbria), quasi al confine con quella di Ancona (Marche). Pietro e Marescalchi Rosa, una volta sposati, vi abitarono in via Campo dei fiori al secondo piano, fino a quando decisero, probabilmente per lavoro, di trasferirsi a Roma in via Carlo Alberto Racchia, n. 2, rione Prati, parrocchia San Giuseppe al Trionfale. Qui a distanza di due anni, l’uno dopo l’altro, nacquero Anna nel 1925, Maria Luisa nel 1927, ed il nostro Sergio il 20 novembre del 1929, che riceverà il Battesimo esattamente 20 giorni dopo, non nella sua parrocchia, ma in quella confinante del Rosario. Nella sua, riceverà la Cresima 10 anni dopo, il 22 aprile 1939. Di ciò che visse e del come visse nel resto della sua fanciullezza, lo possiamo ricavare solo da fonti parallele. Con la scuola, che iniziò a frequentare in età scolare, va ricordato il luogo per eccellenza dei suoi svaghi, delle prime amicizie, della sua formazione alla fede e ai sacramenti: l’Oratorio di San Giuseppe al Trionfale. Da casa, vi arrivava rapidamente, all’inizio accompagnato dalla mamma, poi, man mano dalle sue sorelle, sempre più attirati dalla possibilità di incontrarsi, divertirsi, far festa, ricevere istruzione scolastica e cristiana. Probabilmente la sua decisione di entrare in seminario, appena varcata la soglia della adolescenza, dipenderà anche dal clima respirato e dall’esempio ricevuto in oratorio. A sbocciare, in effetti, non fu solo la sua vocazione. Nell’ottobre 1943, aveva quasi 14 anni, chiese ed ottenne di entrare nel nostro “Seminarietto” a Roma, in Via Aurelia Antica, 94 che, aperto durante la Seconda guerra mondiale, veniva a sostituire il Seminario minore di Ferentino, sgomberato nel 1943-1944 per il rischio-bombardamenti. Sergio fu accolto da don Olimpio Giampedraglia (1915-1980), responsabile della formazione e da una quindicina di “studentini” come lui, provenienti non solo da Roma per frequentare le prime tre classi del ginnasio (le “medie” di oggi). In quegli anni, per terminare il regolare percorso di discernimento vocazionale, era necessario essere ammesso al vero studentato dell’Opera Don Guanella, situato allora in provincia di Novara, precisamente a Fara Novarese, dove si concludevano anche gli studi ginnasiali. Sergio vi giunge nell’autunno del 1946: portava con sé i suoi 17 anni di età e la ferma decisione di donare definitivamente la propria vita al Signore. Si introdusse, non senza difficoltà, nel nuovo ambiente. Tutto era tale: il clima umido e freddo della campagna novarese, il numero complessivo dei seminaristi (oltre 100 nelle cinque classi del ginnasio), quello dei suoi compagni di classe (con lui in IV ginnasio erano 29), i suoi professori e, tra questi, il nuovo superiore, don Paolo Saltarini (1914-2007). Fara comunque fu anche il tempo di forti sollecitazioni per la conoscenza e per incominciare a vivere l’essenziale della vocazione guanelliana. Due anni bastarono a Sergio per concludere il ginnasio e meritare il passaggio alla prima vera fase formativa e relative tappe: noviziato, periodo dei voti temporanei, quello della conclusione degli studi classici e filosofici del liceo. Allora tutto avveniva in una sola località: Barza d’Ispra in provincia di Varese, dove i candidati entravano il 12 settembre di ogni anno e ne uscivano il 12 settembre di 4 anni dopo. Sergio vi giunge il 12 settembre del 1948 e, in linea con il tirocinio descritto, consacrava il primo anno al noviziato, nello stile quasi monastico dell’“ora et labora” e con la saggia e santa guida di don Armando Budino (1913-1993), padre maestro. Così anche il secondo anno: con la differenza che lo studio delle materie liceali prenderà il posto del lavoro manuale e si concluderà con la prima professione religiosa, emessa, con altri 17 compagni di classe, nelle mani del Superiore generale Don Luigi Alippi (1902-1985), il 12 settembre 1950. Gli altri due anni di permanenza a Barza saranno dedicati al conseguimento del diploma liceale. Passò quindi alla seconda fase formativa, quella del “tirocinio”, un biennio (1952-1954) durante il quale Sergio doveva dedicarsi all’apostolato guanelliano tra i poveri e verificarne la compatibilità con le sue doti personali. Il risultato fu eccellente. Infatti, giunto con altri tre confratelli tirocinanti come lui, nel nostro Istituto Fanciulli poveri di Gatteo di Romagna, mostrò quasi subito di avere ottime qualità di educatore, dando assistenza ad oltre un centinaio di ragazzi bisognosi di tutto, perché afflitti non solo da povertà materiale. Si era meritato così un altro riconoscimento, che lo abilitava a continuare nella formazione con la fase più specifica, quella della preparazione immediata al sacerdozio. I superiori, con un gruppetto di suoi compagni, lo trasferirono a Como in Casa-Madre, luogo desiderato, invidiato per le possibilità che offriva. Si viveva accanto alla tomba del Fondatore. E, in mancanza di un seminario teologico guanelliano, ai nostri studenti era concessa facoltà di frequentare la scuola del vicino Seminario Teologico Diocesano. Sergio dedicò quattro anni allo studio della teologia (1954-1958): nei primi due, si preparò ed emise la professione perpetua, donando per sempre la propria vita a Dio e alla Congregazione (1956); negli altri due, chiese ed ottenne gli ordini sacri: suddiaconato (1957) e diaconato (1958). Il 22 giugno 1958, giunse anche il più bel dono della sua vita, l’Ordinazione sacerdotale. La riceve a Barza d’Ispra, con visibile commozione e con tanta riconoscenza al Signore. Erano venuti da Roma i suoi familiari. Numerosi anche i confratelli e gli amici, che gli fecero corona. Nella sua città e nella sua parrocchia, san Giuseppe al Trionfale, festeggiò solennemente una settimana dopo. Spiegabile ora in lui la voglia di “buttarsi” nel ministero, dopo 15 anni di preparazione (1943-1958) e 29 anni di età. Fu di suo gradimento la prima sede, affidatagli dai Superiori, l’Istituto San Gaetano di Milano. Avrebbe compiuto i primi passi nel settore pastorale, sia teoricamente, perché in quella sede ai sacerdoti novelli venivano impartite lezioni di teologia pratica per l’intero primo anno di sacerdozio; sia praticamente perché avrebbe potuto fare le prime esperienze di ministero nell’adiacente parrocchia. A Milano, non era ancora trascorso l’anno di permanenza, che a don Sergio fu chiesto di trasferirsi ad Alberobello in Puglia, come educatore nel Seminario minore (1o settembre 1959). Non avendo riscontri, difficile precisare con quale stato d’animo egli accolse la decisione. Da un lato si trattava di un “salto” geografico e culturale non indifferente; dall’altro non è escluso si trattasse di un atto di fiducia nei suoi confronti: tra i ragazzi don Sergio ci sapeva fare e quindi lo si inviava nel settore a lui più congeniale, certi di ottenere risultati positivi. Sicuramente ne soffrì. E probabilmente il fatto che ci restasse solo un triennio nella Città dei Trulli, in un seminario aperto solo qualche anno prima, può essere conferma di una sofferenza non del tutto assorbita. A Bari, nell’Istituto Giovanni Modugno, dove arrivò nel settembre 1962, lavorò con molto più entusiasmo, sollecitato forse dal ricordo ancor vivo e stimolante del prof. Giovanni Modugno scomparso appena cinque anni prima (1880-1957). Era stato grande nostro benefattore, ma soprattutto apostolo in Italia di una pedagogia ispirata ai valori della religione, dell’amore, della ragione. Don Sergio ne sentì subito e forte l’influenza, si appassionò alle sue pubblicazioni, riuscì anche ad applicare alcune linee della visione “modugnana” al suo lavoro quotidiano tra i ragazzi, provenienti allora nella maggior parte da ceti poveri e zone violente della città e dintorni. Dal lavoro educativo raccolse quindi molte soddisfazioni, al punto che il ricordo di quel periodo negli anni avvenire affiorava in lui di frequente e con visibile commozione. Proprio per tutto questo, mai si sarebbe staccato dalla città pugliese. Vi lavorava ormai da cinque anni (1962-1967), e stava per avviare il sesto, quando si vide arrivare una nuova proposta. I Superiori lo invitavano a Roma come insegnante in quel “seminarietto” che lo aveva accolto ancor quattordicenne, ma che ora aveva un nome preciso “Seminario Mons. Aurelio Bacciarini” e contava un considerevole numero di allievi, tanto che ne era già stata ampliata la struttura ed era stato aggiunto, oltre le medie, il livello iniziale delle scuole superiori: il primo e secondo ginnasio. Tutto fa pensare che l’invito a don Sergio sia arrivato gradito, e non solo per il ruolo che gli veniva affidato, ma anche perché tornava nella sua Roma e a un passo dalla famiglia. Chi scrive, in quel settembre 1967, era in partenza per altri lidi, ma, essendo prefetto degli studi, ebbe la fortuna di accoglierlo ed in breve presentargli l’ambiente e la situazione in cui avrebbe operato. Lo vidi contento e ben disposto a dare il suo contributo alla crescita culturale dei nostri seminaristi. Sembra però che, quasi da subito, si siano verificate difficoltà di inserimento, specialmente a livello comunitario. Una condizione che andò sempre più acuendosi, e che, nel giro di un triennio (1967-1970), determinò per don Sergio un successivo trasferimento. Gli fu affidata la direzione della Casa di riposo Don Guanella, a Isola del Liri in provincia di Frosinone: un’opera aperta nel 1949, con un numero di ospiti che, in vent’anni, non riuscì mai a decollare. Don Sergio ci andava con il mandato di chiuderla, a seguito anche della impossibilità di una equilibrata amministrazione. Non gli riuscì, né si era preso tempo utile di ambientarsi. Lasciò passare infatti un anno e, nel settembre 1971, si assentò dalla casa, rientrò a Roma, in famiglia, avvisando i superiori che vi sarebbe rimasto per impellenti motivi familiari. Da allora, per buoni 20 anni, il silenzio fu protagonista nel rapporto tra il confratello e la Congregazione. Fu ricucito, e poi instaurato con frequenza, solo durante gli anni ’90, attraverso la preziosa mediazione del confratello don Pietro Serva (1911-2001), che si trovò a collaborare con don Sergio nell’Ospedale romano di Regina Margherita, a Trastevere. Era accaduto che don Sergio, una volta rientrato in famiglia, aveva segnalato la sua presenza in diocesi agli uffici del Vicariato e contemporaneamente aveva avanzato richiesta di continuare l’esercizio del ministero e ricoprire un ruolo pastorale. Gli rispose lo stesso vicegerente di allora, Mons. Ugo Poletti (1914-1997), che nel 1972 gli affidò, proprio perché proveniva da una congregazione di carità, la cappellania nell’ospedale trasteverino (presso il quale fissò anche la sua residenza). Eserciterà, per 40 anni, questo servizio, riuscendo via via a renderlo così esemplare, da meritarsi la stima degli ammalati, dei loro parenti, del personale medico, infermieristico, amministrativo e da essere nominato cappellano-capo, responsabile cioè della animazione di quei sacerdoti che a Roma esercitavano il suo stesso ministero. Solo a metà di questo quarantennio, nell’autunno del 1993, don Sergio, accompagnato da don Pietro Serva, salì ad incontrare in Casa generalizia il Superiore generale, appena eletto nel XVI Capitolo generale del luglio precedente. Fu un incontro molto familiare e chiarificatore, tanto che lo si concluse con l’impegno di incontrarsi spesso e ricercare insieme la volontà di Dio sul suo futuro: pur mantenendo il suo ministero di cappellano, ritornare a vivere pienamente la vita religiosa o lasciarla definitivamente, regolando anche giuridicamente la propria situazione? Da allora e per altri venti anni (1993-2012), fu possibile tener fede solo agli incontri ravvicinati, che però a lungo andare finirono per diventare scambio di saluti o poco più. Invece non mostrò mai interesse a riprendersi totalmente la sua identità o quanto meno a discuterne. Gli bastava tenersi quel legame esclusivamente giuridico, contratto con la professione perpetua nel lontanissimo 1956. Continuò però, e sempre con tanta diligenza, il suo ministero tra i malati, anche 5-6 anni oltre il raggiungimento dell’età pensionabile (per lui il 2004). Avanzando poi in età e divenendo sempre più difficile il gestirsi da solo, verso la metà del 2010, chiese ospitalità alla nostra Comunità di San Giuseppe al Trionfale, ottenendola senza esitazione alcuna, nello stile e sensibilità del Fondatore per i sacerdoti anziani. Don Sergio vi si integrò subito e abbastanza bene, almeno fino ai primi, preoccupanti segni di sofferenza mentale, apparsi sul finire del 2013. Si cercò conferma, che venne nella primavera seguente, dopo una visita specialistica presso un geriatra. Sospetta demenza fronto-temporale fu la diagnosi, che poi venne via via precisata da ricerche sempre più sofisticate. Mantenne ancora per qualche anno autonomia di movimento, anche se la malattia obbligò i confratelli al controllo continuo dei suoi spostamenti quotidiani. Poi, progredendo il male, si dovette ricorrere ad una persona, che lo accudisse per l’intera giornata. Si avvicinò dunque inconsapevolmente alla morte, sopraggiunta in comunità, nelle prime ore del 22 gennaio del 2018, dopo quasi cinque anni dai primi sintomi del male. I funerali ebbero una solennità particolare: concelebrarono una quarantina di confratelli, presenti in parrocchia per un convegno pastorale; venne ad esprimere riconoscenza e cordoglio una numerosa rappresentanza di medici e di personale sanitario dell’Ospedale Regina Margherita; parteciparono al rito anche molti parrocchiani, vicini e compartecipi delle sue sofferenze nel calvario degli ultimi anni. Aveva dato tanto ai sofferenti, ora ne riceveva il corale riconoscimento.

Don NINO MINETTI