DON GIOVANNI DI TULLIO nasce a Montagano, Campobasso, da papà Alessandro e da mamma Maria Concetta Galuppo, il 27 febbraio del 1937. Di loro don Giovanni scriverà in occasione del suo 40° di sacerdozio il 23 giugno 2003: “Ai miei genitori il grazie per la vita e per l’affetto generoso intriso di tanti sacrifici; l’amore eterno è la loro migliore ricompensa”.
Riceve il dono del Battesimo il 4 marzo dello stesso anno e quello della Cresima da Mons. Alberto Carinci il 15 luglio del 1950, sempre a Montagano. Siamo nel mezzo delle grandi celebrazioni dell’Anno Santo con risonanze in ogni parte del mondo e nel cuore del piccolo Giovanni già si andavano annunziando progetti che a lungo termine lo avrebbero portato a diventare “alter christus”, vero difensore della ortodossia e qualificato soldato innamorato del suo “generale”. Scriverà infatti molto più tardi: “Confido e mi affido alla volontà di Dio che è sempre il vero bene per me nel presente e nel futuro”(23/06/2003).
Il primo contatto con l’Opera don Guanella, Giovanni lo ha il 20 agosto nel 1948, all’età di 11 anni quando si trasferisce da Montagano nella Casa San Giuseppe di Roma-Ricovero e frequenta le classi delle medie presso le nostre scuole al Trionfale. Nei primi giorni di settembre del 1952 è chiamato a compiere un altro passo da gigante nella geografia italiana salendo da Roma fino ad Anzano del Parco (Co) per le scuole ginnasiali. In questa comunità vive l’esperienza del postulato che ormai lo orienta alla vita religiosa guanelliana.
Segue il biennio di noviziato nel seminario di Barza d’Ispra (VA) dove il 12 settembre del 1955 emette pubblicamente la professione religiosa pronunciando i voti semplici di castità, povertà ed obbedienza.
Completa la tappa della prima formazione con il corso teologico a Chiavenna dal 1959 al 1963.
I giudizi di coloro che hanno curato la sua formazione mettono sempre in evidenza la sua pietà, l’applicazione allo studio, la disponibilità volontaria nei lavori manuali, specie per quelli che richiedevano maggior fatica, l’impegno in crescendo, anno dopo anno, nella correzione del suo carattere forte, autoritario.
Al termine del Tirocinio tra i ragazzi del nostro Centro di Gatteo, nel 1958, il formatore, don Nicola Cicchino, che lo ha seguito e conosciuto in quell’anno può scrivere una relazione che lascia intravedere quell’uomo nuovo che sta crescendo sempre più dentro il chierico Giovanni Di Tullio: “Di lui tutto fa bene sperare. Anche i confratelli ne sono contenti. Assiduo ai SS.Sacramenti e nelle pratiche di pietà; pronto nell’osservanza delle regole. Con i Superiori e con i ragazzi che assiste è mite e delicato. La Congregazione, se corrisponde adeguatamente alla grazia di Dio, avrà un sacerdote che darà belle soddisfazioni.”.
Il 23 giugno del 1963 porta a termine il suo itinerario di preparazione all’Ordinazione sacerdotale e diventa prete a Como per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria di Mons. Felice Bonomini, vescovo ordinario.
Tu es sacerdos in aeternum, secundum ordinem Melchisedek!
I primi sette anni di sacerdozio sono per don Giovanni occasione per un tuffo concreto nella pedagogia guanelliana. E’ educatore prima dei ragazzi del nostro Collegio di Como, Casa Divina Provvidenza e poi nel Centro educativo di Napoli Miano dove il contatto con le povertà e i problemi di ogni genere della gente del quartiere lo plasmano e preparano ad un rapporto schietto, non troppo edulcorato, ma ricco di misericordia e comprensione, con il popolo dei quartieri della città di Roma dove sarà inviato come pastore: Trionfale e Valle Aurelia.
Dal 1970 fino alla sua morte don Giovanni vive la sua missione di sacerdote-religioso nella città eterna di Roma. Trentasette anni vissuti nell’ambito pastorale.
Giunge, infatti, a Roma nel dicembre del 1970, come assistente dell’Oratorio di San Giuseppe al Trionfale. Vi rimane 12 anni promuovendo una mole incalcolabile di attività per i suoi giovani. In occasione dei suoi funerali ci sono giunte diverse testimonianze del popolo di Dio che lo ha incontrato e ne ha gustato i doni di uomo e di sacerdote. Di quegli anni di animazione tra i giovani, il signor Giorgio Sportello così lo ricorda: “Oltre a insegnare musica, don Giovanni gestiva anche l’Oratorio. Ricordo quando aggiustava i biliardini guasti e, soprattutto quando ne faceva la manutenzione. Spesso ci chiamava per aiutarlo e ci dava lezioni di vivere civile e soprattutto, insegnava ai giovani ad essere collaborativi e disponibili con i ragazzi meno fortunati. Chiedendo l’autorizzazione ai miei genitori mi portò a visitare i ragazzi disabili al “Vaccari”. Quell’esperienza forte la ricordo ancora molto bene: vedere tanti ragazzi che vivevano in Istituto, senza il conforto dei genitori, con vari tipi di handicap, sia motorio che psichico, mi fecero riflettere molto sull’importanza di aiutare i più bisognosi. Questa esperienza durò per tutto il periodo delle scuole medie”.
Il 1 settembre del 1982 su proposta dei Superiori guanelliani, il Vicario del Papa per la città di Roma, Cardinal Poletti, lo nomina parroco della Parrocchia San Giuseppe Benedetto Cottolengo di Valle Aurelia. Un quartiere caro all’Opera don Guanella, perché aveva trovato attenzione e amore già nel cuore del Fondatore. E’ il quartiere dei fornaciari verso i quali don Guanella usa premure pastorali insolite. Anche se recentemente abbiamo affidato la Parrocchia alla Diocesi di Roma si continua però ad offrire nella famosa “Valle d’Inferno” il nostro servizio pastorale festivo e con la presenza dei Cooperatori guanelliani e l’UNITALSI una bella testimonianza del carisma di carità.
Il Cardinal Poletti consacrando la nuova chiesa di Valle Aurelia e volendo descrivere la sua posizione geografica piuttosto interrata in riferimento alla strada e al quartiere, la paragonò al campo di grano nel quale viene gettato il seme buono: non si vede, perché nascosto dalla terra, ma si sa che nel buio della terra è tutto un fervore vitale fino ad esplodere all’esterno in vita nuova prima nel germoglio, poi nello stelo e infine nella spiga alta, visibile e piena di grano buono.
L’attività del parroco don Giovanni nei ben 19 anni di responsabilità pastorale, si descrive in perfetta sintonia con questa esperienza augurale descritta dal Cardinal Poletti.
Quante testimonianze di gente semplice, comune che in don Giovanni hanno trovato un padre, un amico, una guida, un consolatore, un sostenitore.
Il signor Marcello Parisi lo ricorda così: “La mia vita con la sua si sono incrociate nei momenti per me importanti: prima all’Oratorio di San Giuseppe al Trionfale come sacerdote della mia vita di adolescente; poi nella chiesa di san Giuseppe Benedetto Cottolengo come parroco della mia nuova parrocchia, così Dio me l’ha ripresentato per celebrare il mio matrimonio…In ogni occasione, la presenza di don Giovanni mi ha trasmesso serenità e certezze durevoli. Nonostante gli intervalli tra un incontro e l’altro, mi sembra di averlo avuto vicino ogni giorno come un grande amico di famiglia. Rapporto premuroso il suo: telefonava per ogni anniversario del mio matrimonio, assicurandosi che regnassero gioia e amore nella mia famiglia, ma anche nelle famiglie dei miei parenti, che lui conosceva. Ma la cosa più straordinaria è che chiedeva notizie di tutte le persone con le quali eravamo legati dal ricordo dell’Oratorio. Nonostante fossero passati ormai molti anni ricordava le situazioni personali, i nomi e i cognomi!
L’ultima telefonata di don Giovanni è stata il 9 febbraio 2007, un mese prima della sua morte, per il mio anniversario di matrimonio. Parlando anche della recente morte di mia suocera, mi garantiva che certe persone di spirito, come era lei, sono ancora presenti tra di noi, più dopo la morte, che da vivi. E’ la preghiera che rivolgo al Buon Dio perché don Giovanni continui ad essere presente nella mia vita ora più di prima”.
Una testimonianza anonima descrive anche il suo ministero di sacerdote: “Ho sperimentato l’efficacia della sua predicazione, ma soprattutto del Sacramento della penitenza. Concreto, forte e deciso, non faceva “sconti” per il peccato, colpiva diritto al cuore, ma non ti dava il tempo di rattristarti, perché ti rimandava subito alla grande misericordia del Padre. E io ne uscivo sempre consolata”.
Nel marzo del 2001 la sua salute è minata in maniera compromettente e i Superiori ritengono che per don Giovanni sia venuto il tempo di una responsabilità pastorale non più di prima linea. E’ trasferito nella Parrocchia di San Giuseppe al Trionfale, come vicario parrocchiale. In questi ultimi sei anni della sua vita, insieme alla sofferenza per la sua salute sempre più in declino, c’è una volontà ferma e risoluta in don Giovanni di consacrare per la promozione del Regno di Dio tutto il tempo che gli rimaneva a disposizione tra visite specialistiche, ricoveri frequenti in ospedale, crisi cardiache. Il suo ministero è sempre fecondo, specie nel confessionale dove la gente lo attende e lo cerca per aprirsi a lui e ricevere quelle indicazioni chiare e concrete di cui si è sempre alla ricerca nella vita spirituale.
Anche di questo periodo abbiamo belle testimonianze che riporto a edificazione ed esortazione per tutti noi suoi confratelli sacerdoti: ”Don Giovanni era il mio confessore. In realtà era molto di più e, a volte, la confessione era l’occasione per parlare un po’ con lui. Quasi fratello e padre, riusciva sempre a trovare le parole giuste per aiutarti, proprio le parole che tu avevi bisogno di sentire in quel momento. Tante volte mi ha dato conforto e speranza, ma, soprattutto, mi ha aiutato a ritrovare la Fede in Dio nei momenti in cui la sentivo vacillare. E sempre, uscendo dal confessionale, insieme alla benedizione, mi portavo dentro il suo incoraggiamento e una fiducia nuova per affrontare con spirito cristiano le difficoltà, le paure e i dubbi della vita quotidiana. Grazie don Giovanni, hai fatto tanto per tanti, ora riposa in pace” (Simonetta Corso).
“Caro don Giovanni, sono una delle tante persone cui hai voluto sempre bene! Anch’io vorrei dire la mia testimonianza…Come ben sai sono venuta da molto lontano e sono parecchi anni che lavoro in questa chiesa insieme a mio marito. Ti voglio ringraziare per tutto l’incoraggiamento, i consigli e la forza di andare avanti che sempre ci davi! Quanto ci mancherà quel saluto affettuoso ogni mattina e quel sorriso e la sua mano appoggiata sulla nostra spalla che ci trasmetteva serenità, forza per svolgere il nostro lavoro quotidiano! La tua persona, la tua anima lasciano una grande luce. Il tuo cristianesimo vero, autentico, forte, è stato per tutta la nostra famiglia un sostegno unico e insostituibile. Il tuo esempio ci guidi dall’Alto, ci protegga ancora, protegga i nostri figli! Il Signore, che già ti ha accolto nelle sue braccia, ti faccia risplendere come luce del suo volto per sempre!” (anonimo).
Il 13 marzo del 2007 la morte la chiama ad abbandonare la terra per il cielo e don Giovanni era pronto a dire il suo “Eccomi Signore!”.
L'eredità spirituale di don Giovanni Di Tullio
Quanto bello è l’augurio formulato sulle spoglie mortali di don Giovanni da questa credente: “Il Signore, che già ti ha accolto nelle sue braccia, ti faccia risplendere come luce del suo volto per sempre”.
Non è forse stato sempre il sogno e l’impegno quotidiano di don Giovanni?
Ce lo ricorda proprio lui a mo’ di testamento spirituale nel giorno del 40° anniversario della sua Ordinazione sacerdotale: “Per quanto mi riguarda oggi più che mai sento il valore e la bellezza di ogni giorno che mi regala la Provvidenza, specie dopo l’esperienza sofferta e critica del febbraio 2000. Quello che conta è quanto ho permesso che il Signore scrivesse nella mia vita, e l’immagine (foto) che sono riuscito a ricomporre di Gesù in me”.
Grazie don Giovanni!
Come confratelli siamo fieri di te, della tua vita, eloquente profezia di carità, del tuo impegno quotidiano come figlio del Beato Fondatore e come servo della Carità.
Il cammino di santità di don Giovanni Di Tullio
Due semplici parabole della sua vita:
1. Quel bottone mancante
Ho nel cuore un tuo ricordo, don Giovanni!
Spesso, al sabato, t’incontravo in sacrestia quando, dopo aver assolto a qualche incombenza parrocchiale, t’apprestavi a dare inizio al compito tuo più elevato, quello di confessore. Al sentir di molti tu opravi con dolcezza, profonda semplicità e trasparente schiettezza di modi e parole.Nel momento in cui, tu abitualmente indossavi la “sottana” notavo sempre che ti mancava un bottone nero…
Don Giovanni -dissi- perché non ti fai attaccare codesto bottone? Forse non lo sai fare da solo?
Son capace… son capace…! Rispondevi pacatamente.
E allora perché non lo fai?
Perché da quel bottone mancante faccio prendere aria al mio cuore malandato!
Ed io ti ho riservato un posticino nel profondo del mio, don Giovanni. Ciao!
(Un amico).
2. Il suo ultimo sorriso
Il giorno del suo funerale nella basilica di San Giuseppe al Trionfale passò un signore che distribuiva delle immagini di don Giovanni, in particolare alle signore anziane presenti. Avrei desiderato una di quelle immagini ma erano tutte finite. Tra me e me chiesi a don Giovanni di regalarmi un ultimo suo sorriso ed uscii dalla Chiesa. Fuori dalla Chiesa c’era un gruppo di suore; una di esse aveva in mano due immagini di don Giovanni; le chiesi se poteva farmi fotografare con il cellulare l’immagine, ma lei me la donò. Ecco: don Giovanni che mi regalava il suo ultimo sorriso” (Giorgio Sportello).