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" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)
El P. Roberto Carlos Corvalán (Piqui), servía a los abuelos en nuestro hogar en santa Fe en Argentina. Luchaba ya hacía tiempo con problemas en los riñones hasta tener que hacer un trasplante, pero infelizmente, tras complicaciones en el funcionamiento de uno de ellos, no resistió y falleció en la noche del sábado 28 de agosto, con solo 46, años. Será sepultado en Santiago del Estero, su tierra natal.
Qué Dios, la Virgen y el Santo Fundador lo reciban en el Paraíso por el bien, que con la gracia de Dios y con su respuesta, supo hacer en su vida como religioso y sacerdote Guanelliano.
Y a nosotros nos dé la certeza de que no está muerto, sino que duerme, de que no ha perdido la vida, sino reposa, porque ha sido llamado a la vida eterna por los siglos de los siglos.
Recemos por el sufragio de su alma, por el consuelo de su familia y por la comunidad de Santa Fe.
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Il 4 marzo 2023, in tarda mattinata, in maniera inaspettata, ci ha lasciati il nostro confratello don Romano Argenta (avrebbe compiuto a settembre 89 anni) della comunità San Giuseppe al Trionfale in Roma.
" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)
Nato a Roma il 24 aprile 1923
Entrato a Fara Novarese, l’11 ottobre 1938
Noviziato a Barza d’Ispra, dal 12 settembre 1943
Prima Professione a Barza d’Ispra, il 12 settembre 1945
Professione Perpetua a Barza d’Ispra, il 12 settembre 1948
Sacerdote a Milano, il 1o luglio 1951
Morto a Montebello di Perugia, il 23 gennaio 2016
Sepolto nel Cimitero di Prima Porta, Roma
Don Romano Di Ruscio nasce a Roma il 24 aprile 1923 da mamma Elisa D’Erasmo e da papà Secondo e, come tanti bambini delle famiglie romane, riceve il battesimo nella Basilica di San Pietro il 26 giugno dello stesso anno. Da bambino comincia a frequentare l’oratorio di Valle Aurelia appartenente alla Parrocchia di San Giuseppe al Trionfale e amministrata da padri guanelliani. È il tempo in cui oltre a crescere nella fede sbocciano i primordi della vocazione religiosa guanelliana. Romano si lascia condurre con grande apertura di mente e di cuore sulle strade del discernimento vocazionale e alla fine aderisce con grande disponibilità all’invito del Signore di seguirlo nella vita consacrata guanelliana. Nel momento di entrare in seminario, sarà don Alessandro Zaffaroni che attesterà di lui: «ottima condotta religiosa, civile e morale ha dimostrato sinceramente e liberamente di essere chiamato alla vita religiosa». Ed ecco il momento del primo distacco dall’ambiente “romano trionfalino” per recarsi alla prima esperienza di formazione guanelliana a Fara Novarese l’11 ottobre 1938. Dopo aver completato gli studi ginnasiali si reca a Barza d’Ispra per iniziare la classica esperienza del noviziato sotto la guida di don Carlo De Ambrogi. A Barza la vita è ben scandita dai valori di una vita comunitaria religiosa: lavoro, preghiera, spirito di sacrificio, testimonianza concreta di tanti confratelli. Tutto questo lo incoraggia e sprona ad emettere il 12 settembre 1945 la prima professione religiosa. Erano gli anni della guerra, e quindi anni di rinuncia, di scarsità e malgrado tutto questo il chierico Romano proseguì il suo cammino con tenacia. Il suo percorso formativo come per tanti confratelli fu segnalato dalla presenza del Beato Cardinale Schuster, allora Arcivescovo di Milano. Sarà proprio Schuster a conferirgli i diversi Ministeri e particolarmente l’Ordinazione sacerdotale che ebbe luogo il 1o luglio 1951 nel Duomo di Milano. La grazia dell’Ordinazione presbiterale gli aprì una fonte di grazie che lui stesso non immaginava dove lo avrebbe portato e a che cosa sarebbe stato chiamato. La prima obbedienza dei suoi Superiori fu a Velletri come prefetto di disciplina nel seminario minore. Vi dimorò otto anni trasfondendo nei ragazzi in cammino vocazionale tutte le sue primizie sacerdotali e le sue doti e capacità giovanili. L’anno scolastico 1959-60 lo trascorse come educatore a San Giuseppe al Trionfale, lì proprio dove maturò la sua vocazione guanelliana sacerdotale. Ma la Provvidenza teneva riservate per lui altre sponde, precisamente negli Stati Uniti, terra d’oltreoceano visitata dallo stesso Fondatore. Il 4 giugno 1960 insieme a don Germano Pegoraro parte da Genova sul piroscafo “Giulio Cesare” diretto a New York, per raggiungere i primi confratelli che di recente erano sbarcati in terra nordamericana, pronti per entrare in un nuovo ambiente, ma senza una minima conoscenza della lingua inglese. Che incoscienza evangelica! Don Romano non si scoraggia e dopo una breve permanenza presso la Chiesa di Santa Monica di Filadelfia gli viene dato l’incarico di curarsi dei ragazzi disabili mentali. Assieme a don Paolo Saltarini, don Luigi Frangi e don Germano Pegoraro e alle suore Rosetta, Ida, Bernardine e Louise, Figlie di S. Maria della Provvidenza, dopo un duro lavoro riescono ad aprire il “Don Guanella School” il 24 ottobre 1960. Nei primi 5 anni di attività nel Don Guanella School, don Romano realizza un servizio diuturno a cinquanta ragazzi disabili. Molte sono le difficoltà che lui e il suo staff religioso devono superare; senza mai arrendersi e con la sua eccezionale dote di ottimismo riuscì a vincere tutti gli ostacoli. Da ricordare a questo proposito che, nel primo anno della “Don Guanella School”, una notte durante un violento temporale, il tetto del dormitorio viene spazzato via da una violenta raffica di vento e l’acqua inzuppa i letti dei malcapitati ragazzi che si spaventano. Don Romano, sempre con la sua calma olimpica, riesce a sistemare tutto spostando i letti dove c’è la possibilità di un riparo. In tutto questo trambusto alcuni ragazzi, che dormivano profondamente, non si accorsero di nulla. Nell’ottobre del 1968 don Romano viene nominato direttore responsabile della “Don Guanella School”. Grazie alle sue doti dirigenziali la scuola affronta notevoli innovazioni e migliorano le condizioni di ricovero dei ragazzi. Per fare tutto questo padre Romano dovette affrontare molte riunioni presso i “Catholic Social Services” dell’Arcidiocesi di Filadelfia e tanta fu la sua insistenza che ottenne tutto quanto aveva chiesto. Finalmente nel febbraio del 1975 don Romano annunciava con gioia che il progetto della nuova scuola era stato approvato e il 3 ottobre 1976, assieme a don Luigi Frangi e fratel Sante Satalino aprirono le porte ai primi arrivati al “Card. Kroll Center” di Springfield. Così in questo nuovo istituto si poterono accogliere 129 nuovi arrivati: 100 ragazzi, 26 giovani signore della Divina Provvidenza Village ed alcuni della Comunità. Il “Don Guanella Village” era equipaggiato con tutti gli attrezzi di ginnastica grazie ai quali i giovani mentalmente menomati si preparavano in campo sportivo con la possibilità di partecipare a competizioni riservate alla loro categoria. Dai 4 componenti del Villaggio del 1960 si è passati ad uno staff di 155 persone al “Guanella School” e di 85 al “Cardinal Kroll Center”. Nel frattempo don Romano partecipa ad innumerevoli corsi per avere presso lo Stato americano l’accreditamento delle istituzioni guanelliane di Springfield. Inoltre don Romano fu il primo Superiore della Vice Provincia “Immaculate Conception” e per diversi periodi esercitò questa carica. Gli ultimi anni di don Romano in quella terra dove lui aveva dato la sua vita non furono facili e dovette affrontare momenti davvero difficili. Provato da diverse vicissitudini e dalla salute che incominciava a declinare don Romano si convince che era necessario ritornare in Italia. Nel 2006, don Romano viene trasferito alla Provincia Romana San Giuseppe e destinato all’Istituto Sereni di Montebello (Perugia) come collaboratore nell’attività; aveva già i suoi 82 anni di età. La situazione della salute continua la sua corsa inesorabile di declino. Incominciano i primi segni di demenza senile che lo porteranno ben presto a doversi servire della carrozzella e di una assistenza specialistica più adeguata. È stato edificante in quegli anni assistere a quanto i confratelli della comunità hanno messo in atto per sostenerlo e renderlo il più partecipe possibile alla vita della comunità stessa. Il Signore lo chiamò a sé il 23 gennaio 2016. Aveva trascorso in questa comunità di Perugia ben 10 anni della sua vita. Don Romano che aveva donato la sua vita per i “buoni figli” di don Guanella correva a prendere il premio riservato per coloro che hanno servito Cristo nella persona dei suoi poveri. Chiediamo la sua intercessione adesso che è con il Padre per tutte le case guanelliane che si dedicano su questa terra a servire i più piccoli.
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Il giorno 6 dicembre 2021, alle ore 11.00, nella nostra Casa “Madonna del Lavoro” di Nuova Olonio, è tornato alla Casa del Padre il Caro Confratello DON SANDRO DE SIMONI di anni 84." ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)
Nato a Roma il 20 novembre 1929
Noviziato a Barza d’Ispra dal 12 settembre 1948
Prima Professione a Barza d’Ispra il 12 settembre 1950
Professione Perpetua a Barza d’Ispra il 12 settembre 1956
Sacerdote a Barza d’Ispra il 22 giugno 1958
Morto a Roma il 22 gennaio 2018
Sepolto nel cimitero di Roma Verano
I genitori di don Sergio erano di Fossato di Vico, un piccolo paese della provincia di Perugia (Umbria), quasi al confine con quella di Ancona (Marche). Pietro e Marescalchi Rosa, una volta sposati, vi abitarono in via Campo dei fiori al secondo piano, fino a quando decisero, probabilmente per lavoro, di trasferirsi a Roma in via Carlo Alberto Racchia, n. 2, rione Prati, parrocchia San Giuseppe al Trionfale. Qui a distanza di due anni, l’uno dopo l’altro, nacquero Anna nel 1925, Maria Luisa nel 1927, ed il nostro Sergio il 20 novembre del 1929, che riceverà il Battesimo esattamente 20 giorni dopo, non nella sua parrocchia, ma in quella confinante del Rosario. Nella sua, riceverà la Cresima 10 anni dopo, il 22 aprile 1939. Di ciò che visse e del come visse nel resto della sua fanciullezza, lo possiamo ricavare solo da fonti parallele. Con la scuola, che iniziò a frequentare in età scolare, va ricordato il luogo per eccellenza dei suoi svaghi, delle prime amicizie, della sua formazione alla fede e ai sacramenti: l’Oratorio di San Giuseppe al Trionfale. Da casa, vi arrivava rapidamente, all’inizio accompagnato dalla mamma, poi, man mano dalle sue sorelle, sempre più attirati dalla possibilità di incontrarsi, divertirsi, far festa, ricevere istruzione scolastica e cristiana. Probabilmente la sua decisione di entrare in seminario, appena varcata la soglia della adolescenza, dipenderà anche dal clima respirato e dall’esempio ricevuto in oratorio. A sbocciare, in effetti, non fu solo la sua vocazione. Nell’ottobre 1943, aveva quasi 14 anni, chiese ed ottenne di entrare nel nostro “Seminarietto” a Roma, in Via Aurelia Antica, 94 che, aperto durante la Seconda guerra mondiale, veniva a sostituire il Seminario minore di Ferentino, sgomberato nel 1943-1944 per il rischio-bombardamenti. Sergio fu accolto da don Olimpio Giampedraglia (1915-1980), responsabile della formazione e da una quindicina di “studentini” come lui, provenienti non solo da Roma per frequentare le prime tre classi del ginnasio (le “medie” di oggi). In quegli anni, per terminare il regolare percorso di discernimento vocazionale, era necessario essere ammesso al vero studentato dell’Opera Don Guanella, situato allora in provincia di Novara, precisamente a Fara Novarese, dove si concludevano anche gli studi ginnasiali. Sergio vi giunge nell’autunno del 1946: portava con sé i suoi 17 anni di età e la ferma decisione di donare definitivamente la propria vita al Signore. Si introdusse, non senza difficoltà, nel nuovo ambiente. Tutto era tale: il clima umido e freddo della campagna novarese, il numero complessivo dei seminaristi (oltre 100 nelle cinque classi del ginnasio), quello dei suoi compagni di classe (con lui in IV ginnasio erano 29), i suoi professori e, tra questi, il nuovo superiore, don Paolo Saltarini (1914-2007). Fara comunque fu anche il tempo di forti sollecitazioni per la conoscenza e per incominciare a vivere l’essenziale della vocazione guanelliana. Due anni bastarono a Sergio per concludere il ginnasio e meritare il passaggio alla prima vera fase formativa e relative tappe: noviziato, periodo dei voti temporanei, quello della conclusione degli studi classici e filosofici del liceo. Allora tutto avveniva in una sola località: Barza d’Ispra in provincia di Varese, dove i candidati entravano il 12 settembre di ogni anno e ne uscivano il 12 settembre di 4 anni dopo. Sergio vi giunge il 12 settembre del 1948 e, in linea con il tirocinio descritto, consacrava il primo anno al noviziato, nello stile quasi monastico dell’“ora et labora” e con la saggia e santa guida di don Armando Budino (1913-1993), padre maestro. Così anche il secondo anno: con la differenza che lo studio delle materie liceali prenderà il posto del lavoro manuale e si concluderà con la prima professione religiosa, emessa, con altri 17 compagni di classe, nelle mani del Superiore generale Don Luigi Alippi (1902-1985), il 12 settembre 1950. Gli altri due anni di permanenza a Barza saranno dedicati al conseguimento del diploma liceale. Passò quindi alla seconda fase formativa, quella del “tirocinio”, un biennio (1952-1954) durante il quale Sergio doveva dedicarsi all’apostolato guanelliano tra i poveri e verificarne la compatibilità con le sue doti personali. Il risultato fu eccellente. Infatti, giunto con altri tre confratelli tirocinanti come lui, nel nostro Istituto Fanciulli poveri di Gatteo di Romagna, mostrò quasi subito di avere ottime qualità di educatore, dando assistenza ad oltre un centinaio di ragazzi bisognosi di tutto, perché afflitti non solo da povertà materiale. Si era meritato così un altro riconoscimento, che lo abilitava a continuare nella formazione con la fase più specifica, quella della preparazione immediata al sacerdozio. I superiori, con un gruppetto di suoi compagni, lo trasferirono a Como in Casa-Madre, luogo desiderato, invidiato per le possibilità che offriva. Si viveva accanto alla tomba del Fondatore. E, in mancanza di un seminario teologico guanelliano, ai nostri studenti era concessa facoltà di frequentare la scuola del vicino Seminario Teologico Diocesano. Sergio dedicò quattro anni allo studio della teologia (1954-1958): nei primi due, si preparò ed emise la professione perpetua, donando per sempre la propria vita a Dio e alla Congregazione (1956); negli altri due, chiese ed ottenne gli ordini sacri: suddiaconato (1957) e diaconato (1958). Il 22 giugno 1958, giunse anche il più bel dono della sua vita, l’Ordinazione sacerdotale. La riceve a Barza d’Ispra, con visibile commozione e con tanta riconoscenza al Signore. Erano venuti da Roma i suoi familiari. Numerosi anche i confratelli e gli amici, che gli fecero corona. Nella sua città e nella sua parrocchia, san Giuseppe al Trionfale, festeggiò solennemente una settimana dopo. Spiegabile ora in lui la voglia di “buttarsi” nel ministero, dopo 15 anni di preparazione (1943-1958) e 29 anni di età. Fu di suo gradimento la prima sede, affidatagli dai Superiori, l’Istituto San Gaetano di Milano. Avrebbe compiuto i primi passi nel settore pastorale, sia teoricamente, perché in quella sede ai sacerdoti novelli venivano impartite lezioni di teologia pratica per l’intero primo anno di sacerdozio; sia praticamente perché avrebbe potuto fare le prime esperienze di ministero nell’adiacente parrocchia. A Milano, non era ancora trascorso l’anno di permanenza, che a don Sergio fu chiesto di trasferirsi ad Alberobello in Puglia, come educatore nel Seminario minore (1o settembre 1959). Non avendo riscontri, difficile precisare con quale stato d’animo egli accolse la decisione. Da un lato si trattava di un “salto” geografico e culturale non indifferente; dall’altro non è escluso si trattasse di un atto di fiducia nei suoi confronti: tra i ragazzi don Sergio ci sapeva fare e quindi lo si inviava nel settore a lui più congeniale, certi di ottenere risultati positivi. Sicuramente ne soffrì. E probabilmente il fatto che ci restasse solo un triennio nella Città dei Trulli, in un seminario aperto solo qualche anno prima, può essere conferma di una sofferenza non del tutto assorbita. A Bari, nell’Istituto Giovanni Modugno, dove arrivò nel settembre 1962, lavorò con molto più entusiasmo, sollecitato forse dal ricordo ancor vivo e stimolante del prof. Giovanni Modugno scomparso appena cinque anni prima (1880-1957). Era stato grande nostro benefattore, ma soprattutto apostolo in Italia di una pedagogia ispirata ai valori della religione, dell’amore, della ragione. Don Sergio ne sentì subito e forte l’influenza, si appassionò alle sue pubblicazioni, riuscì anche ad applicare alcune linee della visione “modugnana” al suo lavoro quotidiano tra i ragazzi, provenienti allora nella maggior parte da ceti poveri e zone violente della città e dintorni. Dal lavoro educativo raccolse quindi molte soddisfazioni, al punto che il ricordo di quel periodo negli anni avvenire affiorava in lui di frequente e con visibile commozione. Proprio per tutto questo, mai si sarebbe staccato dalla città pugliese. Vi lavorava ormai da cinque anni (1962-1967), e stava per avviare il sesto, quando si vide arrivare una nuova proposta. I Superiori lo invitavano a Roma come insegnante in quel “seminarietto” che lo aveva accolto ancor quattordicenne, ma che ora aveva un nome preciso “Seminario Mons. Aurelio Bacciarini” e contava un considerevole numero di allievi, tanto che ne era già stata ampliata la struttura ed era stato aggiunto, oltre le medie, il livello iniziale delle scuole superiori: il primo e secondo ginnasio. Tutto fa pensare che l’invito a don Sergio sia arrivato gradito, e non solo per il ruolo che gli veniva affidato, ma anche perché tornava nella sua Roma e a un passo dalla famiglia. Chi scrive, in quel settembre 1967, era in partenza per altri lidi, ma, essendo prefetto degli studi, ebbe la fortuna di accoglierlo ed in breve presentargli l’ambiente e la situazione in cui avrebbe operato. Lo vidi contento e ben disposto a dare il suo contributo alla crescita culturale dei nostri seminaristi. Sembra però che, quasi da subito, si siano verificate difficoltà di inserimento, specialmente a livello comunitario. Una condizione che andò sempre più acuendosi, e che, nel giro di un triennio (1967-1970), determinò per don Sergio un successivo trasferimento. Gli fu affidata la direzione della Casa di riposo Don Guanella, a Isola del Liri in provincia di Frosinone: un’opera aperta nel 1949, con un numero di ospiti che, in vent’anni, non riuscì mai a decollare. Don Sergio ci andava con il mandato di chiuderla, a seguito anche della impossibilità di una equilibrata amministrazione. Non gli riuscì, né si era preso tempo utile di ambientarsi. Lasciò passare infatti un anno e, nel settembre 1971, si assentò dalla casa, rientrò a Roma, in famiglia, avvisando i superiori che vi sarebbe rimasto per impellenti motivi familiari. Da allora, per buoni 20 anni, il silenzio fu protagonista nel rapporto tra il confratello e la Congregazione. Fu ricucito, e poi instaurato con frequenza, solo durante gli anni ’90, attraverso la preziosa mediazione del confratello don Pietro Serva (1911-2001), che si trovò a collaborare con don Sergio nell’Ospedale romano di Regina Margherita, a Trastevere. Era accaduto che don Sergio, una volta rientrato in famiglia, aveva segnalato la sua presenza in diocesi agli uffici del Vicariato e contemporaneamente aveva avanzato richiesta di continuare l’esercizio del ministero e ricoprire un ruolo pastorale. Gli rispose lo stesso vicegerente di allora, Mons. Ugo Poletti (1914-1997), che nel 1972 gli affidò, proprio perché proveniva da una congregazione di carità, la cappellania nell’ospedale trasteverino (presso il quale fissò anche la sua residenza). Eserciterà, per 40 anni, questo servizio, riuscendo via via a renderlo così esemplare, da meritarsi la stima degli ammalati, dei loro parenti, del personale medico, infermieristico, amministrativo e da essere nominato cappellano-capo, responsabile cioè della animazione di quei sacerdoti che a Roma esercitavano il suo stesso ministero. Solo a metà di questo quarantennio, nell’autunno del 1993, don Sergio, accompagnato da don Pietro Serva, salì ad incontrare in Casa generalizia il Superiore generale, appena eletto nel XVI Capitolo generale del luglio precedente. Fu un incontro molto familiare e chiarificatore, tanto che lo si concluse con l’impegno di incontrarsi spesso e ricercare insieme la volontà di Dio sul suo futuro: pur mantenendo il suo ministero di cappellano, ritornare a vivere pienamente la vita religiosa o lasciarla definitivamente, regolando anche giuridicamente la propria situazione? Da allora e per altri venti anni (1993-2012), fu possibile tener fede solo agli incontri ravvicinati, che però a lungo andare finirono per diventare scambio di saluti o poco più. Invece non mostrò mai interesse a riprendersi totalmente la sua identità o quanto meno a discuterne. Gli bastava tenersi quel legame esclusivamente giuridico, contratto con la professione perpetua nel lontanissimo 1956. Continuò però, e sempre con tanta diligenza, il suo ministero tra i malati, anche 5-6 anni oltre il raggiungimento dell’età pensionabile (per lui il 2004). Avanzando poi in età e divenendo sempre più difficile il gestirsi da solo, verso la metà del 2010, chiese ospitalità alla nostra Comunità di San Giuseppe al Trionfale, ottenendola senza esitazione alcuna, nello stile e sensibilità del Fondatore per i sacerdoti anziani. Don Sergio vi si integrò subito e abbastanza bene, almeno fino ai primi, preoccupanti segni di sofferenza mentale, apparsi sul finire del 2013. Si cercò conferma, che venne nella primavera seguente, dopo una visita specialistica presso un geriatra. Sospetta demenza fronto-temporale fu la diagnosi, che poi venne via via precisata da ricerche sempre più sofisticate. Mantenne ancora per qualche anno autonomia di movimento, anche se la malattia obbligò i confratelli al controllo continuo dei suoi spostamenti quotidiani. Poi, progredendo il male, si dovette ricorrere ad una persona, che lo accudisse per l’intera giornata. Si avvicinò dunque inconsapevolmente alla morte, sopraggiunta in comunità, nelle prime ore del 22 gennaio del 2018, dopo quasi cinque anni dai primi sintomi del male. I funerali ebbero una solennità particolare: concelebrarono una quarantina di confratelli, presenti in parrocchia per un convegno pastorale; venne ad esprimere riconoscenza e cordoglio una numerosa rappresentanza di medici e di personale sanitario dell’Ospedale Regina Margherita; parteciparono al rito anche molti parrocchiani, vicini e compartecipi delle sue sofferenze nel calvario degli ultimi anni. Aveva dato tanto ai sofferenti, ora ne riceveva il corale riconoscimento.
Don NINO MINETTI
" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)
Nato a Montagna (SO), l’11 febbraio 1922
Entrato a Fara Novarese, il 19 settembre 1934
Noviziato a Barza d’Ispra, dal 12 settembre 1939
Prima Professione a Barza d’Ispra, il 12 settembre 1941
Professione Perpetua a Barza d’Ispra, il 12 settembre 1944
Sacerdote a Fara Novarese, il 31 maggio 1945
Morto a Nuova Olonio (SO), il 4 marzo 2017
Sepolto al Cimitero di Montagna (SO)
Nel Salmo 89 noi recitiamo: «Insegnaci a contare i giorni e raggiungeremo la sapienza del cuore...Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, ma quasi tutti sono fatica, dolore, passano presto e noi ci dileguiamo». Don Tito ha ripetuto tantissime volte questa preghiera delle lodi mattutine, e di giorni ne ha contati veramente tanti!...Certamente la lunga sua esistenza gli ha permesso di raggiungere una grande sapienza di cuore. Quella sapienza del cuore che è capacità di guardare le cose con gli occhi di Dio e di considerare ogni stagione della nostra vita come un’esperienza del dono di Dio. La Provvidenza gli ha donato molte qualità umane e di intelligenza, ma certamente il dono più bello di cui ha goduto è stato quello di essere figlio di Dio, particolarmente caro a Dio che lo ha chiamato alla vita cristiana, alla vita religiosa e al Sacerdozio. Oggi don Tito abbraccia quel Dio a cui ha donato tutta la sua vita e in cui egli ha posto tutta la sua speranza, come ci dice S. Paolo: «Se siamo figli, siamo anche eredi, eredi di Dio, coeredi di Cristo...». Come ci ha trasmesso don Guanella, il nostro essere figli ci dona la fiducia di consegnare alle braccia del Padre il nostro confratello che oggi celebra con noi questo sacrificio eucaristico dal Cielo. La Parola di Dio di oggi ci parla di croce e di perdere la propria vita a causa del Vangelo, per acquistarla veramente davanti agli occhi del Signore. La vita religiosa che don Tito ha vissuto per quasi 76 anni da quando ha fatto la sua prima professione religiosa a Barza nel 1941 è la forma più radicale per seguire Gesù, donando tutto il proprio essere per far crescere il Regno dell’amore di Dio. Una sequela fatta di tanti atti quotidiani di amore e anche di sacrificio per essere fedeli al dono ricevuto. La Congregazione guanelliana deve molta riconoscenza a don Tito per il gran servizio che il confratello ha offerto sia nel Governo della Congregazione, sia per la sua intelligente opera di divulgatore dei valori guanelliani con i suoi studi sulla Divina Provvidenza in don Guanella e sulle nostre Costituzioni e attraverso quei popolari libretti che mettono in risalto i più significativi aspetti della spiritualità guanelliana. Una vita certamente feconda la sua, sostenuta da un carattere risoluto e dalla concretezza nel capire le necessità più urgenti per lo sviluppo della Congregazione. Entusiasta di essere discepolo di don Guanella che considerava suo convalligiano perché valtellinese come lui, ma specialmente perché ne ammirava la tempra e lo stile energico della persona che sa portare a termine gli impegni, anche tra mille difficoltà. Sono tanti che, avendo avuto notizia della sua morte, hanno voluto ricordarlo e ringraziare per quanto lui ha fatto per loro. Anch’io personalmente mi sento di ringraziarlo (e con me certamente tanti confratelli), per averlo avuto all’inizio della mia vocazione guanelliana come formatore (era prefetto appunto nel Seminario di Anzano del Parco) e poi protagonista, quando era consigliere generale, nella decisione dell’espansione in Spagna della nostra Opera, con l’acquisto delle due strutture a Palencia: una come casa di formazione e l’altra dedicata al servizio ai disabili. Ma penso che è la stessa nostra Congregazione che gli deve grande riconoscenza: la Provincia Romana S. Giuseppe che lo ha avuto Superiore provinciale; la Provincia della Divina Provvidenza per aver iniziato la presenza guanelliana nell’India; la Comunità di Nazareth, dove ha collaborato agli inizi della nostra opera in favore dei disabili. Don Tito ha vissuto gli ultimi anni della sua lunga vita, in serenità, in questa Comunità di Nuova Olonio, circondato dall’affetto dei suoi confratelli e, al tempo stesso, seguendo con interesse gli avvenimenti della Congregazione. Questa Comunità, che ringrazio in nome di tutti noi per l’accoglienza e le cure che ha prestato al confratello, lo ricorderà con affetto, ma anche tutta la Congregazione, che tanto ha amato e servito con generosità, ne conserverà la memoria, come ce lo chiede il nostro Fondatore: «Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita, nella speranza di ricostituire con essi nell’eternità la famiglia iniziata insieme nel tempo». E oggi chiediamo a don Tito che anche lui continui a pregare per noi, per la Congregazione e per tutte le persone che ci sono affidate, per le vocazioni alla vita religiosa guanelliana, e perché tutti prendiamo esempio da chi ci ha preceduto per mantenerci fedeli all’amore di Dio verso ognuno di noi. Riposi in pace!
(Dall’omelia tenuta da P. Alfonso Crippa a Nuova Olonio il 6 marzo 2017)