I confratelli della Provincia Romana nella loro Assemblea hanno evidenziato quanto qui è stato leggermente sintetizzato, in risposta alle domande formulate in vista del XX Capitolo generale.
- Tra le attese, innanzitutto c’è quella di curare la qualità della nostra vita religiosa e sacerdotale, poiché “siamo noi stessi il primo dono al fratello e ai poveri”. Come? Attraverso più adeguati percorsi di formazione permanente a 360°.
- Qualcuno, poi, sogna una fraternità nella quale l’altro è percepito come un dono e dove il condividere e la convivialità sono elementi fondanti e caratterizzanti, anche in vista di una maggiore credibilità e della testimonianza evangelica della tenerezza di Dio. C’è chi chiede un rinnovamento comunitario (inteso come: stima, fiducia, condivisione, comunicazione cordiale, esperienza di fraternità e familiarità, amicizia autentica, Chiesa samaritana, Chiesa in uscita, un “esserci” sempre e comunque)
- Si auspica che ogni confratello sia aiutato a lavorare sul suo rinnovamento personale (come apertura del cuore, umiltà, saggezza nel pensare e nel compiere il bene, partecipazione alla vita delle persone, spirito di famiglia guanelliano, coraggio di “sporcarci le mani” e di vivere la “rivoluzione della tenerezza”) ed eventualmente a superare le proprie fragilità e le proprie incoerenze carismatiche, e di come possa colmare i propri vuoti missionari.
- Inoltre, ci si aspetta che il Capitolo generale promuova la solidarietà e il servizio “tra” e “con” i poveri, anche rivolgendosi ai “nuovi poveri”. Tutto questo, però, a partire dalla necessaria riscoperta del nostro dono carismatico e del nostro fare famiglia intorno ai nostri poveri ed insieme ai laici, che dobbiamo accompagnare e sostenere anche nel loro cammino cristiano.
- Poi, si vorrebbe poter scommettere sui laici che condividono il nostro carisma con maggior determinazione e coraggio, investendo soprattutto sui giovani laici (formandoli, orientandoli, preparandoli professionalmente e giungendo ad affidare loro ruoli apicali per una più diretta corresponsabilità nella gestione delle Opere).
- Qualcuno pone l’accento sull’evangelizzare con i segni della carità, della misericordia e della tenerezza, invitando a mettersi in ascolto anche del grido dei poveri di oggi: “la congregazione – scrive – faccia l’opzione per i poveri della terra, si apra ai nuovi poveri per esempio gli immigrati dell’Africa. È urgente evangelizzare la sofferenza e la malattia perché molti presto molti sceglieranno gli eutanasia e la vita (vedi la cultura dell'aborto) avrà sempre meno rispetto e avanzerà la cultura dello scarto”.
- C’è chi, a proposito di attese verso il XX Capitolo generale, si limita a precisare che “attende soltanto una o al massimo due decisioni veramente condivise da tutti i capitolari, in modo da creare una ricaduta convinta e decisa nelle comunità locali. Potrebbe essere il tema dei laici nella conduzione delle nostre opere; o potrebbe essere il tema della nostra presenza nella missione: passaggio da padroni/gestori a servi”.