di Franco Lain
I fatti
Nel gennaio del 1875 don Guanella lascia Savogno per recarsi a Torino. Si può leggere questo come il momento in cui di fatto dà una svolta alla sua vita, abbandonando l’idea di fare per sempre il curato di parrocchia (sia pure a modo suo, come aveva fatto negli anni di Savogno) per cercare di rispondere a una vocazione ancora incerta e nebulosa, a una voce del cuore non definita ma imperiosa che lo induceva al pensiero di fabbricare qualche ciabotto. Iniziava così il suo tempo di “esodo”, un cammino che durerà più di dieci anni, tra Torino, Traona, Olmo, Pianello, per approdare a quella Piccola Casa della Divina Provvidenza, considerata la madre di tutte le sue opere.
Ormai settantenne, don Luigi ricorda le date con una certa approssimazione, ma certamente ha invece viva memoria per le idee, i sentimenti e i fatti. Ecco quel che detta nella raccolta “Le vie della Provvidenza”:
Pareva al Guanella d’aver compiuto l’ufficio suo in Savogno. Doveva ora essere nominato … alla parrocchia di Caspano o alla parrocchia di Torre … Ma l’effetto fu di non essere nominato né al primo né al secondo posto. Così sia e don Guanella inoltrò pratiche per chiamare don Bosco ad una fondazione collegiale nella diocesi di Como. A tale scopo intraprese più viaggi, finché, avuto dallo stesso don Bosco un certo sacerdote Sala che lo sostituisse in Savogno, ottenne di aggregarsi a don Bosco e di rimanervi per un triennio. Il curato di Savogno aveva con sé la sorella Caterina, ora serva di Dio, che a Savogno godeva alto credito di virtù. Il curato dunque partiva per Torino e la sorella rientrava in famiglia del padre in Campodolcino. Fu rincrescimento come alla morte di persone carissime, ma si sapeva che don Luigi Guanella non si sarebbe ripiegato, e si rassegnarono alla penosa dipartita”[i]. Continuando le memorie, don Guanella cita finalmente la data e detta: Una sera del gennaio 1875 don Guanella s’inchinava per baciare la destra di don Bosco[ii].
I due studi storici di Michela Carrozzino[iii] e di Maria Luisa Oliva[iv] analizzano con una certa ampiezza questo passaggio della vita del fondatore, attingono anche a dati provenienti da altre fonti, sia guanelliane che salesiane, e avanzano varie ipotesi sulle motivazioni. Grazie a questi studi possiamo ricostruire le date esatte degli avvenimenti: il 21 gennaio 1875 (il giorno dopo la festa di San Sebastiano) don Michele Sala arriva a Savogno e, dopo avergli dato il benvenuto ufficiale presentandolo ai fedeli, il 24 gennaio don Guanella parte da Savogno. Passando da Prosto e Chiavenna si reca a salutare i suoi a Fraciscio. Il 29 gennaio arriva a Torino e saluta don Bosco che lo accoglie dicendo: “Andiamo in America?”.
Le ragioni
Nel ricordare la sua partenza da Savogno, sembra che don Guanella abbia coscienza che alcuni aspetti risulteranno difficili da comprendere, che è necessaria qualche spiegazione in più per questa svolta. Maria Luisa Oliva nota: “quasi quarant’anni più tardi, dettando i suoi ricordi, dovette sentirsi ancora imbarazzato a raccontare quei momenti di abbandono della sua prima terra di lavoro e il suo farsi salesiano. Accomiata il suo segretario o amanuense e di suo pugno scrive quella paginetta che chiude i ricordi di Savogno … Si sente ancora tra le righe l’emozione e l’esitazione sua, il dubbio o la perplessità degli altri”.[v]
Infatti questa è l’unica parte scritta di propria mano da don Guanella in tutto il testo de Le vie della Provvidenza:
Come si spiega questa risoluzione così decisa di don Guanella? I parrocchiani gli erano affezionati e docili e sapeva di poter continuare fra essi a fare del bene. Nella sorella aveva un angelo di buon esempio. I confratelli parroci non sapevano darsene ragione. E lui, don Guanella, impassibile in affidare la casa, la parrocchia e per poco la coscienza propria ad uno sconosciuto o giù di lì, che di moto proprio e con qualche festa volle personalmente insediare al proprio posto. Questo per lo meno sapeva di strano. Ma il curato fra l’altro rispondeva ai suoi: “Che volete? Quando anni fa il bruco rodeva i castagni, abbiamo fatto voto ed eretto la bella immagine del Sacro Cuore presso la Stufa dell’Andrea e il bruco immantinente si arrestò. Io potrei divenire come quel bruco dimorando più a lungo fra voi, perciò facciamo voto al Sacro Cuore che tutti ci benedica. Sento in me che la divina Provvidenza mi chiama a Torino e sarà quel che Dio vuole. Io spero in bene. Addio tutti!”. E partì insalutato ospite per non dar noia a sé e agli altri. Ai Crotti fu forzato a bere il bicchiere della staffa presso il vecchio Clara e a Prosto ed a Chiavenna lasciò un saluto che riuscì fredduccio, perché non credevano alla fortuna di questa partenza. Veramente, all’occhio comune, questo originale di curato di Savogno manifestava sentimenti e compiva opere solo solo, perciò non potevano essere comprese. Che fare? Al solito don Guanella si consigliava con Dio nella propria coscienza e addio tutti con piena semplicità e con franchezza di cuore[vi].
Alcune domande per noi.
All’inizio di questo anno giubilare, potremmo fare alcune riflessioni nel fare memoria di questo evento così importante e decisivo nella vita del nostro fondatore. Con piena semplicità e con franchezza di cuore, si potrebbero presentare riflessioni che in qualche modo coinvolgono ciascun confratello personalmente, ma anche ogni comunità, la congregazione e la famiglia guanelliana.
Anzitutto la storia del bruco del castagno. Ancora la Oliva osserva: C’è tuttavia un dettaglio da valutare: se fosse rimasto sarebbe diventato come quel bruco: che cosa vuol dire? Che se fosse rimasto a Savogno, come il bruco fermato davanti alla cappella del S. Cuore, la sua strada non sarebbe andata avanti come Dio voleva? Oppure che cominciava a corrodere tutto il bene che era cresciuto in quegli anni a Savogno e se fosse rimasto più a lungo avrebbe recato più danno?[vii]
Don Guanella, parroco attivo sia per la cura prettamente pastorale che indirizza le anime a Dio e offre loro la sua grazia, sia per la promozione umana del suo gregge e l’attenzione agli ultimi prediletti del Padre, decide di cambiare stile di vita, di fare qualcos’altro. Negli ultimi venti anni almeno, nella nostra congregazione stiamo dando sempre più importanza all’apostolato parrocchiale, dando vita a parrocchie più o meno “samaritane”, con alcune esperienze belle e alcuni risultati ammirevoli. È un salto in avanti legato ai segni dei tempi o è un ritornare alla “preistoria” guanelliana, al don Guanella di Savogno? Se lui ha lasciato la parrocchia, è bene per noi ritornarci? Forse sì, visto che anche lui, verso la fine della vita, spinto dal santo Pio X, è ritornato alla parrocchia con San Giuseppe al Trionfale? … comunque credo che sia bene chiedersi fino a che punto, nel nostro stile tipico di missione, debba essere presente in noi la spinta a fabbricare qualche ciabotto, ad avere e gestire strutture specifiche per bisogni specifici. Non si tratta tanto di scegliere tra strutture grandi o piccole, tipo istituto o tipo villaggio, con aiuti governativi o private, in proprietà o in gestione. Si tratta piuttosto di sentirsi completi, realizzati, contenti come religiosi (e sacerdoti se è il caso) e come comunità nel vivere il carisma guanelliano di servizio caritativo specifico nel dare “casa” ai bisognosi con semplicità e impegno organizzato. Don Guanella lascia la parrocchia per il sogno di un ciabotto. Forse noi, ormai soffocati dal peso dei “ciabotti” che sono diventati palazzi o caserme, sfuggiamo cercando spazio di rifugio in sacristia e in confessionale … e rischiamo di abbandonare parte dell’intuizione carismatica del fondatore?
Un’altra riflessione potrebbe nascere da questo anniversario: don Luigi lascia Savogno con una svolta brusca, ma questo è solo l’inizio di una strada a molti tornanti, di un cammino più che decennale, di un vero esodo, segnato da offerte allettanti come il famoso “andiamo in America?” di don Bosco, dall’esperienza entusiasmante di Traona quando “credeva di avere la Provvidenza in tasca” e dalla sconfitta deludente che lo conduce a Olmo con “lo spettro dello scoraggiamento”, e poi dai lunghi anni di preparazione inquieta, operosa e silenziosa a Pianello. Qual è l’esodo che il Signore chiede a noi oggi, e siamo disposti a compierlo? Quali offerte ascoltiamo? Quali esperienze iniziamo? Come elaboriamo, senza nasconderle, le nostre sconfitte? Quale preparazione di preghiera e di riflessione stiamo facendo?
In questo anno giubilare, che la nostra speranza sia viva e aperta, profondamente radicata e disponibile a tutte le svolte che la strada di Dio ci indicherà.
[i] Luigi Guanella: Le Vie della Provvidenza, Memorie autobiografiche. Nuove Frontiere, Roma 2003. Pag. 45
[ii] Ibidem, p.47
[iii] Michela Carrozzino: Don Guanella e Don Bosco, storia di un incontro e di un confronto. Nuove Frontiere Ed., Roma 1989
[iv] Maria Luisa Oliva: Luigi Guanella: gli anni di Savogno (1867 – 1875). Nuove Frontiere Ed, Roma 1991
[v] M.L. Oliva, O.C., pag. 300
[vi] Luigi Guanella: Le Vie della Provvidenza, Memorie autobiografiche. Nuove Frontiere, Roma 2003, Pag. 46
[vii]M.L. Oliva, O.C., pagg. 300-301
La lettera “postulatoria” con cui don Orione chiede a Pio XI di avviare la Causa di beatificazione di don Guanella
è testimonianza preziosa di una lunga amicizia
di don Gabriele Cantaluppi
Il termine “carità” nell’etimologia greca richiama grazia, gentilezza, disponibilità ad accogliere le persone che si incontrano, riconoscendo nella loro presenza un dono. Sono proprio questi i tratti manifesti della grande amicizia fra san Luigi Orione e san Luigi Guanella, che attenuano una distanza generazionale di trent’anni.
di don Alfonso Crippa
La collana I tascabili Don Guanella si arricchisce della nuova biografia del Servo di Dio Giovanni Vaccari (1913-1971). È il terzo libro che presenta il racconto della vita di questo fratello laico guanelliano. Il primo fu quello di don Carlo De Ambroggi, scritto nel 1972, un anno e mezzo dopo la sua morte, e pubblicato dalla Pia Unione del Transito di San Giuseppe. Risale invece al 2002 un altro ‘tascabile’ dovuto a Mario Sgarbossa.
Como, 24 ottobre 1917: il ricordo di monsignor Aurelio
Bacciarini a due anni dalla morte di don Luigi Guanella
Due anni or sono, come oggi, stavamo intorno al letto dove don Luigi (lasciate che lo chiami con questo nome semplice e familiare, al quale le labbra di tutti si sono affettuosamente abituate) agonizzava come un crocifisso in uno schianto di sofferenze indicibili. La sua vita gagliarda si spegneva lentamente, amaramente sotto i colpi del male che su di lui imperversava come un turbine. Iddio, nei suoi disegni adorabili, volle così purificare il suo servo fedele e prepararlo alla grande corona nell’eternità. Don Luigi aveva detto che il suo programma era sempre stato: «Pregare e patire» e gli ultimi suoi giorni, le ultime sue ore furono sublime compendio di questo santo programma, poiché in quei giorni, in quelle ore altro non fece che patire e pregare, come vittima immolata a Dio per il bene di tutti.
A novant’anni dalla morte di madre Marcellina Bosatta (4 febbraio 1934), la sua figura saggia e materna brilla di una nuova luce. Don Guanella ne richiedeva sempre il consiglio anche nelle questioni più gravi
di don Gabriele Cantaluppi
Sul letto di morte don Guanella lasciava ai Servi della Carità un’eredità: «Vi lascio una buona madre, suor Marcellina. Non temete!». Era stata fin dagli inizi sua fedele collaboratrice e ne aveva assimilato lo spirito. Don Leonardo Mazzucchi, sul bollettino La divina Provvidenza del marzo 1934, mese successivo alla sua morte, la definiva «la madre tacita e operante, nascosta e sentita presente, fedele dispensatrice del tesoro dello spirito e degli indirizzi di lui».
Padre di santi e patriarca di numerosa famiglia, ha plasmato la personalità del figlio don Luigi con caratteristiche inconfondibili. A centocinquant’anni dalla sua morte (22 gennaio 1874) le linee essenziali del suo ritratto
di don Giovanni Russo
Si dice che i figli sono il riflesso dei genitori e in un certo senso è proprio così. Questo vale per tutti, anche per don Guanella e per l’impronta che i suoi genitori, Lorenzo e Maria Bianchi, hanno lasciato nella sua vita. E don Luigi era particolarmente grato soprattutto per aver attinto da loro una delle sue caratteristiche più spiccate: l’operosità infaticabile. Nei ricordi, raccolti dal suo primo biografo don Leonardo Mazzucchi, don Guanella rimarca questo dono: «La Provvidenza ci ha scelti e guidati lei.
Dai primi brevissimi a quelli più prolungati, “straordinari”, i Capitoli generali hanno cadenzato il cammino dei guanelliani. Con lo sguardo al passato, ci prepariamo al XXI Capitolo generale nel prossimo ottobre
di Fabrizio Fabrizi
«Quando gli incaricati a convocare il Capitolo generale daranno avviso ai membri dell’istituto per l’elezione del superiore generale e dei membri del consiglio, i dipendenti riceveranno questo come voce dell’angelo e con le ali ai piedi si affretteranno per compiere anche in questo i divini voleri, i divini voleri unicamente e non mai gli interessi dell’amor proprio». Questo era lo spirito che, nel Regolamento del 1910, don Luigi Guanella chiedeva ai suoi religiosi per partecipare al Capitolo.
Monsignor Bacciarini esortava i padri capitolari a dimenticare i calcoli umani e a cercare il vero bene della congregazione.
A cent’anni dal IV Capitolo generale che elesse don Leonardo Mazzucchi
di Riccardo Bernabei
Il 28 febbraio di cento anni fa, nella Casa Madre di Como, il canto del Veni Creator e le litanie del Sacro Cuore aprivano la celebrazione del IV Capitolo generale dei Servi della Carità, il secondo dopo la nascita al cielo del Fondatore. I lavori della mattinata, che prevedevano l’elezione del consiglio generale, procedettero spediti e vennero chiusi in tempo per il pranzo. Nel pomeriggio fu letta la relazione economica, terminata la quale i due superiori generali, quello uscente e quello eletto, dissero alcune parole di ringraziamento ai presenti. Alle quattro e mezza, dopo il Te Deum e una visita alla tomba di don Guanella, la seduta era tolta.