Gesù, venendo sulla terra, non ha voluto tenere nulla riservato per sé; in un impeto di amore senza misura per l'umanità tutto ha voluto donarci: non solo la sua vita morendo sulla croce, ma anche le sue prerogative divine. Così Paolo interpreta l'evento dell'incarnazione: "Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio", ma se ne spogliò condividendola con noi (cf. Fil, 2, 6). 

Per mezzo di  Gesù, il Figlio unico, anche noi siamo chiamati a diventare figli di Dio Padre, e vivere di  conseguenza il rapporto da figli a Padre con lui e di fratellanza tra noi, tutti fratelli e sorelle perché figli dell'unico papà.  

La figliolanza speciale di Gesù è causa e fondamento della nostra figliolanza per partecipazione, per adozione; da sempre siamo destinati ad esserne partecipi: "In lui ci ha scelti ( ... ) predestinando ci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo" (Ef 1,4-5). Con grande stupore Giovanni poteva scrivere ai cristiani delle sue comunità: "Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente" (1 Gv 3, l)!  

Se l'adozione a figli è un atto libero e gratuito di Dio per noi (avvenuta quando ancora eravamo lontani da lui a causa del peccato), da parte nostra prima condizione richiesta è accogliere il Figlio e credere in lui: solo a quanti lo hanno accolto infatti "ha dato il potere di diventare figli di Dio" (Gv l, 12), poiché "chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre" (1 Gv 2,23), invece "chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui"(1Gv 4, 15) - "Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù" (GaI 3,26).  

Questo atto di fede non si limita all'adesione solo della mente alle verità proposte da Gesù, ma si traduce in concreto in scelte ben precise. Sempre secondo la prima lettera di Giovanni, esse sono: rompere con il peccato, perché "chiunque è nato da Dio non commette peccato" (3, 9); osservare i comandamenti, soprattutto quello della carità, perché "chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in lui" (3, 24); non seguire la mentalità del mondo ma quella del vangelo (cf. 4, 1-6).  

Chi rende possibile di fatto questa nostra adozione a figli del Padre non è un vincolo umano, è lo Spirito Santo, lo stesso amore divino che lega il Padre e il Figlio: "E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre" (Gal 4, 6) - "Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio (...). Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio" (Rom 8, 14.16).  

Come dono di Dio questa figliolanza avviene compiutamente fin dall'inizio, da parte nostra dobbiamo prenderne progressivamente coscienza, lasciandoci di fatto guidare e pervadere dallo Spirito: "noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato" (1 Gv 3, 2) - "noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli" (Rom 8, 23). 

Si tratta di lasciarci ogni giorno  convertire alla mentalità del vangelo, così spesso controcorrente rispetto alla mentalità del  "mondo", per assumere gli stessi modi di pensare e di agire di Gesù, finché diventeremo  pienamente "conformi all'immagine del Figlio suo" (Rom 8, 29). 

Più assomiglieremo a  Gesù, vivendo come lui è vissuto e praticando quanto ci ha insegnato, più il Padre ci  riconoscerà come suoi figli.