Nel 1925 il vescovo di Lugano guidava i pellegrini a Roma. Cento anni dopo la sua voce ancora ci parla
di Riccardo Bernabei
Il venerabile Aurelio Bacciarini, vescovo di Lugano dal 1917 al 1935, aveva fatto dei pellegrinaggi uno strumento fondamentale della propria azione pastorale. L’anno giubilare del 1925 fu occasione per guidare 1.800 suoi diocesani a Roma, in due pellegrinaggi svoltisi fra settembre e novembre di quell’anno.
I pellegrinaggi si svolgevano in maniera simile a quelli di oggi. Si partiva in treno, si dormiva in albergo, in città si usava il tram. Certo non era un viaggio comodo: da Lugano a Roma ci volevano due giorni. La santa Messa veniva celebrata tutti i giorni alle sei del mattino e il programma degli impegni era particolarmente fitto.
A distanza di un secolo possiamo unirci ai pellegrini di quell’epoca per ‘ascoltare’ le parole di Bacciarini. Uomo meticoloso, scriveva tutti i suoi discorsi su piccoli quaderni, che si sono conservati e sono custoditi presso l’Archivio storico della Postulazione generale, nel Centro Studi Guanelliani a Roma.
Dopo San Pietro (vedi discorso nel box) il pellegrinaggio prevedeva la visita delle altre basiliche papali: Santa Maria Maggiore «prova gloriosa del compimento della profezia pronunciata dalla Vergine stessa: Tutte quante le generazioni cristiane mi chiameranno beata!»; San Giovanni in Laterano: «il sacro monumento che segnò la fine delle persecuzioni»; San Paolo, costruita sulla tomba dell’Apostolo con «un grande desiderio di venire a Roma, e ci venne, ma prigioniero della fede».
Non poteva mancare, fra le diverse tappe, quella guanelliana a San Giuseppe al Trionfale. Qui Bacciarini, che vi era stato parroco dal 1912 al 1915, raccontò ai fedeli ticinesi la storia della chiesa con rapide ma suggestive pennellate: «Don Guanella guardò intorno: non vide chiesa vicina e concepì l’idea di costruire una chiesa a vantaggio di questa abbandonata plaga. Denaro non aveva, ma confidava nella Provvidenza. E siccome sapeva che Pio X teneva in mano le chiavi del Cuore di Dio, si recò anzitutto da lui per avere consiglio ed aiuto».
Bacciarini si era prestato, in quei giorni, anche a fare da ‘guida turistica’ ai ticinesi che potevano ammirare le bellezze della Città eterna. Ma era soprattutto era un pastore, che si rivolgeva al proprio popolo per aiutarlo a comprendere il significato di quel gesto, e a trarre profitto dall’esperienza. Lo ha fatto con uno stile semplice e diretto, capace di colpire il cuore degli ascoltatori, «in modo che questi giorni siano santi e pieni di grazie per noi, per le intenzioni che portiamo con noi, per le intenzioni del Papa».