Suor Marianne e suor Margaret, ora ottantenni, hanno speso la loro vita accanto ai lebbrosi della Corea.
Suor Marianne è tornata lo scorso maggio nell’isola di Sorok, dove ha sede l’ospedale nazionale Sorokdo, per celebrare il centenario della fondazione della struttura. Suor Margaret è invece rimasta in Austria, dati i limiti imposti dall’età e da una malattia degenerativa.
L’isola di Sorok, spiega ancora il quotidiano vaticano, è stata per anni uno di questi lager. Nel 1962, quando suor Marianne arriva nel paese, trova una situazione terrificante, come definita da lei stessa. “I malati dovevano chiamarci ‘signore’ ed essere umili e deferenti. Le botte erano la regola, così come gli aborti forzati e le sterilizzazioni. Ci sono voluti decenni per cambiare le cose”.
Le due donne, non ancora trentenni, a dispetto di medici e infermieri locali che usavano mascherine, guanti e tute protettive, lavoravano senza protezione. Negli anni in cui gli abusi contro i lebbrosi erano sistematici, cercavano di restituire loro la dignità perduta. “Li visitavamo al mattino presto, quando non c’era nessuno, e parlavamo con loro. Molto spesso cenavamo insieme la sera tardi, sempre per evitare i controlli. E facevamo il possibile”.