"...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)
Nato a Montilgallo di Longiano il 13 dicembre 1928
Noviziato a Barza d’Ispra il 12 settembre 1946
Prima Professione a Barza d’Ispra il 12 settembre 1948
Professione Perpetua a Barza d’Ispra il 12 settembre 1954
Sacerdote a Milano il 26 maggio 1956
Morto a Caidate il 28 ottobre 2020
Sepolto nel cimitero di Como
Don Tonino Gridelli nasce il 13 dicembre 1928 a Montilgallo, una frazione del comune di Longiano, in provincia di Forlì ed in diocesi di Cesena-Sarsina, da Giovanni e Maria Zamagni. È il primogenito: successivamente i genitori daranno la vita ad un altro fratello e a due sorelle. L’indomani, 14 dicembre, viene subito portato al fonte battesimale della chiesa della frazione, dedicata a Sant’Apollinare. Riceverà la cresima nella parrocchiale di Longiano per mano del vescovo di Cesena, monsignor Alfonso Archi, il 26 luglio 1935. Viene a contatto con l’Opera Don Guanella fin dalla tenera età, entrando nel 1939 nell’Istituto Don Ghinelli di Gatteo, non lontano quindi dalla sua famiglia, all’epoca seminario minore che accoglieva i ragazzi del territorio romagnolo aspiranti al sacerdozio nella famiglia guanelliana. Si mostra fin da subito un ragazzo intelligente: nella sua carriera scolastica studia con profitto e nel suo percorso formativo riceve da tutti un giudizio lusinghiero e promuovente: «carattere vivace, sincero e promettente», si dice di lui. Dopo il periodo del postulandato vissuto a Fara Novarese, provincia di Novara, entra in noviziato a Barza d’Ispra, in provincia di Varese, il 12 settembre 1946. Il suo padre maestro, don Armando Budino, lo descrive come una persona genuina: «ha un carattere genuino e semplice, gioviale e sereno, sempre disponibile e pronto a dare una mano. Ha buona volontà e spirito di adattamento. Rivela retta intenzione nel cammino di crescita e sinceri segni di vocazione religiosa e sacerdotale». Il 12 settembre 1948 emette i primi voti tra i Servi della Carità. L’immaginetta della sua prima professione ci rivela uno spaccato del suo vissuto di fede: «Vergine Maria concedimi perseveranza e fedeltà nell’amore di Gesù e tesori di grazia a quanti hanno desiderato questo giorno». Percorre il cammino formativo intraprendendo gli studi di teologia a Chiavenna, in provincia di Sondrio. Anche lì il suo formatore, don Vito Zollini, registra i medesimi tratti della sua persona: «Aperto e servizievole. Autentico romagnolo: mordace e tenace, tanto di giudizio che di carattere. Si adatta a far tutto, anche uffici umili. Bella intelligenza, si applica con impegno, serio anche nella vita di pietà». Emette la professione perpetua, diventando guanelliano per sempre, il 12 settembre 1954. Successivamente si sposta a Milano, presso l’Istituto San Gaetano, per le tappe conclusive della prima formazione: in quella casa alternerà l’assistenza ai ragazzi ivi accolti con la studio della teologia e riceverà dapprima l’ordinazione diaconale, il 17 dicembre 1955, e poi quella sacerdotale, il 26 maggio 1956, entrambe le volte per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria del cardinal Montini, il futuro Paolo VI. I primi anni del suo ministero sacerdotale lo vedono al fianco dei ragazzi. Dapprima è educatore nella Casa San Giuseppe di Gozzano, in provincia di Novara, dal 1956 al 1958, poi assistente nel Collegio Sant’Anna a Roveredo Grigioni, in Svizzera, dal 1958 al 1963. Dopo queste due esperienze iniziali i superiori gli chiedono la disponibilità per la missione in Brasile, in anni in cui la presenza guanelliana in quella nazione si sta consolidando. Don Tonino acconsente, ed eccolo dapprima a Itaguaí, Patronato San Giuseppe, una struttura che accoglie minori, dal 1963 al 1966, poi a Santa Maria presso la casa denominata “Pane dei poveri di Sant’Antonio”, una realtà che al suo interno ha un centro educativo per ragazzi e la parrocchia, dal 1966 al 1970; successivamente si porta a Canela, dove gli viene affidata la responsabilità dell’economia della Casa San Giuseppe, dal 1970 al 1971, ed infine è nominato superiore della Casa di Porto Alegre, dove viene svolta un’attività piuttosto vasta comprendente la parrocchia, la scuola ed il seminario. In questo posto dimorerà dal 1971 al 1975.
Nel 1969, quando don Tonino si trova in Brasile, mamma Maria scrive ripetute lettere accorate al Superiore generale. Esse rivelano il desiderio di una madre che vorrebbe il figlio prete vicino a sé. Chissà quante lacrime sono state assorbite da quelle lettere in cui la mamma lo supplicava di non far partire più suo figlio per il Brasile. «Don Tonino non mi dice niente ma io sono venuta a saperlo da altri che lui sta per ripartire...». Il desiderio di mamma Maria coinciderà con quello dell’obbedienza religiosa qualche anno dopo: rientrato in Italia nel 1975, il primo anno don Tonino lo vive presso il seminario teologico di Roma, ove gli viene assegnato l’incarico di rappresentante legale della Congregazione. Successivamente, nell’estate del 1976, prende parte al Capitolo Generale ed in quella sede viene eletto membro del Consiglio Generale della Congregazione, rivestendo il ruolo di segretario generale, compito che porterà avanti con competenza e precisione, fino alla morte prematura del compianto Superiore generale, don Olimpio Giampedraglia, avvenuta il 5 dicembre 1980, ed al successivo Capitolo Generale, celebratosi nell’estate del 1981. Terminato il suo mandato, gli viene assegnata la casa di Alberobello, in provincia di Bari, di nuovo a contatto con i ragazzi, con la mansione di economo della casa. Ma non passa molto tempo prima che un nuovo un incarico di governo venga a bussare alla sua porta: un confratello del consiglio generale, don Antonio Gozzo, muore improvvisamente, e don Tonino viene chiamato a sostituirlo. Sarà consigliere generale fino alla naturale scadenza di quel governo, avvenuta nel 1987, e sarà rieletto per il sessennio successivo, fino al 1993, nuovamente apprezzato per le sue doti di laboriosità e di discrezione. Degna di menzione, in questo periodo romano, è la cura che dedica alla casa di Fiuggi, in provincia di Frosinone, ove, soprattutto durante l’estate, vengono da lui accolti gruppi di cooperatori per periodi di formazione e di riposo. Ritorna nella vita di attività nelle case, dapprima a Milano, Istituto San Gaetano, come superiore, dal 1993 al 1996, e poi a Lecco, dal 1996 al 2001, con il compito di economo. Entrambe queste case accolgono minori, ambito di lavoro che don Tonino ha già frequentato in precedenza. Successivamente si sposta a Castano Primo, in provincia di Milano, ove starà dal 2001 al 2006, e poi a Caidate di Sumirago, dal 2006 in poi. Queste ultime due case accolgono anziani, e volentieri don Tonino sceglie di percorrere un tratto di strada piuttosto lungo, quasi ventennale, con loro, condividendo con queste persone ormai coetanee le bellezze e le fatiche dell’autunno della vita. Muore la mattina di mercoledì 28 ottobre 2020, complice il contagio di Coronavirus che lo colpisce, all’interno di questa seconda ondata tutt’ora in atto. Confratello schivo e riservato, don Tonino si è distinto per l’ospitalità che metteva in atto ogni qualvolta una persona, confratello o no, veniva a contatto con lui nella casa ove si trovava. In queste circostanze era capace anche di dedicare parecchio tempo, purché la persona si sentisse ascoltata e accontentata nelle sue giuste esigenze. Era anche dotato di una profonda spiritualità, soprattutto mariana, che non passava inosservata in chi ha avuto la fortuna di condividere tratti di vita più o meno lunghi con lui. Ci lascia infine l’esempio di un religioso che amava molto la vita comunitaria: provava un particolare rispetto per i confratelli, sempre pronto al loro servizio, a scusarne i difetti e le mancanze, a tenerne allegra la convivenza. Proprio per tutte queste doti fu molto amato nelle comunità.
Quella di don Tonino è stata senz’altro una vita spesa nell’obbedienza religiosa e al servizio della Congregazione, una vita semplice e austera, austera come il suo testamento: «Roma 29 luglio 1978. Nessun testamento perché non ho niente». Firmato: don Tonino Gridelli.
Don DAVIDE PATUELLI
Il Vangelo di oggi ci narra un episodio che si colloca, durante il viaggio di Gesù dalla Galilea a Gerusalemme, nella casa di un fariseo, in giorno di sabato.
Gesù con i farisei ha avuto sempre discussioni. Non sappiamo se questo fariseo fosse sincero nell’invitare Gesù a pranzo, ma in genere i farisei lo scrutavano per vedere se lui osservava i precetti della legge di Mosè. Quella che più infrangeva era la legge del sabato e proprio di sabato guarisce l’idropico. Come abbia fatto un idropico ad entrare nella casa del capo dei farisei, Luca non ce lo dice. Sta di fatto che lui è proprio là e vuole essere guarito. Gesù lo cura anche se è sabato e lancia la domanda: “è lecito o no curare di sabato?” I dottori della legge e i Farisei non rispondono. Questa domanda rimane nell'aria, ma li provoca. Dinanzi al silenzio Gesù agisce. Quindi spiega il motivo che lo ha spinto a guarirlo: se non avete problemi a salvare un asino dal pozzo, non ci dovrebbero essere problemi neppure a salvare un malato. Ci sono momenti difficili nella vita, in cui dobbiamo scegliere tra il bisogno immediato da soccorre e l'ottemperanza a norme e disposizioni. Come comportarsi? Molte volte dinanzi ai tanti bisogni da soccorrere siamo tentati di dire “arrangiati, non è affare mio”, arrangiati oggi è sabato, arrangiati la legge non me lo consente ma, come cristiani e come guanelliani, dobbiamo aiutare, fare del bene. Anche don Tonino si è trovato necessità di dover soccorrere delle persone e, memore dell’agio “Fai il bene e scordalo”, si è dato da fare per soccorrere, aiutare, confortare. È la prima volta che sono chiamato a presiedere il funerale di un confratello. Sono onorato perché don Tonino mi ha preceduto nell'ufficio di segretario generale per ben tre mandati. Ho consultato quindi il suo fascicolo personale conservato in archivio ed ho fatto una lettura gustosa che spaziava dalle sue pagelle scolastiche alle relazioni dei suoi formatori, dalle sue foto agli articoli che parlano di lui. Spassoso, per esempio, è l'articolo che lo ritrae a Milano in occasione di un mercatino di raccolta fondi. Le signore che avevano allestito la bancarella, nell'entusiasmo di poter vendere più oggetti possibile, stavano per mettere in cattiva luce il ‘San Gaetano’: non sapevano infatti che non si possono vendere oggetti sacri. Grazie a Dio, don Tonino facendo un giro, si accorse e subito requisì calici d'argento e presunte reliquie degli Apostoli. La buona stima dell'opera fu salva. Nella sua carriera scolastica studia con profitto e nel suo percorso formativo riceve da tutti un giudizio lusinghiero e promuovente. “carattere vivace, sincero e promettente”. Il suo padre maestro a Barza (1946-48), Don Armando Budino lo descrive come una persona genuina: “ha un carattere genuino e semplice gioviale e sereno, sempre disponibile e pronto a dare una mano. Ha buona volontà e spirito di adattamento. Rivela retta intenzione nel cammino di crescita e sinceri segni di vocazione religiosa e sacerdotale”. Anche don Vito Zollini, a Chiavenna, registra i medesimi tratti della sua persona: “Aperto e servizievole. Autentico romagnolo: mordace e tenace, tanto di giudizio che di carattere. Si adatta a far tutto, anche uffici umili. Bella intelligenza, si applica con impegno, serio anche nella vita di pietà”. L'obbedienza lo porterà presto a varcare i confini, dopo pochi anni di sacerdozio, verso il Brasile (1963). Mamma Maria scrive ripetute lettere accorate al Superiore Generale, nel 1969. Chissà quante lacrime sono state assorbite da quelle lettere in cui mamma Maria lo supplicava di non far partire più suo figlio per il Brasile. “Don Tonino non mi dice niente ma io sono venuta a saperlo da altri che lui sta per ripartire…”. Quella di don Tonino è stata una vita spesa nell'obbedienza religiosa e al servizio della Congregazione, una vita semplice e austera, austera come il suo testamento: “Roma 29 luglio 1978. Nessun testamento perché non ho niente”. Firmato: don Tonino Gridelli. “Vergine Maria concedimi perseveranza e fedeltà nell'amore di Gesù e tesori di grazia a quanti hanno desiderato questo giorno” così è scritto sulla immaginetta della sua Prima Professione, Barza 12 settembre 1948”. Parafrasando questa preghiera, invoco Maria, Madre della Divina Provvidenza perché conceda a noi perseveranza e fedeltà nell’amore di Gesù e a don Tonino i tesori della Sua Grazia, la vita eterna. Amen!
(omelia di don Nico Rutigliano, Vicario generale, santa messa del funerale, Santuario del Sacro Cuore, Casa Madre, Como, 30 ottobre 2020)
" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)
Nato a Ebenator, IMO, Nigeria, il 16 maggio 1985
Noviziato a Nnewukwu, dal 14 agosto 2008
Prima Professione a Nnewukwu, il 15 agosto 2009
Morto all’Ospedale di Alessandria (AL), il 6 luglio 2016
Sepolto nel Cimitero di Como
Mercoledì 6 luglio 2016 alle ore 12 mentre giocava con i ragazzi della Casa dell’Angelo di Genova nel laghetto del Lemme portava a termine la sua vita un giovane seminarista guanelliano proveniente dall’Africa: Emeribe Chikwado Achillus. Aveva 31 anni. Era figlio della terra africana, della Nigeria e da tre anni era in Italia per seguire quella chiamata che il Signore gli aveva rivolto anni addietro: vieni e seguimi e ti farò felice pescatore di uomini. Achillus era nato a Ebenator, Imo State, in Nigeria il 16 maggio 1985 da papà Late Mr. Godwin Emeribe e da mamma Mrs. Paulina Nnokwutem che avrà una influenza meravigliosa nella storia della sua vita e della sua vocazione. Dalla famiglia riceve una educazione seria e una preparazione cristiana sia come dottrina che come pratica di vita anche se a carattere tradizionale, ma sincera e profonda. Frequenta la sua parrocchia con assiduità e impegno perché nel servizio all’altare trova la sua gioia di bambino e il senso del suo dovere di cristiano. Sostenuto da sua madre coltiva nel suo cuore il desiderio di farsi sacerdote e di mettere a disposizione di chi ha bisogno la sua vita e il suo servizio. Risponde ad un invito vocazionale dei nostri confratelli di Nnebukwu che lo chiamavano a fare una semplice esperienza di conoscenza e di condivisione del nostro carisma. Condivide questa esperienza con altri 13 giovani come lui. Alla fine ne rimarranno solo 8 tra i quali Achillus. Ne raccoglie uno stimolo così profondo di benessere umano e spirituale che ritornato in famiglia confida subito ai genitori la sua volontà di continuare la ricerca e l’approfondimento di quello che il Buon Dio voleva da lui in questa nostra realtà guanelliana, al contatto con i nostri Buoni Figli ritenuti da subito per lui grandi mediatori di serenità e di pace interiore. Ne riceve la benedizione e allora parte subito lasciandosi coinvolgere in questo progetto con entusiasmo e impegno. Lascia la sua famiglia numerosa per entrare in un’altra famiglia più grande nella Casa formativa a Ibadan prima, e poi a Nnebukwu per il noviziato, in quella comunità che aveva fatto scattare nel suo cuore la convinzione che Dio lo voleva proprio lì, accanto ai Beniamini della Divina Provvidenza, o Buoni Figli, come li chiamava san Luigi Guanella, ragazzi portatori di disabilità che rendono l’ambiente vivace e chiassoso: una vera famiglia, impronta di quella lasciata a Ebenator. Gli anni del discernimento, dell’aspirandato e del noviziato scorrono veloci e sereni e sarebbero stati anche felici se l’esperienza del dolore più atroce e profondo non fosse venuto per ben due volte a bussare al suo cuore generoso di figlio. Deve fare la tristissima esperienza di non avere più al suo fianco prima il padre e poi la madre. Dio li chiama a sé troppo presto per il suo ancora iniziale cammino di sequela. La madre lo lascia proprio all’inizio dell’anno di noviziato quando è forte dentro di lui la volontà di consacrarsi per sempre e totalmente al Signore. Dio gli chiede davvero tutto, senza riserve e sconti. Confiderà lui stesso in seguito che ha saputo vivere e superare l’immane dolore di queste esperienze grazie proprio ai ragazzi di Nnebukwu che hanno fatto di tutto per riempire la solitudine del suo cuore di figlio orfano. Resterà impressa, da questo momento, nel suo stile di vita la convinzione che chi ci vive accanto al di là della parentela o meno, al di là se sono sani o malati, sono nostri familiari e nostri maestri di vita. Una delle sue frasi più comuni sarà proprio quella di chiamare i suoi compagni di cammino: maestro. L’altro: maestro per la mia esperienza di sequela di Cristo. Riecheggiano chiaramente quei bei passi delle nostre Costituzioni da lui incrociati proprio in quelle prime battute del suo cammino vocazionale, il n. 19 e il n. 20: «Uniti da vincoli così profondi, ci apparteniamo vicendevolmente: il nostro bene più caro sono i membri della comunità...Ci amiamo a imitazione di Gesù di un amore che riconosce» (19). «Anche se limitati e fragili, tutti usiamo le migliori energie per creare un ambiente adatto a favorire lo sviluppo di ciascuna persona secondo la grazia, i doni di natura e le intime aspirazioni del cuore. A sua volta ognuno...concorre attivamente alla crescita della comunità con i talenti ricevuti e si adopera a progredire in una vita santa» (20). I suoi formatori fin dall’inizio leggono in Achillus doti belle e positive che lo accompagneranno e lo caratterizzeranno poi sempre nel suo percorso formativo: «Ragazzo che gode di buona salute, di buona intelligenza e capacità di riflessione. Amante del calcio e buon portiere. Ha un forte temperamento, che lo porta a volte a esprimere il suo pensiero in modo deciso anche se ha poi buona maturità e umiltà sufficiente per ascoltare e accettare correzioni e idee altrui. Persona responsabile e fedele al lavoro assegnatogli. Impegnato con i ragazzi in carrozzella ha mostrato una tenerezza e gentilezza di tratto con loro encomiabile. Servizievole e generoso. Buon impegno nello studio. Entusiasta del nostro carisma. Credo che potrà essere un buon guanelliano». Emessa la professione religiosa al termine del noviziato Achillus vive gli anni della filosofia a Ibadan riportando sempre note positive da parte dei suoi formatori che alla fine degli studi filosofici lo vogliono inviare a Roma per la sacra teologia. È un salto davvero grande e non privo di sofferenza quello di lasciare l’Africa, Nnebukwu, i fratelli e le sorelle, quello di affrontare le difficoltà della nuova lingua, della nuova cultura, della alimentazione, del clima, dell’incontro con altre culture. Rallenta un poco il suo entusiasmo, diventa pensieroso, critico. Non mancano mai però le sue caratteristiche di sempre nel gioco, nell’impegno all’Università, nel contatto con i poveri, nella pacatezza del vivere quotidiano. Questi ultimi mesi, affrontando il terzo anno di teologia, sono stati a mio parere di formatore, quelli della riscossa. È partito subito bene fin dall’inizio dell’anno: convinto che doveva impegnarsi di più, con chiarezza delle mete da raggiungere e dei mezzi che gli servivano per raggiungerle. Aveva fretta di far bene, quasi presagisse qualcosa. Era appassionato e non solo del pallone per il quale da tre anni partecipava alla Clericus Cup, torneo organizzato dal Vaticano per i chierici dei Seminari romani, ma anche dello studio di teologia, della sua vita spirituale (era esigente con se stesso e con gli altri e certi interventi in comunità ci lasciavano di stucco per la loro severità e radicalità), del suo apostolato nella Parrocchia di San Giuseppe al Trionfale. Significative sono alcune testimonianze semplici raccolte dai suoi compagni tra i ragazzi e le catechiste della Parrocchia: «Ho avuto la fortuna di conoscere Achillus e di condividere con lui l’esperienza di fare Catechismo ai ragazzi; tra tutti noi un grande affiatamento e spirito di gruppo, che considero essenziali nella vita cristiana. Abbiamo lavorato insieme per raggiungere un obiettivo comune per il bene del gruppo e di tutti i componenti. Ragazzo solare, sorridente, un esempio per tutti, affettuoso, luminoso, educato, cortese. La domenica nella parrocchia di San Giuseppe al Trionfale, accoglieva tutti, me compresa, con una contagiosa gioia, a me riservava un saluto speciale: “Santa donna”. Achillus era una persona speciale, era timido, una timidezza che contrastava quasi con la sua autorevolezza, fermezza, sicurezza. È stato per tutti una bella testimonianza di guanelliano. Ha lasciato a tutti un bel ricordo di sé, arrivava diretto al cuore di chi lo ascoltava, soprattutto quando ci parlava di Gesù, con una tale semplicità che poche persone possiedono. Sono certa che dal cielo ci sorride e prega per tutti noi». «Achillus: un sorriso sempre sulle labbra, era umile e molto dolce. Sapeva affrontare i ragazzi e con loro si trovava molto bene. Anche i ragazzi del Catechismo gli volevano bene e rimanevano ad ascoltarlo. Io non l’ho mai visto triste o arrabbiato, ti veniva incontro lui per salutarti ed era sempre il primo a farlo». Non mancava mai la sua presenza anche con i nostri Buoni Figli della Casa San Giuseppe di Roma dove alla domenica mattina si prestava per aiutarli ad alzarsi, fare la doccia e prepararsi poi alla celebrazione domenicale. Era amante della fotografia e per questo svolgeva il compito di fotografo ufficiale della comunità immortalando momenti belli, gioiosi e tristi della vita della nostra comunità. Avevamo costruito un rapporto intenso di stima vicendevole e di intesa su come procedere nel cammino vocazionale. Ci si intendeva subito. «Grazie papà, in uno dei messaggi che ogni tanto mi mandava sul telefonino, mi sento proprio a casa mia. Sono aumentato anche di peso perché sono sereno e contento di stare qui con voi, siete la mia famiglia». Aveva eternamente il sorriso sul volto. Difficile incontrarlo rabbuiato anche quando per qualche acciacco di salute stava giornate intere chiuso in camera e insisteva per alzarsi e uscire al più presto, all’aperto. Quest’anno 2017 avrebbe pronunciato i voti religiosi per sempre e ricevuto il dono del Sacro Diaconato preludio del Sacerdozio. Avevamo già fatto un incontro per programmare queste mete che si avvicinavano a passi così frettolosi. Poi la partenza per Genova dove il Padre Provinciale lo aveva invitato a condividere con i ragazzi della casa dell’Angelo l’esperienza dell’estate. Qualche preoccupazione, sì, ma non di troppo perché aveva coraggio e desiderava allargare le conoscenze degli aspetti caratteristici del nostro carisma. Gli veniva presentata la possibilità di vivere un tempo con i ragazzi, i giovani di una delle Case più significative della nostra Opera, come rinunciare? Eppure alla luce del dopo anche certe sue battute oggi possono suonare profetiche. Lo accompagna alla stazione della metropolitana un suo compagno fresco di patente. Nel salire in macchina si volge al compagno e sbotta: «ragazzo, non voglio salire con te in macchina, perché con te vado subito in paradiso!». La testimonianza dei primi due-tre giorni passati con i nostri ragazzi a Genova avevano già messo in evidenza la sua giovialità e capacità di giocare al pallone...stava già per diventare il loro idolo. Nella valigia che si era portato appresso predominava la presenza di scarpette da pallone, calzettoni, magliette e calzoncini. Poi quella giornata così oscura e triste. L’aveva iniziata con un atto di servizio alla comunità recandosi con Fratel Nello al mercato per l’acquisto di frutta e verdura. Tornato vuole accompagnare i ragazzi nella gita al laghetto. Gli si dice che aveva tempo di farlo, era appena arrivato a Genova e forse valeva la pena dedicare quella giornata alla visita della città e ai suoi monumenti e chiese. Niente affatto: sono venuto per stare con i ragazzi permettetemi di accompagnarli da subito. E lì Dio lo aspettava per portarselo con sé! È il primo confratello della Delegazione africana Nostra Signora della Speranza a raggiungere il cielo. Penso davvero che possa essere anche uno dei modelli da tenere in considerazione. Ha corso con la speranza nel cuore; ha superato gli ostacoli della vita e della sequela con coraggio e dedizione. Ha trasmesso generosamente serenità, gioia, impegno a chi gli è stato accanto. Perché Dio lo ha voluto con sé? Non potrebbe essere proprio perché era pronto per il cielo? Aveva già fatto la sua corsa e terminato la sua missione? Aveva già raggiunto il Suo Signore? Io credo di sì! Grazie, Achillus, per essere passato nella nostra Congregazione, nella nostra comunità e non aver occupato solo un posto, ma svolto una missione, offerto un messaggio di vita che per noi oggi diventa testamento, eredità da continuare. Guardaci dal cielo perché sappiamo anche noi sorridere sempre alla vita e accogliere quello che Dio ci fa incontrare come un dono del Suo amore di Padre. Riposa in pace! Ti vogliamo bene!
Don UMBERTO BRUGNONI
Carissimo Achillus, fratello nostro, la tua scomparsa improvvisa e inaspettata ha provocato in noi, tuoi confratelli del seminario, un profondo turbamento. La tua assenza fisica lascerà certamente un vuoto in mezzo a noi e dentro ciascuno di noi. Sappiamo bene però che quella della morte non è l’ultima parola, che il Signore della vita ha distrutto la morte e ci ha promesso la vita eterna. Vogliamo pensarti in Paradiso, avvolto da quel soave mistero d’Amore trinitario che negli anni di studi teologici hai cercato di scrutare con gioia e fatica, e che adesso potrai “vedere faccia a faccia”. Avevi passione per lo studio perché amavi Dio e avevi fede in Lui. Un detto popolare dice che quando il Signore invita qualcuno a sé chiamandolo al sacerdozio, nella sua famiglia occupa il suo posto lo stesso Signore come benedizione alla generosità dei suoi genitori. Così nella nostra Comunità e nella Congregazione il tuo posto, reso libero da quel triste sei di luglio appena trascorso, è già presenza viva di quel Dio che il Fondatore ci ha educati a considerare Padre buono e provvidente. Noi vogliamo con te oggi, in questa liturgia di risurrezione, accogliere nella fede e con speranza questi suoi disegni, a volte incomprensibili. Siamo certi che anche tu in questi anni, come afferma san Paolo, hai combattuto la buona battaglia, hai portato a termine la corsa della tua vita, hai conservato la fede nel Signore, e noi possiamo ora contemplarti coronato della giustizia di quel Padre che per tutti i suoi figli ha preparato un banchetto di felicità eterna nel suo cielo.
Vogliamo ricordarti per come sei stato in mezzo a noi: amante della vita, semplice, solare, sportivo, tenace, coerente, responsabile. Il tuo inconfondibile sorriso è come stampato nella nostra memoria, a perenne ricordo della tua presenza tra noi, e riscalda i nostri cuori nella certezza che continuerai a sorriderci anche dal cielo. Maestro! Quante volte hai usato questo appellativo per chiamarci scherzosamente, ma il vero esempio sei stato tu. Ora incontri il Maestro vero, l’unico, il Signore Gesù, sul quale hai voluto cadenzare i giorni della tua vita. Intercedi per noi presso Dio, parla a Lui di ciascuno di noi, della nostra comunità in cammino verso la consacrazione e il dono del sacerdozio, della Delegazione che ti ha mediato il dono della chiamata a seguire il carisma di don Guanella, della Congregazione che, come madre, ti ha accompagnato nella realizzazione del tuo progetto di vita e che ora ti sente intercessore in cielo. Grazie, Achillus; riposa in pace con tua madre e tuo padre, con il Fondatore e tutti i confratelli, le consorelle e i cooperatori che ti hanno preceduto nel Regno dell’amore. Maria, nostra Madre della Provvidenza, affidiamo a te Achillus, convinti che come hai fatto con Gesù anche a lui non lascerai mancare mai il sostegno della tua presenza: coraggio, figlio, ci sono io accanto a te!
I TUOI CONFRATELLI DEL SEMINARIO TEOLOGICO
" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)
Nato a Foz do Iguaçu - PR, il 4 giugno 1972
Noviziato a Canela, dal 2 febbraio 1995
Prima Professione a Canela, il 2 febbraio 1996
Professione Perpetua a Canela, il 2 febbraio 1996
Morto a Porto Alegre, il 27 luglio 2016
Sepolto nel Cimitero Municipal di Porto Alegre
Irmão Arilson Bordignon foi o primeiro filho de Ângelo Bordignon e Alíria Duarte Bordignon. Nasceu em 4 de junho de 1972, em Foz do Iguaçu-Paraná, Brasil. Foi batizado em 27/07/1972, na Paróquia Santa Teresinha do Menino Jesus, em Santa Terezinha, então distrito de Foz do Iguaçu, hoje, Santa Terezinha de Itaipu - PR. Ingressou no seminário menor dos Servos da Caridade, em fevereiro de 1986, na mesma cidade de Santa Terezinha, cujo formador foi o Padre Odair Danieli. Para dar continuidade à sua caminhada formativa, passou pelos Seminários Guanellianos de Carazinho, RS; onde residia no Patronato Santo Antônio e estudava no Instituto de Filosofia Berthier, em Passo Fundo, cobrindo um percurso diário de cerca de 92 km, entre ida e volta à faculdade. No primeiro ano de Filosofia foi acompanhado pelo Padre Paulo Sachet, (1992); em 1993 e 1993 foi acompanhado pelo Padre Mauro Vogt. Enquanto cursava o último ano de Filosofia (1994), realizava também a etapa do Postulado. Em 1995, ingressou no Noviciado, em Canela - RS, cujo Mestre de Noviços foi o Padre Alírio Joaquim Anghebem. Ainda em Canela, na Capela do Oásis Santa Angela, Casa das Irmãs Guanellianas, emitiu sua 1a Profissão Religiosa, como Irmão, a 2 de fevereiro de 1996. Sua primeira obediência foi a Comunidade de Canela, onde começou a estudar jornalismo junto à Universidade Unisinos, dos Jesuítas, em São Leopoldo. Depois, dando continuidade aos seus estudos, até à sua formação em Jornalismo, foi residir em Porto Alegre.
A 2 de fevereiro de 2005, professou perpetuamente entre os Servos da Caridade, na capela do Seminário São José, da mesma cidade de Canela, nas mãos do então superior provincial Padre Ciro Attanasio. Irmão Arilson era formado em Filosofia e Jornalismo e se especializou em Planejamento Estratégico. No final de 2005, quando a Província Santa Cruz assumiu o Planejamento Estratégico, Ir. Arilson foi o referente da Província, junto aos técnicos da Nortia, depois da J. S. Prime, e por fim, até à sua morte, levou sozinho o trabalho de avaliação e acompanhamento dos trabalhos de planejamento. Por vários anos acompanhou e assessorou, com brilhantes reflexões em linha com a caminhada da Igreja em sintonia com o carisma guanelliano, as Equipes Pedagógicas do Sudeste/Centro-Oeste e Sul. Assumiu a direção da Escola São Luís Guanella no período de 2012 a 2015. Onde aplicou e desenvolveu a pedagogia guanelliana aos educadores e educandos. Nesse período que esteve à frente dessa missão educativa foi capaz de liderar sua equipe através de uma relação amistosa e fraterna. Era 2o Conselheiro e Secretário Provincial, da nossa Província, quando, descobriu um tumor na cabeça do pâncreas, após, ser acometido de icterícia. Foi, por vários anos, até à sua morte, o responsável pelo Centro de Comunicação da Província. Portanto, responsável, pela edição de livros, revistas, como Família Guanellina e Santa Cruzada, em honra a São José, Calendários, etc. Como jornalista evangelizou através dos meios de comunicação e difundiu o carisma da congregação. Irmão Arilson um guanelliano que teve uma vida breve e intensa dedicada à formação dos operadores, educadores, Coirmãos, Irmãs FSMP e Guanellianos Cooperadores de toda a família Guanelliana, no Brasil, no México, no Paraguai, etc. Muito hábil no uso da palavra, foi protagonista nos Encontros Pedagógicos Guanellianos, dedicou-se muito a proferir palestras formativas. Pessoa de uma fina inteligência que buscou através do estudo contínuo e do conhecimento, aperfeiçoar-se profissional e espiritualmente e na sua missão como Religioso Guanelliano dedicou-se em promover os valores cristãos e o carisma Guanelliano. A província de Santa Cruz deve muito a ele a implantação e organização do planejamento estratégico nas obras dos Servos da Caridade no Brasil. Em maio de 2015 foi surpreendido pelo câncer, desde então enfrentou com coragem, silêncio profundo a sua enfermidade sem queixas, com muita resignação. Mesmo durante esse período de sofrimento e de incertezas continuou realizando o seu trabalho e sua missão frente à obra guanelliana. Irmão Arilson durante sua jornada buscou realizar com zelo seu trabalho à frente dos projetos que São Luís Guanella lhe havia reservado em sua breve vida. Quem conviveu com esse coirmão guanelliano pode apreciar a sua dedicação a obra de fé e de caridade. Durante a sua vida terrena apresentou amor ao trabalho, à sua missão, foi fiel aos seus compromissos cumprindo com dedicação e zelo seus votos na vida religiosa e foi sensível aos sinais dos tempos interpretando com sabedoria. Amou e defendeu o Carisma Guanelliano. Digno de nota é a formação sobre ‘liderança’ que ele deu, por um período de três anos aos Delegados e Coordenadores de grupo dos Guanellianos Cooperadores. A última formação, a 16 e 17 de julho, dez dias antes da sua morte, coroando o terceiro ano e último ano, sobre o referido tema, ele a deu em Porto Alegre, na maior parte do tempo, falando bem devagar e com uma voz frágil, que fazia comoção e na maior parte do tempo sentado, pois já não tinha forças para permanecer de pé. Chegou ao final, ainda que limite das suas forças, pois já tinha dificuldade de articular as palavras. Logo após o diagnóstico foi submetido a uma cirurgia para a retirada do tumor e depois foram muitas sessões de radioterapia e quimioterapia. Porém durante esse período, e apesar do sofrimento gerado pela sua enfermidade, fez questão de continuar trabalhando e desempenhando suas funções, tendo-se mantido ativo dentro de suas possibilidades. Apesar de toda coragem e força de vontade com a qual enfrentou a doença. Em decorrência das complicações de um câncer no pâncreas, diagnosticado em outubro de 2014, acabou não resistindo, e já no limite das forças, veio a falecer, no anoitecer do dia 27 de julho de 2016, no seu quarto, em Porto Alegre, com apenas 44 anos de idade. Seu corpo está sepultado no Cemitério São Miguel e Almas, em Porto Alegre, no jazido dos Servos da Caridade, n. 15.432.
Texto elaborado por MARILAINE BRIZOLA e ANGELA RIMOLO RIZZO, revisto e completado por Pe. MAURO VOGT, SdC
" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)
Rolando Contreras Morales, el hermano global De Teodoro y Fresia nace, el 7 de enero de 1958, en la oficina salitrera de Humberstone, en pleno desierto de Atacama, en el extremo norte de Chile, es bautizado en la cercana parroquia de San José de Pozo Al Monte el 7 de julio del mismo año, en medio de la pampa del Tamarugal, donde árboles fuertes se desarrollan con dificultad en el desierto, pero que absorben cada gota de agua que transporta la niebla, a semejanza de la savia del Espíritu Santo que vitaliza hasta lo más árido.
Devotísimo de la Virgen del Carmen, cada vez que subiendo al Santuario de la Virgen en La Tirana, visitará su pueblo natal hoy abandonado y lo recorrerá con mucha emoción. El desierto marca su vida, la soledad, el silencio interior y la reflexión ante la inmensidad de Dios, en la arena del desierto y las montañas con sus distintas tonalidades ocultando sus metales, así descubre la rudeza de la vida que más adelante en compañía de sus 11 hermanos lo hará emprender el trabajo desde la primera adolescencia.
De su madre, ciertamente aprendió a amar, en primer lugar su familia biológica, pero también a su familia religiosa y por así decirlo a la familia global, siempre atento por su padre, sus hermanos, sobrinos, primos y tíos, lugar que visitaba era un lugar para encontrar un pariente cercano o lejano. Desarrolló su apostolado entre las familias visitándolas, acompañándolas en la pobreza y enfermedad, en las celebraciones, momentos de alegría y dolor. Era convocado o irrumpía entre las familias cuando había algún problema de compresión, comunicación o división, dedicó horas de su vida llamando a la unidad, a recuperar el amor y el sacrificio por la familia, a pesar de su poca instrucción las personas reconocían su sentido a favor de la familia.
Otra característica reconocida y valorizada por todos en Rolando, que siguiendo la indicación de Pedro en casa de Cornelio, “no hacía acepción de personas”, intuye en todos, varones y mujeres, niños y ancianos, ricos y pobres, enfermos y sanos la imagen y semejanza de Dios, visitaba todos los barrios, cárceles, hospitales, clínicas y cementerios de la segregada sociedad chilena. Todos siempre quedaban reconfortados por la naturalidad con que cultivaba las relaciones interpersonales.
También tenía sus preferencias políticas, pero por la Política con mayúsculas, la que busca el bien común de acuerdo con la doctrina social de la iglesia, se informaba, estaba pendiente de los acontecimientos de la historia de su pueblo. Tenía una especial sintonía con las personas necesitadas a las que también encausaba para que utilizaran los servicios sociales del estado. Valorizaba sobremanera la democracia, seguramente porque sufrió en carne propia las dificultades que ocasionaron los días grises y dolorosos de la dictadura militar. Tenía conocimiento de los personajes que forjaron la vida sindical y política, su madre fue una reconocida dirigente social, además acompañó a muchos que quedaron excluidos y marginados por sus opciones políticas en los centros de detención y el exilio.
El servicio marcó su vida desde siempre, en su propia familia, pero también entre las personas de su barrio, trabajó varios años en el hospital de Arica cuidando ancianos donde no dejaba de utilizar parte de los pocos recursos que conseguía para sepultar difuntos abandonados o sin familiares.
En un trabajo de promoción vocacional al norte de Chile conoce la Congregación, el primer contacto es con P. Silvano Poletto, quien lo invitará al “ven y verás” de esta forma llega a Renca en 1981, con mucha esperanza y alegría a concretizar esta llamada, acá permanece por 3 años de preparación y estudio no sin dificultades. Se familiariza con la misión de la Congregación entre los necesitados y especialmente lo discapacitados donde con alegría va descubriendo el rostro de Cristo entre los más pequeños. Es acá donde tiene sus primeros encuentros con el idioma italiano que estudiará en distintas etapas llegando solo a un “itañolo” incipiente, pero con mucha expresión y vehemencia que confundiría a muchos.
En año 1984 hace su noviciado en Tapiales, son los años en que la integración de muchos estudiantes procedentes de los distintos países que conformaban la Provincia ocasiona una rica experiencia de interculturalidad que sirve para asimilar los propios valores culturales, religiosos, pero también cargados de nacionalismo que hacían un tanto difícil la convivencia, pero como Pablo se hizo a todas las nacionalidades. Luego tiene una fuerte experiencia de servicio con los ancianos junto al noviciado, son ellos los que recibirán sus atenciones básicas y de enfermería, al compás de algún tango.
Su corazón permaneció siempre en Batuco donde conoció la cruz de los benjamines de la Providencia, pero también conoció y amo su propia cruz. Por varios años y en distintas temporadas trabajó en los varios servicios en la casa, enfermería, lavandería, búsqueda de recursos y sacristía. Los buenos hijos le transmitían el agradecimiento, la fe, esperanza y la perseverancia en los momentos difíciles como cuando se descubre su insuficiencia renal, que luego de un buen momento, gracias a la donación del riñón de su hermano, llegarían otras complicaciones de salud y animo.
Muchos se lo recordaran con su sonrisa, el ruido de sus carcajadas y la voz potente de sus canciones, prefiero recordarlo como el "hombre humilde" que conociendo sus limitaciones y defectos nunca hizo ostentación de lo que no era, vivió su propia verdad, como don de la gracia de Dios, no aparentando grandeza ni mostrando máscaras, siempre amó sus orígenes y aceptó con grandeza sus debilidades; gran mensaje para este mundo de las apariencias y competencia desenfrenada.
Nació pobre, vivió pobre y el 12 de abril de 2021 en Renca donde comenzó su vivencia como guanelliano, muere pobre. En la oración que elevo por su persona, veo al Santo Fundador junto a todos los necesitados que lo invitan a cantar el himno: Bienaventurados los pobres, porque está escrito que de ellos es el Reino de los cielos.
P. Nelson Jerez S.
" ...Con gratitudine conserva memoria di coloro che il Padre ha già chiamato nella sua Casa: alla divina misericordia affida la loro vita ed eleva suffragi..." (Cost. n.23)
Nato a Vallonara Marostica (VI) il 10 aprile 1939
Noviziato a Chiavenna dall’8 settembre 1984
Prima Professione a Chiavenna il 7 settembre 1985
Professione Perpetua a Castano Primo il 6 settembre 1992
Morto a Barza d’Ispra il 31 gennaio 2019
Sepolto nel cimitero di Barza d’Ispra
Fratel Giulio Minuzzo è nato a Vallonara di Marostica (VI) il 10 aprile 1939 da Vittorio e Cantoni Maria Gina, ultimo di cinque figli. Nella chiesa parrocchiale San Giovanni Battista riceve i Sacramenti dell’iniziazione cristiana. Frequenta la scuola del paese fino alla quinta elementare poi, appena adolescente, è immesso nel mondo del lavoro prima in fonderia poi in una fabbrica per la produzione e il restauro di mobili antichi. Proviene da una famiglia di sani principi umani e di fede tant’è che, proprio in quell’alveo familiare, Dio sceglie e chiama due suoi figli a lavorare nella sua vigna. Già avviatosi da anni nell’attività lavorativa, Giulio ha in animo di consacrare la sua vita a Dio; desiderio che comincia ad affiorare in lui quando, all’età di 18 anni, vede il fratello Giuseppe intraprendere il cammino verso il sacerdozio partendo per il Seminario minore guanelliano di Anzano del Parco (CO). La necessità di capire meglio quanto il Signore aveva tracciato per lui, unitamente al bisogno impellente di dover accudire la madre anziana ed inferma, convincono il suo cuore umile e generoso a rimanere nella casa paterna e cominciare lì ad esercitarsi nel servizio di carità, prendendosi cura, con dedizione, della mamma anziana e ammalata. Era oltre quarantenne quando, alla morte della madre, rimasto solo, Giulio poté riconsiderare il sogno fino ad allora custodito di entrare come Fratello religioso nell’Opera Don Guanella, realizzando così il desiderio ormai maturo che portava dentro di sé già da diversi anni. Presentato dal fratello don Giuseppe, Giulio fece così domanda di far parte della Famiglia di don Guanella. Accettato, l’8 settembre 1983 fa il suo ingresso nel Seminario di Anzano del Parco per l’anno di Postulato e l’anno successivo, con altri tre compagni, Giulio passa a Chiavenna (SO) dove, sotto la guida del padre maestro don Sandro Crippa, inizia la tappa formativa del Noviziato. Il 7 settembre 1985 emette i primi Voti che, il 6 settembre 1992 a Castano Primo (MI), allo scadere del sessennio, divennero perpetui. Non è facile tratteggiare la sua vita di umile Fratello religioso perché non è segnata da particolari incarichi o da svariati trasferimenti. Il suo curriculum religioso tratteggia il suo apostolato tra le Comunità di Castano Primo (9 anni: 1985-1994) e Barza d’Ispra (24 anni: 1995-2019) con l’intermezzo di un solo anno a Caidate (1994-1995). L’amorevole servizio espresso nella disponibilità alle varie mansioni e attività della Casa, portate avanti con quell’originalità e peculiarità sue proprie, fu l’ufficio che caratterizzò la sua vita di Religioso. Fratel Giulio passò senza far rumore, così come non ne fanno le pietre dell’edificio, che pure danno vita alla costruzione. Sempre discreto, piuttosto schivo, amava più il fare che il dire. Di carattere introverso, si limitava a pochi e brevi contatti con gli altri. Amò e servì così la Congregazione, esprimendo la sua appartenenza ad essa in un servizio prezioso di uffici umili e pure indispensabili. La figura di Fratel Giulio potrebbe apparire un’immagine senza contorni o bellezza d’insieme; Fratel Giulio ha sempre espresso servizi molto semplici, umili, apparentemente di poca rilevanza e importanza, ma proprio nella piccolezza dei suoi gesti ha realizzato questa chiamata ad essere un dono per gli altri. Con il suo “esserci” e con il suo “stare” silenzioso, fedele e vigile lì dove il Signore lo ha chiamato ad essere, ha saputo contribuire alla costruzione del Regno nella fedeltà al Cristo che lo ha chiamato a seguirlo più da vicino e che nelle ore pomeridiane del 31 gennaio 2019, giorno del suo onomastico, gli ha aperto le porte di quel Regno dove agli ultimi e agli umili è assicurato il primo posto.
Don DOMENICO SCIBETTA
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Don Adenir José Fumagalli è morto il 4 ottobre 2023, per infarto. Ci giungeranno presto dalla Provincia Guadalupe notizie più dettagliate. Don Adenir era nato nel 1951 e attualmente risiedeva e lavorava a Manaus.
Ricordiamolo nella nostra preghiera al Signore.
Don Nico Rutigliano
Carissimi confratelli,
Il 24 luglio 2023 è tornato alla casa del Padre il nostro confratello P. Alfie Matulac della Delegazione Estremo Oriente Stella Maris. Aveva soltanto 43 anni! Un infarto lo ha colto oggi mentre alle ore 7 di Manila, stava celebrando la S. Messa.
Uniamoci in preghiera e stringiamoci ai familiari di P. Alfie e ai confratelli che operano nella Delegazione Stella Maris, mentre invochiamo per il nostro confratello la gioia del Paradiso, anche se la sua morte prematura ci lascia senza parole!
don Francesco Sposato
P.S: In allegato la lettera di don Umberto Brugnoni, Superiore generale, nel ricordo di p. Alfie