In questo anno centenario della nascita al cielo del santo Fondatore, don Luigi Guanella, vi vogliamo offrire alcune sottolineature e chiavi di lettura su temi descrittivi la spiritualità di don Guanella. In questi mesi di settembre-dicembree porremo la nostra attenzione sul concetto di PADRE.  

 

Dire «padre» significa evocare una relazione costitutiva dell'essere e del divenire umano. Infatti il termine è indicativo della dinamica interiore, plasmata di affetti e di conflitti, di memoria e di oblio, di protezione e di nostalgia che toccano profondamente la sfera del cuore umano. 

Negli ultimi decenni del XX secolo siamo stati testimoni di come la «figura del padre» abbia subito forti resistenze nella cultura occidentale, a partire dalla tendenza critica nata dall'ambiente europeo e dai suoi «maestri del sospetto». 

In modo particolare l'idea di «padre» è stata avversata dall'esasperato soggettivismo latente nelle scelte e nei comportamenti generali del mondo emancipato. Un ruolo importante è dovuto anche alla forte critica del movimento femminista contro la forma sociale di tipo patriarcale e ad una concezione subordinata dalla donna nei riguardi del patriarcato. Per diverse ragioni alcuni autori hanno parlato della «disfatta del padre» (H. Tellenbach), alludendo al rifiuto di una visione patriarcalista della vita e delle relazioni sociali, che ha interessato in modo particolare la sensibilità delle giovani generazioni.

La protesta rivolta al padre (E Kafka; G. Mendel), il riscatto contro forme latenti e consuetudinarie di paternalismo, le reticenze della mentalità comune rispetto a ciò che l'essere padre simboleggia nel sistema sociale odierno hanno prodotto l'affermarsi della concezione di una «società senza padre» (A. Mitscherlich), di cui oggi avvertiamo le conseguenze nel dialogo culturale e religioso.

Non rare sono le tendenze odierne a voler costruire una «fraternità senza padri» e questo fenomeno è ravvisabile nei contesti giovanili. Di fronte alle contraddizioni della nostra cultura, nel dire «padre» l'annuncio cristiano evoca la nostalgia del «totalmente altro», insegna a «coltivare» la ricerca di un'appartenenza che non umilia l'uomo, né lo insidia nella sua natura creaturale, ma che lo accresce e lo sostiene nell'incessante ricerca di senso. Un ruolo speciale in questa prospettiva è rivestito dalla Bibbia, memoria viva di un popolo che ha fatto esperienza di Dio e della sua «paternità». 

Ripercorrere la narrazione biblica guardando al Padre, significa in qualche modo riproporre l'esodo verso la «terra» dove abitano le origini dell'uomo e dove risiedono i suoi destini.

Parlare di paternità (per es. ai giovani) non è un fatto «pacifico». Anzitutto essi vivono il timore della paternità. Non solo della paternità applicata alla persona di Dio, ma anche dell'esperienza della «paternità» storica ed esistenziale del loro vissuto. I conflitti intergenerazionali e l'esperienza della paternità «sofferta» costituiscono un punto di domanda nel contesto giovanile? 

Sarebbe interessante interrogare i nostri giovani su cosa intendono per «paternità» e sui sentimenti evocati dalla relazione con «il padre» e dal ricordo infantile della sua figura. Intendiamo sintonizzarci su questa prospettiva per aiutare gli educatori e i giovani stessi a «lavorare» sulla figura del Padre, ripartendo dalla «Parola» ispirata, dalla grande tradizione biblica e dalla sua ricchezza narrativa ed esistenziale.