La Casa Santa Maria delle suore guanelliane. Studi, testimonianze e documenti in un ricco volume di storia che conclude le celebrazioni per il centenario
di Fabrizio Fabrizi
Avevano raccolto oltre 150 mila lire del 1922 (più di 170 mila euro) «nonostante il caro vivere» ed erano riuscite a ottenerne 100 mila da Benedetto XV: a Roma le suore di don Guanella volevano «allargare le tende per accogliere tutte le domande di infelici che da ogni parte ci vengono rivolte». Non potevano certo scrivere Posti esauriti all’entrata della Casa Pio X a San Pancrazio, dove dal 1908 ricoveravano anziane, orfane, disabili psichiche e fisiche. Quindi misero in pratica ciò che don Guanella – quasi senza pensarci – aveva scritto nel 1893, parole che sono l’emblema della sua santità: «Finirla non si può, finché vi sono poveri a ricoverare, bisogni a provvedervi. Più si fa, più la Providenza farà: e di fare è gran bisogno».
La scoperta fortunata di un video del produttore tedesco Marzen offre l’unica ripresa, finora nota, di san Luigi Guanella. Partecipava al Congresso mariano internazionale del 1912
di Riccardo Bernabei
Un vecchio filmato, ovviamente muto e in bianco e nero, una lunga processione attraversa l’inquadratura. Nell’interminabile corteo compare un anziano sacerdote, con un’andatura un po’ affaticata ma decisa. Il volto, per chi lo conosce, è inconfondibile. Sono i pochi ma preziosissimi secondi in cui possiamo osservare don Guanella, l’unica sequenza filmata del santo.
Novant’anni di vita della Casa Don Guanella di Barza d’Ispra (Varese). Con le iniziative che richiamano un passato importante per i guanelliani, ma anche un futuro creativo e promettente
di Sergio Giuseppe Todeschini
La Casa Don Guanella di Barza d’Ispra celebra i suoi novant’anni di presenza (1934-2024) in territorio varesino sul Lago Maggiore. Fu in questa località amena che la congregazione dei Servi della Carità acquistò una villa signorile e la trasformò in noviziato, per accogliere i giovani in formazione chiamati a diventare, dopo un serio discernimento, sacerdoti o fratelli laici tra i guanelliani. Per aiutare i seminaristi a sperimentare la vocazione e iniziare un servizio ai poveri, negli anni Cinquanta venne costruita accanto alla villa una comoda casa di riposo, che dopo varie ristrutturazione accoglie oggi oltre una cinquantina di anziani.
Il “sogno” di don Guanella continua a realizzarsi a Perugia, con la struttura dell’Istituto Sereni recentemente inaugurata
di don Giovanni Amico
Quel giorno a Campodolcino, festa patronale di san Giovanni Battista, il piccolo Luigi aveva ricevuto in regalo un sacchetto di dolci. «Fa festa anche tu!», gli aveva detto il cognato. Un vecchietto, che improvvisamente gli comparve davanti e gli chiese il piccolo sacrificio di qualche dolcetto, lo tormenterà per tutta la vita. Don Guanella vedrà sempre davanti a sé il povero bisognoso e non passerà davanti a lui in modo indifferente. Ripeterà infatti: «Un cuore cristiano che crede e che sente non può passare innanzi alle indigenze del povero senza soccorrervi».
Nuove strutture per l’Istituto Sant’Antonio dell’Opera Don Guanella a Cassago Brianza. Inaugurati il parco e gli spazi del Centro Diurno Disabili
Sabato 19 ottobre 2024 è stata una giornata importante per l’Istituto Sant’Antonio - Opera Don Guanella di Cassago Brianza (Lecco). Davanti alle autorità del territorio è stato infatti presentato il risultato dei primi lavori realizzati all’interno e all’esterno delle strutture, in località Campi Asciutti. L’obiettivo di tale trasformazione è giungere alla progressiva riqualificazione degli spazi destinati sia agli utenti del Centro Diurno Disabili che ai gruppi residenziali che vivono all’interno dello storico istituto socio-educativo.
Storia degli inizi umili e difficoltosi dell’Opera Don Guanella in America Latina.
Una strada irta di ostacoli, ma luminosa per tenace carità
di don Gabriele Cantaluppi
Rievocando le vicende dei suoi compaesani costretti ad emigrare, specialmente nell’America del Sud, Don Guanella esprimeva sempre dispiacere e dolore. Su questo fenomeno, quasi inevitabile allora in quelle zone di montagna, manifestò le sue riserve sin da quando si trovava a Savogno nel 1872: «Le cose vedute di lontano ingannano sempre.
Tre giovani hanno donato la loro vita alla Congregazione guanelliana con la professione perpetua, emessa il 29 settembre 2024, e il diaconato, ricevuto il successivo 19 ottobre. Offrono le loro testimonianze per ringraziare Dio del dono della vocazione
I guanelliani italiani hanno celebrato i loro primo Capitolo
Provinciale, in continuità con il cammino precedente delle due
Province e proiettati verso il prossimo Capitolo Generale.
L’ispirazione nel titolo riprodotto qui sopra
di don Davide Patuelli
Una volta che i figli sono diventati grandi, un papà e una mamma continuano a condividere il loro cammino di vita e guardano verso le loro mete future; li incoraggiano a mettere a profitto i doni ricevuti e a correggere gli inevitabili difetti; gioiscono per i successi e sono in pensiero nei momenti di difficoltà; se credenti, offrono a Dio tutto quanto riempie la giornata per arricchire la preghiera in favore dei loro cari.
Fatte le debite proporzioni, la Vita consacrata ricorda una famiglia. Non solo perché, nello specifico della vita religiosa guanelliana, la “familiarità” è una componente essenziale, ma anche perché nella loro plurisecolare esperienza gli ordini religiosi hanno fissato momenti periodici durante i quali, in forma comunitaria e fraterna, da un lato guardano il recente percorso individuando luci e ombre, e dall’altro gettano lo sguardo sul futuro, certamente non sempre facile da leggere e interpretare, ma comunque luogo ove prende forma il progetto di Dio.
Tali momenti sono i Capitoli che, a livello di Provincia religiosa, si svolgono ogni tre anni. Poiché la Provincia San Luigi Guanella, comprendente le case di Italia, Svizzera e Israele, è nata appena lo scorso 22 dicembre 2022 unificando le due precedenti Provincie italiane, quello che si è svolto a Barza d’Ispra (Varese) tra il 3 e 9 il marzo scorso è stato il primo Capitolo Provinciale.
Quarantasette religiosi, in rappresentanza di tutte le comunità, sono convenuti nella bella casa guanelliana in prossimità della sponda lombarda del Lago Maggiore, dove hanno vissuto giornate intense, intrise di preghiera (se crediamo che lo Spirito Santo è il motore delle nostre scelte, occorre dargli spazio), di ascolto degli esperti (uno sguardo competente offre una visione più completa della realtà ecclesiale e sociale, sempre più complessa), di sincero confronto («Gli uomini con il parlare si intendono», diceva san Luigi Guanella) e anche di schietta fraternità (belli i momenti informali, come quelli dei pasti e del tempo libero nei quali si approfondisce la conoscenza reciproca).
Il tutto all’insegna della sinodalità: è una parola frequente di questi tempi, anche per volontà di papa Francesco che non perde occasione per ribadirne l’importanza nella vita della Chiesa. Ma sotto questo aspetto la Vita consacrata può considerarsi favorita, perché da sempre si basa su alcuni momenti essenziali, quali appunto i Capitoli, in cui ogni membro è chiamato a dare il suo contributo affinché tutti procedano in un “cammino comune” (questo è il significato della parola “sinodo”) lungo le vie tracciate dallo Spirito.
E di che cosa si è parlato in questi giorni capitolari di inizio marzo 2024?
Anzitutto ci siamo guardati in faccia per ribadire che la nostra Vita religiosa guanelliana può continuare ad avere un senso anzitutto per noi che l’abbiamo scelta – e poi conseguentemente per gli altri che con noi la condividono – solo se affermiamo il primato della dimensione spirituale e di quella fraterna: infatti spiritualità e fraternità sono i due pilastri insostituibili nella costruzione di “case” che non siano solo di mattoni ma luoghi realmente abitati dal carisma del nostro santo Fondatore.
Nello svolgimento della nostra missione tra i poveri – i “beniamini” di don Guanella, che egli ci ha affidato – non siamo però da soli, poiché tanti laici, donne e uomini più o meno legati al carisma guanelliano, collaborano con noi. Occorre allora accompagnarli aiutandoli a scoprire che il carisma è una ricchezza anche per ciascuno di loro.
Si è deciso di dedicare particolare cura (è stato questo il secondo tema del Capitolo) verso le figure apicali, ossia i laici che rivestono ruoli di responsabilità all’interno delle nostre opere, perché cresca in loro la consapevolezza del “dono ricevuto” (questo è il significato di “carisma”) a beneficio dei nostri assistiti e degli altri collaboratori laici.
In un mondo in continua evoluzione cambia anche il modo con cui lo Stato italiano guarda gli enti del cosiddetto Terzo Settore, del quale le nostre opere fanno parte in quanto istituzioni a carattere sociale. Anche le realtà ecclesiali che operano nella cura dei bisognosi sono chiamate a scegliere quale forma particolare assumere, ma sempre in modo che la Provincia possa continuare la sua opera, nel rispetto delle normative e soprattutto in continuità con il dettame carismatico. Questo è stato il terzo tema capitolare.
La Provvidenza, che don Guanella non si stancava di invocare e riconosceva presente nella sua vita anche attraverso la stabilità economica, anche oggi ci chiede un saggio uso dei beni materiali e ci ricorda sempre che tutto ciò che possediamo non è nostro, ma dei poveri, «i nostri padroni», come li definiva san Luigi. Tale riflessione ci ha indotto a scelte improntate a oculatezza e competenza nella gestione delle nostre strutture. Questo l’ultimo impegnativo tema trattato.
Infine, questo Capitolo Provinciale è stato celebrato in vista del XXI Capitolo Generale, che si terrà nel prossimo mese di ottobre; pertanto sono stati scelti i confratelli rappresentanti la nostra Provincia all’assise capitolare, che prenderà in considerazione la vita di tutta la Congregazione e procederà all’elezione del Superiore Generale e del suo Consiglio. Momento senz’altro delicato e importante.
«Nella storia come un dono che si rinnova», recitava il titolo di questo I Capitolo della Provincia San Luigi Guanella. Abbiamo vissuto questo evento con la consapevolezza che è dentro questa storia – certamente complessa ma nello stesso tempo carica di op-
portunità – che siamo chiamati a far rivivere il carisma guanelliano, un dono che ha ancora tanto da dire non solo a ciascuno dei seguaci del nostro santo Fondatore ma anche alle donne e agli uomini del nostro tempo.