Storia degli inizi umili e difficoltosi dell’Opera Don Guanella in America Latina.
Una strada irta di ostacoli, ma luminosa per tenace carità
di don Gabriele Cantaluppi
Rievocando le vicende dei suoi compaesani costretti ad emigrare, specialmente nell’America del Sud, Don Guanella esprimeva sempre dispiacere e dolore. Su questo fenomeno, quasi inevitabile allora in quelle zone di montagna, manifestò le sue riserve sin da quando si trovava a Savogno nel 1872: «Le cose vedute di lontano ingannano sempre.
Or l’America è pur essa lontanissima da noi, eppure un grido universale si solleva nel mezzo dei nostri paesi: Viva l’America! Andiamo all’America! e partono come incontro a una cuccagna. L’abbracciano tutta intiera e poi si vedono in un mondo nuovo, ma in nulla differente da questo nostro antico, o se differente, lo è per pericoli e fatiche maggiori» (Saggio di ammonimenti famigliari, Scritti, III, p. 82).
Toccò ai suoi successori l’apertura di opere in America Latina, a partire da don Leonardo Mazzucchi, che fu superiore generale per oltre vent’anni, dal 1924 al 1946.
A Tandil, città argentina nella provincia di Buenos Aires, erano arrivati alcuni emigranti da Pianello del Lario, dove don Guanella aveva iniziato la sua opera. Tra costoro si trovava Carlo Bruni, che fu poi vice-console italiano a Tandil e, rientrato in Italia, console argentino a Verona. Egli incoraggiò il parroco di Tandil, Giulio Maria Chienno, di origini piemontesi, a mettersi in contatto con l’Opera Don Guanella a Como, in occasione di un ritorno in Italia per motivi di salute.
La posizione e le risorse naturali della città di Tandil, che favorivano l’estrazione mineraria, l’agricoltura e l’allevamento, potevano garantire ai suoi abitanti una discreta prosperità. Verso il 1925 ai Servi della Carità fu proposto di assumere la direzione dell’Asilo de Varones, un orfanotrofio per bambini.
La Divina Provvidenza, il bollettino delle opere guanelliane, nel settembre 1925, annunciava «l’inizio dell’opera dei Servi della Carità in America» e l’invio dei primi tre religiosi, che il 29 ottobre sarebbero salpati da Napoli. Erano don Francesco Rovida, quarantenne, fratel Silvestro Lombarda, di un anno più grande, e il giovane don Umberto De Angeli, di 24 anni. In una lettera pubblicata poi sullo stesso bollettino, raccontarono le vicende del viaggio: dopo essere passati per Santos in Brasile e per Montevideo in Uruguay, erano giunti a Buenos Aires e successivamente a La Plata, dove ossequiarono il vescovo della diocesi, e infine a Tandil.
In questa città si avvertiva la necessità di un ricovero per ragazzi orfani e abbandonati, perciò il parroco Chienno aveva progettato di dare inizio a quest’opera, aggiungendovi anche una scuola di arti e mestieri per garantire un futuro onesto ai ragazzi. Egli propose alla congregazione delle Figlie di Maria di prestare temporaneamente un edificio di loro propietà per stabilirvi l’Asilo de Varones. Il 2 gennaio 1926 l’orfanotrofio cominciò a funzionare, dapprima con ragazzi interni, ai quali dopo due mesi si unirono gli esterni. I guanelliani avevano la supervisione delle attività e dell’animazione educativa. L’opera assunse subito una grande importanza e si guadagnò sostegno e simpatia, ma come in ogni nuova fondazione non mancarono le difficoltà.
I rapporti con il parroco Chienno per la gestione dell’opera si incrinarono, a motivo del bisogno di autonomia. Una lettera di Carlo Bruni al superiore generale don Mazzucchi comunicava che i due sacerdoti, pur esemplari nella loro vita, «offrono deficienza e lasciano a desiderare col loro comportamento civile-sociale, specialmente col signor parroco, le monache, etc. per la loro ignoranza dell’ambiente, unita a evidentissima inesperienza e a certa dose di leggerezza». Don Mazzucchi inviò da Roma come visitatore il direttore della Pia Unione del Transito di san Giuseppe, don Walter Disler, che riuscì a mitigare un po’ il conflitto, ma dovette però riconoscere che l’ambiente era assai difficile, pur giustificando l’operato dei confratelli. Anche il vescovo diocesano Francesco Alberti, dopo aver acconsentito alla raccolta di offerte in vista della costruzione di un nuovo edificio, inaspettatamente revocò il permesso.
A conclusione di tutta la vicenda, don Mazzucchi prese direttamente contatti in vista di una possibile apertura a Buenos Aires. Don Disler chiuse definitivamente l’istituto di Tandil nel settembre del 1927; i bambini furono collocati altrove e gli alimenti rimasti nei magazzini furono donati ai poveri. I guanelliani vi erano rimasti due anni, dal 1925 al 1927.
Ma la croce di questa amara cessazione, cristianamente accettata, nelle mani di Dio divenne seme di vita rinnovata. Nuove opere guanelliane sarebbero sorte in Argentina, anche grazie alla mediazione e alle informazioni di don Disler, che propose progetti alternativi concordati con vescovi e autorità civili. La scelta per una nuova fondazione cadde su Buenos Aires, dove ai tre confratelli provenienti da Tandil si unirono dall’Italia don Santino Busnelli e i due studenti teologi Edoardo Maggioni ed Evaristo Santinelli. Il 1 gennaio 1929 venne inaugurato l’Istituto San José, con la scuola elementare e un corso professionale di agraria, destinati alle classi più povere. La nuova fondazione ebbe un rapido sviluppo e in breve vi fu costruita la grande chiesa del Transito de San José, presto elevata a parrocchia.
L’opera guanelliana si estese poi a Santa Lucia, a nord della capitale, con una scuola media gratuita per bambini poveri, realizzata grazie alla alla donazione della famiglia O’Farrel, di chiara origine irlandese. E in questi stessi anni a Tapiales, nei sobborghi di Buenos Aires, fu aperto il seminario guanelliano.
In America Latina le opere si sono poi moltiplicate con scuole, parrocchie, case di riposo, centri di assistenza e formazione. Nel 1940 i guanelliani giunsero in Paraguay; dal 1947 sono presenti in Brasile e dal 1948 in Cile. Più recentemente è stata la volta del Messico (1983), della Colombia (1987) e del Guatemala (1997), con una presenza ormai diffusa in tutto il grande continente latinoamericano.